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2011 Pompei ferita a morte

Numero 52 - Scuola di Giornalismo - Università degli Studi di Salerno

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ITALIA/MONDO Domenica 11 dicembre <strong>2011</strong><br />

23<br />

I vitalizi vanno in pensione<br />

Il premier Mario Monti: «Siamo la terza economia dell’Europa<br />

e ci appelliamo al senso di urgenza e responsabilità di tutti gli italiani»<br />

“Rigore, crescita, equità” hanno<br />

orientato la manovra finanziaria<br />

del Consiglio dei Ministri:<br />

“lacrime e sangue” è ciò che si<br />

aspettano gli italiani per il prossimo<br />

futuro. Una visione forse<br />

un po’apocalittica.<br />

L’obiettivo di Monti e della sua<br />

squadra è quello di raggiungere il<br />

pareggio di bilancio nel 2013.<br />

Una prospettiva decisamente<br />

ottimista.<br />

Ciò che è importante per una<br />

flotta durante la burrasca è non<br />

perdere la fiducia nel nocchiero<br />

e magari che sia il primo a rinunciare<br />

alla sua razione di rancio se<br />

il fondo della pentola si comincia<br />

a intravedere. Verso questo<br />

senso inizia ad andare la riforma<br />

sui vitalizi dei parlamentari contenuta<br />

nella manovra.<br />

Dal primo gennaio 2012 si passerà<br />

anche per le pensioni degli<br />

onorevoli al sistema contributivo:<br />

rendite che potranno essere<br />

percepite solo al compimento<br />

del sessantesimo anno d’età per<br />

chi ha occupato gli scranni di<br />

Montecitorio per due o più mandati,<br />

sessantacinque per chi è<br />

stato parlamentare per una sola<br />

legislatura.<br />

Ad oggi, sono 2.238 i titolari di<br />

vitalizi con una spesa annua di<br />

218 milioni, ma dal primo gennaio<br />

saranno 228 gli ex deputati<br />

che vedranno slittare la pensione<br />

di 10 o 15 anni. Una riforma<br />

doverosa considerando che quelle<br />

degli ex parlamentari non<br />

saranno le uniche pensioni a slittare.<br />

Monti lancia infatti «un<br />

appello al senso di urgenza e<br />

responsabilità» per arrivare rapidamente<br />

anche al varo degli<br />

interventi sulle pensioni. E ricorda<br />

che se l'Italia non riuscisse a<br />

fare ciò che deve «le conseguenze<br />

sarebbero molto gravi per<br />

tutti». Tra le ipotesi in studio del<br />

Governo c’è un innalzamento tra<br />

i 41 e i 43 anni di contributi per<br />

uscire dal lavoro a qualsiasi età.<br />

L’adeguamento dell’età pensionabile<br />

delle donne a quella degli<br />

uomini, che allo stato attuale<br />

dovrebbe partire nel 2014 per<br />

arrivare gradualmente a 65 anni<br />

nel 2026, dovrebbe invece prendere<br />

il via l’anno prossimo per<br />

chiudersi nel 2016 o al massimo<br />

nel 2020. È stato annunciato<br />

anche il blocco dell’inflazione,<br />

ossia l’adeguamento della pensione<br />

al costo della vita.<br />

Riforme impopolari che hanno<br />

già messo sul piede di guerra i<br />

sindacati: il segretario Spi Cgil<br />

Carla Cantone propone al ministro<br />

del Welfare Fornero di<br />

«andare a prendere le risorse da<br />

chi le ha, da quelle categorie<br />

veramente privilegiate come i<br />

parlamentari, i manager e i dirigenti»<br />

mentre il collega della Cisl<br />

Bonanni chiede un incontro per<br />

La nuova manovra finanziaria colpirà anche i parlamentari<br />

«fare chiarezza».<br />

L’esecutivo Monti aveva pensato<br />

anche di ridurre le disparità tra<br />

le diverse aliquote contributive:<br />

quelle dei lavoratori autonomi<br />

dovrebbero salire di due punti<br />

percentuali (al 23%) con un<br />

incremento nelle casse dell’Inps<br />

di circa 1,2 miliardi di euro.<br />

Fino a poche ore prima del<br />

Consiglio dei Ministri c’era<br />

incertezza sulla riforma patrimoniale,<br />

o meglio il tetto oltre il<br />

quale farla scattare. Sulla questione<br />

contrapposti il Partito<br />

Democratico «chiediamo una<br />

soglia più bassa» e Pdl «ipotizzabile<br />

solo in casi estremi».<br />

Queste alcune delle riforme contenute<br />

nel provvedimento che il<br />

premier Monti ha illustrato il 30<br />

novembre a Bruxelles, al vertice<br />

dei ventisette ministri delle<br />

Finanze dell’Unione Euro-pea, in<br />

attesa del vertice dei leader europei,<br />

previsto per l’8 e il 9 dicembre<br />

che Monti ha definito «fondamentale.<br />

Ciò che sarà deciso o<br />

non deciso - ha aggiunto - avrà il<br />

verdetto dei mercati. Mercati<br />

che non ho mai demonizzato<br />

anche se non vanno presi come<br />

divinità».<br />

È all’interno dell’Ue che Monti<br />

vuol «vedere l’Italia in modo più<br />

possibile incisivo nel dibattito -<br />

ricordando che - è importante<br />

stare accanto a Germania e<br />

Francia, essendo la terza economia<br />

in zona euro ma - precisa -<br />

lo vogliamo fare con il metodo<br />

comunitario». Un chiaro messaggio<br />

che il nostro nocchiero ha<br />

lanciato alla cancelliera Merkel e<br />

al presidente francese Sarkozy.<br />

ALTERMINE<br />

L’ODISSEA<br />

DEL GOVERNO<br />

Fumata bianca a Bruxelles:<br />

secondo quanto scrive il sito<br />

di “Le Soir”, il principale quotidiano<br />

francofono, è stato<br />

raggiunto un accordo per formare<br />

un governo in Belgio,<br />

dopo una crisi da guinnes dei<br />

primati, durata 535 giorni.<br />

Sei partiti chiamati a formare<br />

le nuova coalizione federale.<br />

L'intesa verte su un documento<br />

programmatico di centottantacinque<br />

pagine, all’esame<br />

degli esperti dei partiti e dai<br />

negoziatori.<br />

Il nuovo esecutivo dovrebbe<br />

essere guidato dal socialista<br />

Elio Di Rupo, di origine italiana.<br />

Di Rupo sarebbe il primo<br />

ministro francofono e vallone<br />

dal 1974.<br />

Pare volgere al termine l’odissea<br />

del governo belga, che più<br />

volte negli ultimi mesi sembrava<br />

sul punto di essere risolta:<br />

da ultimo, lo scorso 8 ottobre,<br />

lo stesso Di Rupo sembrava<br />

a un passo dalla soluzione,<br />

salvo poi arrendersi a poche<br />

settimane di distanza.<br />

Iran, assalto all’ambasciata inglese. Il ministro Terzi: «episodio intollerabile»<br />

Primavera araba, secondo atto<br />

Trionfo in Egitto dei Fratelli Musulmani: si teme la deriva islamista<br />

Era il 4 novembre 1979 quando cinquantadue<br />

membri dell’ambasciata americana furono<br />

presi in ostaggio e rimasero prigionieri degli<br />

attivisti del regime di Khomeini per 444 giorni,<br />

fino al 20 gennaio 1981. A trent’anni di distanza,<br />

lo scorso 29 novembre, la folla inferocita ha<br />

assaltato e devastato l’ambasciata inglese.<br />

Contemporaneamente è stato attaccato anche<br />

il complesso diplomatico di Parco Gholak, nel<br />

nord della città, dove sono stati presi in ostaggio<br />

sei dipendenti, liberati dalla polizia.<br />

La Gran Bretagna è colpevole, agli occhi dei<br />

manifestanti, di aver reso più duro l’embargo<br />

per rallentare il programma nucleare e<br />

infatti domenica 26 novembre il Parlamento<br />

aveva votato l’espulsione dell’ambasciatore<br />

di Sua Maestà.<br />

Il governo iraniano ha biasimato l’assalto e ha<br />

assicurato che tutelerà le sedi diplomatiche nel<br />

rispetto delle regole internazionali, anche se la<br />

linea ufficiale del regime di Ahmadinejad è che<br />

l’ira degli studenti è, come ha affermato il presidente<br />

del Parlamento Ali Larijani, «conseguenza<br />

di secoli di tentativi di dominazione<br />

della Gran Bretagna». Immediata la reazione<br />

di Cameron: è stato richiamato in patria il personale<br />

diplomatico mentre sono state date 48<br />

ore a quello iraniano per lasciare Londra.<br />

Anche Parigi, Berlino e Oslo hanno ritirato i<br />

rispettivi ambasciatori.<br />

In Italia, il ministro degli Esteri Giulio Terzi, a<br />

Bruxelles nei giorni dell’assalto, ha chiesto alla<br />

Farnesina di convocare l’ambasciatore iraniano<br />

e ha dichiarato: «L’assalto alla sede britannica<br />

è intollerabile» . Ha poi richiamato da<br />

Teheran l’ambasciatore Alberto Bradanini. A<br />

pesare sul piatto della bilancia è soprattutto il<br />

possibile embargo sul petrolio: dall’Iran proviene<br />

infatti il 13 per cento del nostro greggio.<br />

«Quello dell’Iran – commenta Adalgiso<br />

Amendola, docente di Filosofia del Diritto<br />

dell’Università di Salerno – è un nodo non<br />

sciolto da molto tempo. Certo questi ultimi<br />

tumulti vanno letti nel contesto della<br />

Primavera araba. Sarebbe catastrofico se la si<br />

mettesse sul piano del rapporto tra Nazioni. In<br />

Pagina a cura di<br />

EMANUELA DE VITA<br />

Belgio<br />

generale si avverte il deficit storico di politica<br />

unitaria dell’Unione Europea».<br />

Espressione della Primavera araba è certamente<br />

la soglia del 50 per cento raggiunta dai<br />

Fratelli Musulmani in Egitto alle prime elezioni<br />

democratiche dopo la caduta di<br />

Mubarak. L’ascesa al potere della confraternita<br />

di Ikhwan, promossa da una partecipazione<br />

al voto intensa e corale, lascia sul chi va là<br />

gli osservatori occidentali: la domanda cruciale<br />

è se saranno davvero interlocutori<br />

moderati come si sono presentati durante la<br />

campagna elettorale.<br />

«Paragonare i Fratelli Musulmani ai fondamentalisti<br />

islamici – spiega il professore<br />

Amendola – è un punto di vista tipicamente<br />

occidentale. Il risultato del voto in Egitto è<br />

legato ai movimenti di piazza che infiammano<br />

il mondo arabo da diversi mesi. Per capire<br />

meglio queste elezioni, bisognerebbe capire<br />

cosa è successo nelle piazze, chi sono gli attivisti<br />

che hanno guidato le insurrezioni».<br />

Nelle settimane precedenti il voto s’era infatti<br />

infiammata di nuovo la rivolta in piazza Tahrir,<br />

a difesa della rivoluzione tradita dall’egemonia<br />

del Consiglio Supremo delle Forze Armate : i<br />

morti, anche stavolta, sono stati decine.<br />

«Le elezioni – conclude il professore dell’Università<br />

di Salerno – sono state espressione dell’insoddisfazione<br />

e della rabbia del popolo contro<br />

la volontà di placare la ventata di democrazia<br />

alzatasi lo scorso gennaio».

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