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TURISMO<br />
di Alberto Lupini<br />
Da una capitale della Cultura<br />
ad una della Scienza. Con<br />
l’avvicendamento fra Matera<br />
e Trieste, l’Europa tiene ancora un faro<br />
acceso sull’<strong>Italia</strong>, attivando nuove opportunità<br />
di flussi turistici. E poi ci sono<br />
i siti Unesco, non ultime le città creative,<br />
che sono nuove luci sulla Penisola. Se dovessimo<br />
fermarci all’elenco delle nuove<br />
occasioni che si presentano ci sarebbe da<br />
essere ottimisti sul contributo che il turismo<br />
può garantire al nostro Pil. E tutto<br />
ciò senza dimenticare il risveglio che ha<br />
registrato l’Enit che, dopo anni di sostanziale<br />
inutilità, sembra essere diventato<br />
negli ultimi mesi un reale strumento di<br />
promozione.<br />
Ma tutte queste iniziative stanno realmente<br />
incidendo su un comparto che<br />
continua ad essere fra i più arretrati in<br />
Europa in termini di efficienza dei servizi,<br />
formazione del personale e innovazione<br />
delle strutture di accoglienza? Stando<br />
alla recente esperienza di Matera ci sarebbe<br />
da avanzare qualche dubbio. Il richiamo<br />
di turisti sembra essersi fermato<br />
lì, senza coinvolgere territori più vasti o<br />
altri centri minori. E del resto la concentrazione<br />
dei flussi sulle grandi città d’arte<br />
(con tutti i ben noti problemi di vivibilità<br />
e di fruibilità dei luoghi di Roma, Venezia<br />
o Firenze) è una delle questioni di fondo<br />
che ingessano il nostro turismo.<br />
Accessibilità e accoglienza efficiente<br />
in tutta <strong>Italia</strong> sono la vera sfida per fare<br />
del turismo uno degli asset di un nuovo<br />
ciclo di sviluppo virtuoso in <strong>Italia</strong>. Ma<br />
cosa si sta facendo per questo? Le migliaia<br />
di opportunità presenti in tutte le province<br />
su che reti di promozione e servizi<br />
possono contare oggi? Dopo che il secondo<br />
Governo Conte ha smembrato il progetto<br />
del “Conte 1” di valorizzare l’enogastronomia<br />
come nuovo polo di sviluppo<br />
turistico (dando più attenzione anche al<br />
settore agricolo e utilizzando un po’ delle<br />
risorse di questo ministero), siamo in attesa<br />
di una qualche strategia alternativa<br />
per dare valore ai centri minori, alla cosiddetta<br />
<strong>Italia</strong> di serie B, anche se è quella<br />
che nei fatti assorbe più turismo.<br />
Con un’aggravante di non poco conto.<br />
Se è giusto che i poli culturali siano<br />
accessibili il più possibile a tutti gli italiani,<br />
perché ci precludiamo la possibilità di<br />
reperire risorse importanti come fanno in<br />
tutti i Paesi del mondo? A inizio gennaio<br />
Bruno Vespa ha lanciato una provocazione<br />
assolutamente centrale in questa<br />
prospettiva: il biglietto per visitare Petra<br />
in Giordania costa ad esempio 65 euro<br />
e nel milione di visitatori annui una fetta<br />
importante è composta da italiani. A<br />
Pompei, che non è inferiore a Petra per<br />
importanza e notorietà, si pagano 15 euro<br />
per 4 milioni di visitatori. Un costo d’ingresso<br />
superiore, anche di poco, garantirebbe<br />
risorse per migliorare il sito e sostenere<br />
altre località che versano in stato<br />
pietoso (pensiamo solo ai Campi Flegrei<br />
per restare in zona).<br />
Servono scelte coraggiose e soprattutto<br />
una strategia politica chiara. Di<br />
chiacchere il Paese è stanco e se non valorizziamo<br />
tutte le ricchezze sparse nella<br />
Penisola e nelle isole che ci hanno lasciato<br />
la storia (arte) e le tradizioni (stile<br />
di vita e enogastronomia) perderemo<br />
un’occasione straordinaria. Lo sviluppo<br />
del turismo fuori dalle città d’arte più importanti<br />
è fondamentale e su questo tema<br />
incentreremo gli eventi legati al Premio<br />
<strong>Italia</strong> a <strong>Tavola</strong>, che si terrà fra il 28 e il 29<br />
marzo, non casualmente, a Gubbio.<br />
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