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2011 Pompei ferita a morte

Numero 52 - Scuola di Giornalismo - Università degli Studi di Salerno

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IL PERSONAGGIO Domenica 11 dicembre <strong>2011</strong><br />

Le confessioni di un clochard che intinge il pennello nel suo animo e vende lettere d’amore<br />

Antonio, il Van Gogh dei poveri<br />

15<br />

Un tozzo di pane, un sorso di<br />

vino. Il miracolo non è il risveglio<br />

del Cristo morente nel film<br />

del ’55 con il Marcellino in bianco<br />

e nero, ma quello di accendere<br />

un sorriso sul volto di un<br />

angelo della strada. Tanto basta,<br />

infatti, a far felice Antonio<br />

Mandarino, l’artista evanescente<br />

relegato a Marcianise, in un cantuccio<br />

di terra colorato come la<br />

sua tavolozza, lungo la Provinciale<br />

che conduce all’imbocco<br />

delle autostrade. Occhio languido,<br />

il volto canuto e increspato<br />

dai solchi del tempo e della fame,<br />

le mani contratte per il freddo<br />

pungente, costellate di macchie e<br />

schizzi di vernice colorata: il pittore,<br />

filosofo e poeta mi osserva<br />

e si lascia andare a un emozionate<br />

discorso – fiume sul suo travagliato<br />

modus vivendi: «Per un<br />

pittore vero è più importante<br />

dipingere che mangiare. Per il<br />

poeta afflitto la priorità appartiene<br />

alla scrittura. E’ quando<br />

dipingo e scrivo che mi nutro<br />

della mia arte. In quel momento<br />

avverto una sensazione meravigliosa,<br />

un impeto che mi trasporta<br />

quasi in un’altra dimensione,<br />

fuori dal mondo, nel bello,<br />

nel pulito, nell’amore, nel “grande”,<br />

anche se non mi piace essere<br />

grande».<br />

Nella sua piccola catapecchia<br />

mancano riscaldamento, acqua e<br />

luce e lo spazio è occupato da un<br />

materasso, una seggiola senza<br />

schienale e una piccola scrivania<br />

logora dove il clochard scrive<br />

versi, libri e lettere d’amore che<br />

può comporre, anche a richiesta,<br />

in cambio di piccole somme di<br />

denaro. «Scrivo lettere d’amore<br />

da quando avevo tredici anni –<br />

racconta - Ho letto tanto, ho letto<br />

quel che più potevo leggere.<br />

Bisogna leggere per essere, per<br />

capire, per sentirsi in comunione<br />

con sé stessi e con il mondo.<br />

Questo mese ho venduto una lettera<br />

e due poesie. Il mese scorso<br />

sono riuscito a vendere otto componimenti.<br />

Il prezzo? 5 euro per<br />

coppia. Scrivo d’amore perché l’amore<br />

è fuoco, è devastazione…»<br />

Mandarino fa una pausa, accende<br />

una sigaretta tenendola fra le<br />

mani a coppa, tira una boccata e<br />

mi fissa tra le prime volute di<br />

fumo biancastro. Il suo sguardo si<br />

fa più intenso, tanto che molte<br />

delle cose che dice vengono offuscate<br />

dalla vena di tristezza che si<br />

agita dietro i suoi occhi supplichevoli.<br />

Poi continua: «L’amore è<br />

una medaglia a due facce: è devastazione<br />

quando ti spezza le pareti<br />

nei meandri del cuore, quando<br />

ti sbatte per terra come un demone<br />

senza testa e tu urli, e là fuori<br />

piove e non c’è una mano che ti<br />

accarezza , né di una vecchia, né<br />

di una giovane, né di un maschio<br />

né di una femmina. Esso ti porta<br />

inevitabilmente nel silenzio, nella<br />

solitudine, e lentamente, inesorabilmente,<br />

come un motore a<br />

scoppio ritardato, come un veleno<br />

sottile, ti uccide. Ecco che l’amore<br />

può essere disperazione,<br />

quel grande amore che tu hai creduto<br />

di avere in seno, e che rende<br />

la vita una grande bugia. Poi c’è<br />

un altro amore: l’amore vero,<br />

quello degli angeli, quello di Dio,<br />

del suo nome, che su tutto aleggia<br />

Ha scelto di vivere in una baracca<br />

tenuta in piedi dalla forza della speranza<br />

“Sono autodidatta<br />

e la pittura mi porta<br />

in una dimensione<br />

fuori dal mondo<br />

nel bello e nel pulito”<br />

Alcuni quadri<br />

del clochard<br />

e la locandina<br />

esposta<br />

all’esterno<br />

della bottega<br />

e tutto investe…».<br />

Ma lui è soprattutto un pittore.<br />

Campi fioriti, paesaggi innevati,<br />

scorci urbani, ma anche personaggi<br />

stravaganti, strane forme di<br />

ibridazione tra uomini e animali,<br />

occhi fluttuanti: le sue tele sono<br />

uno squarcio sugli angoli più<br />

profondi e nascosti dell’animo<br />

umano, strani sogni di luce e<br />

ombra. «Dentro di me ci sono<br />

due diverse nature – dice<br />

Mandarino –. La prima è legata<br />

alla necessità di dipingere, la<br />

seconda, invece, ben più acuta e<br />

cifrata, è quella dell’arte che ti<br />

circola nel sangue. Perché io ho<br />

cominciato dal nulla. Circa quarant’anni<br />

fa trovai dei barattoli di<br />

Antonio Mandarino<br />

nella sua baracca-studio<br />

al viale Carlo III<br />

di Marcianise<br />

dove dipinge e scrive<br />

La biografia<br />

Proveniente da una famiglia di origini umili,<br />

Antonio Mandarino nasce a Marcianise il 17<br />

luglio 1950. Dopo la scuola elementare,<br />

comincia a scrivere brevi componimenti e lettere<br />

d’amore. Nel 1974 esplode la passione per<br />

la pittura: allontanatosi dal nucleo familiare,<br />

infatti, va a vivere in fitto, nella casa dove scopre<br />

e coltiva senza sosta il suo talento con i<br />

pennelli e i colori, cominciando a dipingere su<br />

tavolette di compensato. Da sempre appassionato<br />

di Vincent Van Gogh e Antonio Ligabue,<br />

comincia a professare l’ideale del’artista bohemièn,<br />

allestendo per le strade di Marcianise la<br />

sua “galleria” en plein air e vivendo di espedienti.<br />

Oltre a dipingere, infatti, pulisce a<br />

richiesta cantine e camini per gli abitanti del<br />

comprensorio. Si sposa due volte, la prima nel<br />

1968, quando il matrimonio naufragò, qualche<br />

anno dopo, per il suo ossessivo amore per l’arte.<br />

Con enormi sacrifici porta avanti i cinque<br />

figli nati dai due matrimoni. Nel frattempo<br />

continua a leggere e scrivere: Manzoni,<br />

Petrarca e Dante sono alcuni dei suoi autori<br />

preferiti. Al 2010 risale il furto di alcune sue<br />

tele e “damigiane ornate”. Attualmente vive<br />

nella sua baracca a Viale Carlo III.<br />

vernice in una casa vecchia che<br />

mia madre aveva affittato per me,<br />

poiché ero un fuggiasco senza<br />

meta. Accanto ai recipienti di<br />

metallo con dentro i colori, c’erano<br />

alcuni pezzi di legno e, in un<br />

angolo, coperti dalla polvere, riuscii<br />

a scorgere dei pennelli. Poi<br />

una notte, tra il 4 e il 5 marzo del<br />

’74, incominciai a dipingere su<br />

carta, fogli e tavolette di compensato.<br />

Non c’è mai stato un<br />

quadro che ho fatto per il successo,<br />

per diventare qualcuno, per<br />

far contento gli altri. La sola cosa<br />

che mi ha spinto, oltre alla necessità,<br />

è stata quella di avvertire il<br />

senso di ciò che sono e concretizzarlo,<br />

perché sentivo di non essere<br />

nulla. Sono autodidatta, non c’è<br />

stato mai nessuno che mi abbia<br />

insegnato. Nessuno ti insegna a<br />

scrutarti dentro».<br />

Il suo impero di tela Antonio lo<br />

ha costruito tutto da solo, una<br />

pennellata alla volta. Enormi<br />

tavole dipinte a caratteri cubitali,<br />

esposte a mo’ di cartelli all’esterno<br />

della sua baracca, informano<br />

autisti e passanti della sua condizione:<br />

“Aiutatemi ad essere onesto”,<br />

“Fame, freddo e debiti…eccomi”,<br />

“Vivere senza esistere”.<br />

Nemmeno l’iscrizione “Studio<br />

Artistico”, che capeggia all’ingresso<br />

della “bottega”, riesce a<br />

rendere la realtà meno dura di<br />

quella che è. Per arrivare dal pit-<br />

tore bisogna infatti farsi largo<br />

tra mobili vecchi, anticaglie e<br />

strumenti di fortuna che fanno<br />

da cornice al suo “angolo di<br />

lavoro”. Lamiere rivestite di feltro<br />

e addobbate con piante rampicanti<br />

completano il resto della<br />

piccola costruzione, che spicca<br />

da lontano per i colori accesi<br />

delle tele che la circondano.<br />

«Quando piove è amaro... e non<br />

si ferma nessuno – confida -. Ho<br />

impiegato quasi due mesi a<br />

costruire la mia bottega, dall’inizio<br />

di maggio ai principi di<br />

luglio. Ora ho dovuto mettere<br />

una trave per reggere il tetto,<br />

perché il peso dell’acqua ha<br />

infradiciato e spezzato i sostegni<br />

che c’erano. Vorrei uno studio<br />

artistico, un container dove dentro<br />

non ci piove, perché nella<br />

mia baracca piove e, quando<br />

viene giù a catinelle, devo mettere<br />

le bacinelle per terra, per raccogliere<br />

l’acqua». Difficile restare<br />

indifferenti quando a chiedere<br />

aiuto è qualcuno che grida senza<br />

voce. Gli appelli di Mandarino si<br />

susseguono da molti anni ormai,<br />

ma l’unico effetto sortito, a<br />

quanto pare, sembra sia stato<br />

solo il suo spostamento da una<br />

zona all’altra del territorio marcianisano:<br />

dalle scale della chiesa<br />

di S. Carlo, di fronte a piazza<br />

Umberto I, al Viale Carlo III, alla<br />

piazzola davanti al vecchio<br />

Teatro Mugnone, alla località<br />

Santella nei pressi dell’Ospedale<br />

fino al ritorno sulla Strada<br />

Provinciale, nei pressi del Big<br />

Maxi Cinema. Le condizioni,<br />

vistosamente precarie e difficili,<br />

in cui versa attualmente lo sfortunato<br />

artista, destano probabilmente<br />

l’attenzione non solo di<br />

acquirenti e curiosi.<br />

Per un momento Antonio perde<br />

l’aria del pittore e poeta di strada<br />

del <strong>2011</strong>, “Cavaliere dei pezzenti”,<br />

come egli stesso si è definito e<br />

acquista l’aura di un bohemièn di<br />

fine ottocento, stanco, sfibrato da<br />

questa epoca, un fratello di un<br />

altro tempo. Rifugge nella lettura<br />

e nella erudizione “fai da te” per<br />

trovare conforto. «La filosofia –<br />

dichiara - è un modo per esprimersi<br />

e per appagare l’animo<br />

stesso. A volte parlo con me stesso<br />

e mi ascolto. La filosofia è<br />

esser saggio, comprensivo, amabile,<br />

cortese. Il filosofo è un professore,<br />

spesso anche di sé stesso.<br />

Si può essere filosofi anche<br />

essendo analfabeti».<br />

Poi conclude: «Le mie opere<br />

nascono a seconda di come mi<br />

sento: quando sono triste esce un<br />

bianco e nero, se mi sento felice,<br />

soddisfatto, esce il sole che<br />

risplende dentro me e sulle tele.<br />

Se avverto dentro di me l’incedere<br />

di un evento catastrofico esce<br />

un pagliaccio e a quel punto mi<br />

dico: ridi pagliaccio, ridi tu che<br />

puoi: un giorno tutto passerà…»<br />

Pagina a cura di<br />

MARIO PIO CIRILLO

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