SUONO n° 524
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NON TUTTO IL VINILE LUCCICA<br />
Solo anni dopo l’incisione di Kind of Blue (1959) venne scoperto il fatto che alcune<br />
canzoni erano state incise con un registratore la cui velocità non era perfettamente<br />
tarata. Il riallineamento (velocità ma anche azimuth della testina) è uno dei problemi<br />
che devono essere affrontati nel caso di rimasterizzazione da originali in vinile.<br />
CD, a metà degli anni ’90, questo sistema era stato sostituito,<br />
quando si effettuava una produzione analogica, da una linea di<br />
ritardo digitale che non è esattamente la stessa cosa (o così sono<br />
convinti i puristi…).<br />
Esiste poi un problema endemico nei registratori a bobina costituito<br />
dalla precisione nel controllo della velocità che, nel caso<br />
di macchine ormai vintage o “riciclate”, è ancora più sensibile: il<br />
wow and flutter, termine che in realtà racchiude quattro differenti<br />
effetti determinati da un non completo controllo della velocità che<br />
sono causa di artefatti e, soprattutto, possono essere all’origine<br />
di discrepanze tra la velocità con cui girava il registratore con<br />
cui è stato inciso il master originale e quella del registratore che<br />
viene utilizzato, in un periodo posteriore, per il remastering. Illuminante<br />
in tal senso quanto accaduto con Kind of Blue (1959) di<br />
Miles Davis. Il lato uno della versione stereo, quella che contiene<br />
i brani della prima sessione di registrazioni So What, Freddie<br />
Freeloader e Blue in Green, venne infatti registrato con un apparecchio<br />
a nastro che girava a una velocità inferiore dell’1% rispetto<br />
quella corretta: in tutte le edizioni del disco pubblicate a partire<br />
dal 1959 e prima del 1992 (LP, CD, cassette e Mini Disc) i brani<br />
scorrono un po’ più veloce del dovuto! Il guasto del registratore<br />
venne corretto prima della seconda sessione di registrazioni tenuta<br />
poi nell’aprile seguente (1960) ed è questa la ragione per cui non<br />
si fece caso all’errore! Mark Wilder, il tecnico del suono che si è<br />
occupato nel 1992 delle rimasterizzazioni, si accorse dell’errore e<br />
vi pose rimedio utilizzando il master a tre tracce di backup per le<br />
successive ristampe…<br />
Naturalmente questo è solo uno dei possibili casi di bassa fedeltà,<br />
nel senso di equivalenza assoluta con l’originale, in cui si può incorrere<br />
nella rimasterizzazione del vinile! E naturalmente la tesi<br />
di fondo di questo articolo non vuole ispirarsi a ragioni di natura<br />
terroristica ma solo a fini “educativi”, per mettere in guardia dalle<br />
semplicistiche equazioni “vinile meglio di…” o “180 gr. meglio<br />
di...”. Semplici e comprensibili regole, certo, rassicuranti anche<br />
ma lontane da una coerente possibilità di elaborare sulla base di<br />
queste una corretta scala qualitativa.<br />
Ecco perché non si deve gridare al miracolo (o allo scandalo) se si<br />
verificano fenomeni che esulano da tali regole (proprio perché regole<br />
non sono): esattamente come a volte un mp3 può suonare bene o<br />
quasi bene come un CD, e un CD può essere migliore di un file ad<br />
alta risoluzione; se consideriamo queste sigle, questi standard di<br />
per sé come indici di qualità, scopriremo nostro malgrado che lo<br />
sono solo in parte mentre il risultato globale in termini di qualità<br />
è il frutto di una più complessa convergenza di effetti. Nulla toglie<br />
al godersi il vinile anche solo per il fatto, certo, che questo formato<br />
è quello più piacevole a livello visivo, di tatto e di fruizione (anche<br />
se in quest’ultimo caso il valore non è assoluto ma dipende dalle<br />
abitudini del fruitore)!<br />
Per dovere di cronaca va infine evidenziato un aspetto abbastanza<br />
trascurato oggi più che al tempo riguardo al vinile, ovvero il fatto<br />
che la sua produzione ha un largo impatto in termini ecologici.<br />
Se l’ubriacatura per un termine , PVC, che negli anni ’70 andò per<br />
la maggiore, oggi è definitivamente svanita, rimane il fatto che il<br />
cloruro di polivinile, o PVC come lo chiamano i più, è un materiale<br />
fortemente inquinante: se si rompe il PVC, si ottengono gas di cloro<br />
e metalli pesanti fortemente dannosi. La stabilità del PVC, inoltre,<br />
è assai dubbia: se non si utilizza il piombo come stabilizzatore, si<br />
rischia che tale materiale con l’invecchiamento rilasci particelle tossiche.<br />
Altro che vinile vintage: se è vero che pochi sarebbero disposti<br />
a separarsi dalle loro collezioni di LP, poche società che si occupano<br />
di riciclo sono disposte a ritirare il vinile se non a costi molto alti...<br />
Certo il PVC oggi è assai meno utilizzato che in passato (la maggior<br />
parte dell’industria automobilistica ha smesso di utilizzarlo nelle<br />
automobili) ma è ancora la materia prima per la produzione dei<br />
dischi in vinile, produzione che avviene in massima parte su impianti<br />
obsoleti e meno efficienti di quando erano nuovi, ed è del tutto<br />
impossibile stabilire l’impatto di alcuni processi antiquati e pericolosi<br />
che fanno parte della lavorazione (per non parlare dell’enorme<br />
dispendio di energia: in alcuni casi si utilizza ancora la pressione<br />
idraulica). Solo recentemente sono apparse sul mercato nuove catene<br />
di produzione del vinile che, in qualche modo, minimizzano<br />
l’impatto ecologico di tali produzioni. D’altronde il CD non è da<br />
meno: tra le materie utilizzate ci sono plastica, coloranti e lacche<br />
ed è necessario un grande dispendio di gas e di acqua per produrli!<br />
Di peggio ci sono solo i jewel box (che a questo punto di gioielli<br />
hanno davvero ben poco): sono realizzati in cloruro di polivinile,<br />
una sostanza classificata come cancerogena per l’uomo ed entrambi,<br />
CD e contenitori, sono praticamente indistruttibili! Molto meglio<br />
l’impalpabile (ed ecologically correct) musica liquida…<br />
Perché allora questo ritorno di fiamma del vinile? Da qualche anno<br />
in occasione dell’annuale numero di <strong>SUONO</strong> dedicato all’argomento<br />
ne dibattiamo, e così anche in questo numero che state leggendo<br />
ma, al netto di tutto, due le possibili ragioni. Dal lato utente un<br />
metodo di fruizione rituale e materica che forse può fornirci più<br />
ampie indicazioni sui desideri del consumatore che, a dispetto degli<br />
indubbi vantaggi in termini di flessibilità fornita dalla musica liquida<br />
(qualsiasi cosa, ovunque, in qualsiasi momento), se vive l’ascolto<br />
della musica con passione non può prescindere dalla sua condizione<br />
materica. Dal lato dell’industria una semplice ma dirimente constatazione:<br />
il vinile è uno dei pochi prodotti non hackerabili!<br />
<strong>SUONO</strong> marzo 2018 49