MEDIALOGANDO Sul fatto che questa enorme tragedia del Covid-19, e da bergamasco puoi immaginare quanto mi abbia potuto toccare, ci sta facendo capire tutti gli errori che stavamo commettendo. Le città, il turismo, i trasporti, la sanità e il lavoro, così come sono stati pensati fino a oggi, non possono più funzionare. Durante il periodo di lockdown i lettori si sono buttati in massa sui siti e anche noi di Huffington, come tutti gli altri, magari spesso sbagliando, abbiamo cercato di offrire informazione vera, approfondita e di qualità. E si stanno cominciando a vedere i frutti. <strong>La</strong> qualità dei siti giornalistici è migliorata, l’informazione è molto più approfondita e corredata da audiovisivi, podcast, piccoli documentari, long read. Così oggi ci sono giornali con decine di migliaia di abbonati sui contenuti premium dei loro siti, e stanno arrivando dei soldi. Altre testate, penso al New York Times, lo facevano da anni. Il Covid-19 ci ha dato uno spintone, ci ha buttati sulla strada nuova e abbiamo capito che è percorribile. <strong>La</strong> libertà costa perché non ti costringe a ricorrere a discutibili escamotage per guadagnare traffico. Ma l’esasperata ricerca di consenso e visibilità non ti sembra sia soprattutto un costume dei tempi? Lo è senz’altro per tanti politici che vanno sui social per farsi portabandiera dell’idea prevalente, anziché avere una propria idea del mondo, proporla e poi fare di tutto perché convinca la maggioranza. Purtroppo succede anche ai giornalisti. Come accade di scegliere l’argomento di un corsivo o un articolo in base alla tendenza su Twitter o Facebook. Qui il rischio è che il mainstream diventi più pericoloso, rinfocolare l’uno con l’altro l’idea spessissimo sbagliata del momento. Un’idea frutto di superficialità. Ma non è nemmeno superficialità, è l’immediatezza, il voler dire qualche cosa, possibilmente più forte di ciò che è stato detto un istante prima, essere dentro un mucchio che si sta muovendo in una direzione, probabilmente verso il linciaggio del giorno. Complice un degrado culturale sotteso al mito dell’uno vale uno. Più che un degrado culturale accade che sui social abbia diritto di parola anche chi non ha studiato o non ha approfondito l’argomento di cui sta parlando. E prevale questa enorme massa urlante che non sa di cosa parla. Un mondo che si fa un giudizio sempre a prima vista, leggendo un tweet, commentandolo e rilanciandolo, senza interrogarsi sulla sua veridicità. Immediatezza e assenza di verifiche antitetiche al buon giornalismo. Anche se sul web arrivare primi conta. Sì, ma può trasformarsi persino in una dittatura. Ci sono aggregatori come Apple News che se pubblicano una tua notizia fanno impennare il traffico del tuo sito. Ma perché ti riprendano devi essere tra i primi a pubblicarla. E come ci si salva? Bisogna essere rigorosi con se stessi e sapere che è meglio arrivare secondi o terzi che primi sulla bufala. Veloci di testa, distinguere bene le fonti, fare verifiche subito e poi agire di conseguenza. Abbiamo il dovere di dare le notizie più o meno in tempo reale, ma anche di approfondirle e analizzarle prendendoci tutto il tempo necessario. C’è un pezzo che io ho commissionato dieci giorni fa e arriverà tra 20 giorni. Ma dovrà essere un gran pezzo. <strong>La</strong> qualità costa denaro, tempo e firme autorevoli. I giornali che leggevo negli anni ’70 e ’80 erano più ricchi, potevano permettersi di andare da Pier Paolo Pasolini o da Eugenio Montale e offrire loro un milione di lire per un pezzo. Oggi no. Spesso non riesci a prendere neppure qualche bravo giornalista disoccupato con alle spalle una lunga esperienza. All’Huffington Post di questo non puoi lamentarti. No, oltre a una redazione di 18 persone posso contare su un prestigioso parterre di collaboratori. Ne cito alcuni: Gianni Riotta, Alessandro Barbano, Ugo Magri, Gianni Vernetti, Michele Valensise, Cesare Martinetti. E poi ci sono le partnership. Pubblichiamo pezzi di Luiss Open, la rivista della Luiss, dell’Università Cattolica, dell’Accademia dei Lincei. Veniamo alla linea editoriale, dettata da direttore ed editore. Qual è quella dell’Huffington? Una sola, ereditata da Lucia Annunziata che ha fondato e fatto grande questo giornale. Mettere assieme politiche e politici che magari hanno voci e idee diverse ma accomunate da un fondo di sensatezza democratica. Perché il bipolarismo oggi non è più tra destra e sinistra, ma fra chi è sensatamente democratico e chi è insensatamente, e spesso inconsapevolmente, antidemocratico, tendente ai regimi illiberali dai quali siamo circondati. Alla sostanza della linea editoriale serve anche una forma che la renda efficace e attrattiva. Novità su questo fronte? Sì, una vera riforma. Il 2 novembre il sito cambierà volto e sarà più bello da vedere ma soprattutto più evoluto e ricco tecnologicamente. Avremo un canale video, uno per i podcast e alcuni canali verticali monotematici. Uno si chiamerà Futuro e parlerà di tutte le offerte formative, soprattutto per le scuole superiori e le università in Italia e nel mondo. Ho voluto, però, preservare la gerarchia delle notizie. Oggi Huffington forse è un po’ bruttino ma l’infilata di titoli tutti a colori è di un’efficacia straordinaria. E quindi ho rinunciato a utilizzare quei sistemi che ti portano automaticamente in testa i pezzi più letti. Altrimenti la gerarchia la costruiscono i paradigmi dei social. E saremmo di nuovo punto e a capo. Invece se miri ad avere abbonati che pagano per leggerti, come per esempio <strong>La</strong> Repubblica, in procinto anche lei di rielaborare il suo sito, devi essere tu che offri tanto e bene: un giornale che ti racconta il mondo e non un contenitore in cui butti dentro tutto quello che hai. Hai citato <strong>La</strong> Repubblica. Che significa essere dentro un grande gruppo multimediale? Moltiplicare le potenzialità di ciascun media. Mai come in questo caso valgono le teorie olistiche per cui le somme sono sempre maggiori delle unità che le producono. Così uno più uno più uno non fa tre, ma può fare anche sei. huffingtonpost.it HuffPostItalia HuffPostItalia huffpostitalia 6
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