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RIFORMA APPROVATA

il giornale completo - Enpam

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L’Avvocatol’intenzionalità del dolo, sottolineando la precisa volontàdell’imputato di colpire nell’attività più importante equalificante del chirurgo, sospendendone la crescitaprofessionale e procurandogli danno professionale,alla reputazione, alla vita di relazione e alla sfera psicologica.Sul piano normativo, ai fini dell’integrazione dell’abusod’ufficio, reato previsto dall’articolo 323 del Codicepenale, assume rilievo la palese violazione del principiocontenuto nell’articolo 97 della Costituzione relativoal buon andamento e all’imparzialità della pubblicaamministrazione. A sua volta, il succitato articolo 323impone a ogni funzionario pubblico, nell'esercizio deipropri compiti, di non usare il potere che la legge gliconferisce per compiere deliberati favoritismi e procurareingiusti vantaggi patrimoniali, ovvero per realizzareintenzionali vessazioni o discriminazioni e procuraredanni ingiusti. nSe l’organo è malato niente risarcimentoLa Suprema Corte ha respinto il ricorso di un paziente al quale era stato lesionato un rene per una biopsia.I giudici hanno sentenziato che l’esistenza di una patologia grave preclude il ristoro del danno procuratoDue medici, in servizio presso unadivisione ospedaliera di nefrologia,nel tentativo di prelevare il tessutonecessario per eseguire una biopsia,perforavano un rene, provocandoemorragia e lesioni. Conseguenza:asportazione dell’organo.A questo punto inizia una lungastoria giudiziaria, che vale la penaraccontare.Il paziente danneggiato si rivolgevaal giudice civile, chiedendo un risarcimentodei danni nella misura di unmiliardo delle vecchie lire. I due mediciconvenuti a giudizio negavanola loro responsabilità, argomentandoche l’organo doveva essere comunqueasportato in ragione delle suepregresse condizioni patologiche. Inprimo grado, il tribunale condannavai due medici al risarcimento deidanni, quantificati in 58 milioni emezzo di lire. Successivamente, suricorso del danneggiato, la Corted’appello incrementava il risarcimentoa 73 milioni e 600mila lire.Non soddisfatto, il danneggiato impugnavala sentenza davanti allaCassazione. E la Suprema Corte,con pronuncia del 21 ottobre 2008della Terza sezione civile, n. 25561,respingeva il ricorso teso al conseguimentodi un risarcimento deldanno pari a 500mila euro.La sentenza impugnata, pur riconoscendola responsabilità dei medici,aveva escluso la risarcibilitàdei danni strettamente ricollegabiliall’asportazione del rene, per il fattoche l’istruttoria aveva accertato chel’organo era già compromesso inmisura totale prima della biopsiaoggetto di causa, tanto che fin daallora il danneggiato poteva, defacto, essere considerato privo dicapacità lavorativa a causa dellagrave insufficienza renale, per laquale infatti gli veniva poi riconosciutal’invalidità al cento per cento.La Corte d’appello argomentavache il rene era così gravemente deterioratoche il paziente avrebbecomunque dovuto sottoporsi a dialisie che la stessa invalidità totale,pur se accertata sette mesi dopo ilfatto, risultava giustificata dai certificatimedici con riferimento allasituazione patologica preesistenteall’intervento per la biopsia.Il controllo di legittimità operatodalla Cassazione confermava lasentenza della Corte d’appello e,dunque, l’applicazione dell’articolo1223 del Codice civile, in base alquale sono risarcibili le conseguenzeimmediate e dirette dell’inadempimentoo dell’illecito.A questo punto, è opportuno farpresente che è ammessa anchela risarcibilità delle conseguenzemediate e indirette dell’illecito,purché si tratti di conseguenzeche rientrino nell’ambito della normalità.Infatti, il principio chiaveapplicato dalla giurisprudenza èquello della regolarità causale, peril quale un danno è risarcibile serientra tra le conseguenze normalidel fatto. Nel caso preso in esame,tuttavia, l’antecedente del grave deterioramentodel rene ha escluso larisarcibilità del danno strettamentericollegabile all’asportazione delrene conseguente alle lesioni provocatedall’intervento per eseguirela biopsia. nA.A.B.49

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