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© Delmati/<strong>La</strong>Presse<br />
Mario Cipollini al Giro d’Italia 1995<br />
da con se stessi. Perché il ciclismo è<br />
innanzitutto una gara personale, dove<br />
è la mente a gestire il motore.<br />
Ciclismo è fatica, è correre con ogni<br />
condizione meteo…<br />
È proprio così e chi fa questo sport<br />
lo sa bene. Non è facile comprendere<br />
quanti siano i sacrifici e le difficoltà<br />
necessari per affrontare una carriera,<br />
una stagione o anche solo una gara.<br />
Per questo dico che il ciclismo è una<br />
metafora della vita e ti costringe a tenere<br />
sempre i piedi ben saldi a terra:<br />
se pensi alla vittoria raggiunta e non<br />
alla successiva prova che ti attende,<br />
non hai scampo. Anche dopo una Milano-Sanremo,<br />
quando arrivi distrutto<br />
in ogni parte del corpo, la miglior<br />
cosa, il giorno successivo, è continuare<br />
a pedalare. Un’abitudine non<br />
facile da capire, ma che porta con sé<br />
un sentimento che ti resta dentro, di<br />
libertà, quasi di fanciullezza. <strong>La</strong> bici ti<br />
consente di evadere.<br />
Come sei arrivato al ciclismo?<br />
In modo naturale, in famiglia. Mio padre<br />
ha corso tanti anni nel dopoguerra,<br />
anche mio fratello, dieci anni più<br />
grande di me, correva in bicicletta e io<br />
lo seguivo. A sei anni ho fatto la mia<br />
prima gara.<br />
Oggi che rapporto hai con questo<br />
sport?<br />
Sono un grande appassionato, non<br />
dimentichiamo che noi italiani realizziamo<br />
le migliori biciclette e il miglior<br />
abbigliamento tecnico, abbiamo insegnato<br />
agli sportivi come alimentarsi<br />
seguendo la giusta dieta mediterranea.<br />
Anche se negli ultimi anni siamo<br />
stati schiacciati dal sistema anglosassone<br />
e americano, non abbiamo<br />
una squadra italiana nel World Tour:<br />
è come se nel calcio non avessimo<br />
nessuna squadra in serie A e i calciatori<br />
fossero costretti a emigrare per<br />
giocare nelle serie maggiori. Serve<br />
uno sforzo nazionale, anche da parte<br />
del Governo, per dare forza al ciclismo<br />
italiano e ai suoi atleti. Lo fanno<br />
gli inglesi, i francesi, gli australiani,<br />
gli spagnoli, perché noi no? Ottavio<br />
Bottecchia, Alfredo Binda, Giuseppe<br />
Saronni, Francesco Moser, Vincenzo<br />
Nibali, Marco Pantani, sono tutti campioni<br />
italiani che, non dimentichiamolo,<br />
hanno scritto la storia di questo<br />
sport. E poi dobbiamo avvicinare<br />
i giovani a questa esperienza, fin da<br />
bambini: se non creiamo entusiasmo<br />
in loro è finita.<br />
Della tua fase agonistica cosa ti è rimasto<br />
di più nel cuore?<br />
Fissare degli obiettivi, che sia il Giro<br />
d’Italia o la Milano-Sanremo, e cercare<br />
di raggiungerli con impegno e sacrificio,<br />
allenare la tua macchina umana<br />
per farla rendere al meglio. L’atleta<br />
è come un imprenditore di se stesso,<br />
investe un anno, un anno e mezzo,<br />
sulla preparazione per raggiungere<br />
un risultato in una gara importante.<br />
Ecco, del ciclismo professionistico,<br />
oggi mi manca l’avere un obiettivo da<br />
conquistare.<br />
<strong>La</strong> tua vittoria più emozionante?<br />
<strong>La</strong> tappa e del Giro d’Italia 1995 da<br />
Perugia a Terni, la mia prima Maglia<br />
Rosa. Ho tagliato il traguardo davanti<br />
a mio papà e a tutta la mia famiglia<br />
e mi è tornato in mente quando da<br />
bambino vedevo mio fratello che faceva<br />
la valigia per il Giro e partiva da<br />
San Giusto di Compito, nel comune di<br />
Capannori (LU), dove abitavamo, e io<br />
desideravo essere come lui.<br />
Il Re Leone ruggisce ancora.<br />
mariocipollini.com<br />
MarioCipolliniOfficial<br />
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