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Roberto Capucci Omaggi a cura di Barbara Santoro Il sarto dei sogni Barbara Santoro e Roberto Capucci di Barbara Santoro In una bel<strong>la</strong> mattina invernale con un sole caldo e un’aria che sa già di primavera, ho incontrato per <strong>la</strong> terza volta Roberto Capucci. Elegante nel cappotto di casentino lil<strong>la</strong> con al collo una magnifica sciarpa vio<strong>la</strong>, mi accoglie sorridente ed io non posso che esc<strong>la</strong>mare: “maestro ma per lei gli anni non passano mai!”. Sono al cospetto del grande sarto Roberto Capucci “l’enfant prodige del<strong>la</strong> moda” come ebbe a definirlo Christian Dior nel 1956 quando aveva solo ventisei anni. Dietro gli occhiali fumè si nascondono occhi bellissimi ed intelligenti a cui non sfugge nessun partico<strong>la</strong>re. Siamo al<strong>la</strong> Fondazione Bardini di Firenze ed insieme ad un gruppo di gentili signore umbre, capeggiate dall’amica Rita Rocconi, saliamo al quarto piano per visitare <strong>la</strong> collezione degli abiti-scultura che il maestro ha donato al<strong>la</strong> città nel 2007. “A Roma non c’era posto per me, nessuno mi ha offerto un luogo per <strong>la</strong> mia Fondazione; qui invece mi hanno steso un tappeto rosso”. Così risponde al<strong>la</strong> mia domanda sul perché <strong>la</strong> sua collezione è qui a Firenze. Entriamo nelle sale dove gli abiti ti osservano muti fra svo<strong>la</strong>zzi di sete colorate, corazze di plissettature cangianti, sovrapposizioni di stoffe cromatiche che ricordano gli origami. Pieghe e petali che si sfogliano e si aprono formando corolle di fiori, ali che sembrano farfalle impazzite, arabeschi e ventagli che sfiorandosi creano panneggi e giochi barocchi su tessuti di materiali antichi e nuovi. Le sete, i taffetas, il velluto, l’organza, il raso, lo chiffon, il crepè georgette, il mikado (<strong>la</strong>vorazione partico<strong>la</strong>re del<strong>la</strong> seta che rende <strong>la</strong> stoffa rigida molto usato per gli abiti da sposa), il Meryl Nexten (una partico<strong>la</strong>re fibra cava di poliammide molto leggera) sono scolpiti a creare volumi. Mentre ci muoviamo ammirati nelle sale, il maestro fa notare al nipote Alvise, che ci accompagna insieme a Serena, che <strong>la</strong> cinta di un abito è troppo <strong>la</strong>rga e va stretta di più!!!!!!!! Lungo le pareti di un corridoio con affaccio sull’Arno occhieggiano i disegni schizzati dal maestro, i bellissimi manichini incorniciati in eleganti cornici. Questi ricevono dalle finestre <strong>la</strong> luce del<strong>la</strong> magnifica giornata ed i colori sgargianti risaltano volti di mannequin appena tratteggiati. A chi gli chiede di chi sono quei lineamenti, Capucci risponde che tutti quei volti sono ispirati al<strong>la</strong> donna più bel<strong>la</strong> che ha vestito: l’attrice Silvana Mangano che ebbe <strong>la</strong> fortuna di conoscere quando creò per lei gli abiti del film Teorema (1968). Scattano tante domande e il maestro sempre sorridente risponde al<strong>la</strong> curiosità di tante signore…..racconta di quando Anna Magnani entrando nel suo atelier ed essendo ricevuta da sei giovani ragazze in abitini neri e perle disse: “Questo luogo non mi piace, poteva farmi ricevere da sei bei giovanotti!” e lui rispose: “Ma io vendo abiti per le donne!” e <strong>la</strong>sciò l’attrice nelle mani del<strong>la</strong> direttrice dell’atelier. La Magnani ordinò cinque abiti ma il sarto le fece sapere attraverso l’amica Valentina Cortese che l’aveva accompagnata, che non li avrebbe mai fatti cucire!!!! Sappiamo che ha vestito un Premio Nobel e lui racconta: “Rita Levi Montalcini non voleva indossare un abito con <strong>la</strong> coda per ricevere il Premio Nobel e io <strong>la</strong> convinsi dicendole che sarebbe stata l’unica donna ad alzarsi in una sa<strong>la</strong> di soli uomini tutti in frac. Lei accettò e quando è mancata aveva quarantasette miei vestiti”. A chi gli chiede se ha vestito l’attrice Audrey Hepburn risponde che gli sarebbe piaciuto molto ma avendo lei il suo sarto preferito: Hubert de Givenchy ed essendo lui molto amico di questo stilista mai gli avrebbe fatto un torto. La cantante lirica Raina Kabaivanska l’ha vestita per trentacinque anni. Ma chi è questo grande mago del<strong>la</strong> moda con il quale ho condiviso tre ore di favo<strong>la</strong>? Roberto Capucci nasce a Roma il 2 dicembre 1930. Frequenta prima il Liceo Artistico e poi l’Accademia di Belle Arti dove studia con i maestri Mazzacurati, Avenali e de Libero. Al<strong>la</strong> moda ci arriva quasi per caso perché i suoi interessi erano <strong>la</strong> scenografia ed il costume teatrale. All’inizio col<strong>la</strong>bora con Emilio Schubert poi a soli vent’anni in via Sistina apre il suo primo atelier. Nel 1951 a Firenze fa vedere le sue creazioni nel<strong>la</strong> vil<strong>la</strong> di Giovan Battista Giorgini, con gli abiti fatti per <strong>la</strong> moglie e le figlie del nobiluomo. Nel 1958 crea <strong>la</strong> linea a scato<strong>la</strong> un’autentica rivoluzione dal punto di vista tecnico e stilistico. Per questa proposta innovativa il 17 settembre 1958 riceve a Boston l’Oscar del<strong>la</strong> moda- Filene’s Young Talent Design Award- quale migliore creatore di moda insieme a Pierre Cardin e James Ga<strong>la</strong>nos. Dopo le sfi<strong>la</strong>te parigine che riscuotono un gran successo di pubblico e critica, nell’aprile del 1962 apre a Parigi un suo Atelier e per <strong>la</strong> prima volta un artista italiano firma un suo prodotto. Nel 1968 rientra in Italia e nell’atelier di via Gregoriana a Roma presenta le sue collezioni organizzate dal<strong>la</strong> Camera Nazionale dell’Alta Moda. Nel 1980 si dimette dal<strong>la</strong> Camera Nazionale del<strong>la</strong> Moda e decide di presentare i suoi abiti senza seguire né scadenze né calendari. Fin dall’inizio si dimostra interessato al<strong>la</strong> sperimentazione sulle forme e sulle decorazioni utilizzando incredibili materiali: conchiglie, pietruzze di fiume, tubi e dischetti di p<strong>la</strong>stica, ROBERTO CAPUCCI 31