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Enea è sbarcata a Portici

Numero 43 - Scuola di Giornalismo - Università degli Studi di Salerno

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10 Domenica<br />

20 marzo 2011 PRIMO PIANO<br />

Una storia lunga un sogno, o<br />

meglio, un’utopia. E’ quella di San<br />

Leucio, patria campana della seta.<br />

La città ideale, “Ferdinandopoli”,<br />

che Ferdinando IV di Borbone<br />

volle trasformare sul finire del<br />

‘700 in eccellenza della produzione<br />

serica. Il suo interesse nei confronti<br />

della seta prese le mosse<br />

dalle considerazioni dei teorici<br />

illuministi che avevano individuato<br />

nello sviluppo della produzione<br />

della seta uno dei mezzi più<br />

efficaci per la rinascita economica<br />

del Mezzogiorno.<br />

Fu così che fece in modo di avviare<br />

scuole e manifatture in più<br />

zone del Regno, tra le quali San<br />

Leucio. Nuove macchine per la<br />

lavorazione, nuove tecniche per<br />

la sperimentazione e maestranze<br />

specializzate per il rilancio della<br />

portentosa attività. E così, dal<br />

1780, grazie alle raffinate tecniche<br />

per la filatura, le sete di San<br />

Leucio entrano nei palazzi reali di<br />

tutta Europa. Una tradizione di<br />

bellezza e di raffinatezza, con le<br />

sete che trovano spazio nei palazzi<br />

prestigiosi di tutto il mondo:<br />

Piange San Leucio, patria dell’industria serica campana<br />

Le vie della seta<br />

non sono infinite<br />

Necessari interventi per salvaguardare il mercato<br />

nella sala Ovale della Casa<br />

Bianca, al Cremlino, in Vaticano<br />

anche con gli ultimi papi. Eppure,<br />

oggi il sogno sta svanendo. Lo<br />

scenario produttivo diventa ogni<br />

giorno più difficile, sprovvisto di<br />

tutta una serie di misure che arginerebbero<br />

l’emergenza industriale<br />

e finanziaria che attanaglia il<br />

comparto. Con la moratoria dei<br />

debiti fiscali e previdenziali<br />

accumulati dalle aziende con il<br />

perdurare della crisi globale,<br />

infatti, gli industriali hanno sollecitato<br />

aiuti per la ricerca e lo<br />

sviluppo, misure a sostegno dell’internazionalizzazione<br />

e interventi<br />

concreti per la facilitazione<br />

dell’accesso al credito. Con riferimento<br />

a quest’ultimo aspetto,<br />

peraltro, le aziende hanno chiesto<br />

la creazione di un apposito<br />

fondo di garanzia da parte della<br />

Camera di Commercio, per salvaguardare<br />

non soltanto la<br />

sopravvivenza della più antica e<br />

prestigiosa industria locale, ma<br />

anche e soprattutto dei posti di<br />

lavoro, che si riducono di numero,<br />

peraltro, di giorno in giorno.<br />

Quella che sta vivendo l’industria<br />

serica legata all’antica tradizione<br />

leuciana si può definire la terza<br />

grande crisi che si <strong>è</strong> abbattuta sul<br />

comparto negli ultimi quindici<br />

anni. Si cominciò sul finire degli<br />

anni Novanta, con la crisi prodotta<br />

dai mercati asiatici, caratterizzata<br />

dai bassi costi della produzione<br />

orientale.<br />

Poi <strong>è</strong> seguita la crisi del dollaro (<strong>è</strong><br />

appena il caso di ricordare che la<br />

produzione serica casertana <strong>è</strong><br />

orientata verso il mercato Usa per<br />

il 60 per cento in modo diretto e<br />

per un altro 20 per cento in<br />

maniera indiretta).<br />

Infine, la crisi di gran lunga più<br />

grave, quella cosiddetta finanziaria<br />

del 2008, e che gli industriali<br />

del comparto stanno vivendo<br />

nelle proprie aziende, sempre per<br />

la stretta interdipendenza dal<br />

mercato americano, sin dall’inizio<br />

e non da quando si <strong>è</strong> riverberata<br />

sui mercati europei in tutta la sua<br />

portata.<br />

Il comparto <strong>è</strong> rappresentato da<br />

otto aziende, la maggior parte<br />

delle quali, di piccole e piccolissime<br />

dimensioni, che danno lavoro<br />

più o meno a 150 lavoratori, e un<br />

fatturato complessivo stimato fra<br />

i dieci e quindici milioni. Appena<br />

dieci anni fa, invece, le aziende<br />

seriche erano una quindicina,<br />

occupavano oltre 600 addetti e<br />

sviluppavano un fatturato di 60<br />

milioni di euro.<br />

Insomma, dell’industria serica si<br />

rischia davvero la scomparsa se<br />

non si interviene prontamente e<br />

con determinazione.<br />

Pagina a cura di<br />

MARIAROSARIA DI CICCO<br />

OPERAZIONE RILANCIO<br />

Fino a qualche tempo fa, gli opifici<br />

Esistenti a San Leucio, collocazione<br />

naturale della produzione serica,<br />

erano otto: Industrie Tessili Alois<br />

srl, Raffaele Alois & C. srl, Arte Seta<br />

Alois srl, San Leucio Passamanerie<br />

srl, Antico Opificio Serico De Negri<br />

SpA, Tessitura Cicala SpA, Bologna<br />

& Marcaccio srl, Giuseppe De Negri<br />

& Figli snc.<br />

In totale gli addetti erano 600 per<br />

un fatturato di circa 30 milioni di<br />

euro. La produzione toccava<br />

1.600.000 mt. di prodotti all’anno e<br />

il 60-65% del fatturato veniva esportato<br />

in Europa e negli Stati Uniti e<br />

indirettamente in Oriente e negli<br />

Emirati Arabi.<br />

Comune di Caserta, Consorzio degli<br />

imprenditori serici con Confindustria,<br />

Camera di Commercio e con<br />

l’appoggio della Provincia hanno<br />

siglato un protocollo d’intesa, frutto<br />

di un articolato progetto presentato<br />

Un protocollo<br />

d’intesa tra Comune<br />

e imprenditori<br />

al commissario che attualmente regge<br />

il Comune capoluogo, da Confindustria<br />

Caserta per conto del<br />

Consorzio per il recupero di alcuni<br />

spazi del Belvedere di San Leucio e il<br />

rilancio della produzione, così da far<br />

tornare agli antichi fasti i telai conservati<br />

nel Belvedere, tutti funzionanti<br />

ma in disuso per mancanza di<br />

personale competente.<br />

Non esiste, oggi, un marchio per i<br />

tessuti leuciani che certifichi la loro<br />

origine e ne favorisca la promozione,<br />

la pubblicizzazione e la vendita<br />

anche sui mercati emergenti.<br />

LE ORIGINI<br />

Ferdinando IV,<br />

sovrano illuminato<br />

LA CITTA’<br />

Italia unita,<br />

fine dell’utopia<br />

IL PRODOTTO<br />

Stoffe per tutte le<br />

grandi occasioni<br />

LA FLESSIONE<br />

Crisi, gli opifici<br />

ne risentono<br />

Il re Ferdinando IV<br />

pensò di formare i<br />

giovani del luogo<br />

mandandoli in<br />

Francia ad apprendere<br />

l’arte della tessitura,<br />

per poi lavorare<br />

negli stabilimenti<br />

reali. Decise<br />

di dare a questa<br />

comunità una legislazione e alla fabbrica<br />

serica un regolamento interno. Nel 1789 la<br />

manifattura reale si costituisce in una entità<br />

autonoma, ed i suoi abitanti sono riuniti in<br />

una comunità, regolata da un apposito codice<br />

di leggi ispirato al programma di rinnovamento<br />

sociale di stampo illuministico redatto<br />

nel 1769 da Bernardo Tanucci, allora<br />

ministro del Regno. Si trattò di un esperimento<br />

sociale d’avanguardia, un modello di<br />

equità sociale raro nelle nazioni del XVIII<br />

secolo e non più ripetuto nemmeno nelle successive<br />

rivoluzioni francese e marxista.<br />

La città era concepita<br />

su pianta circolare<br />

con una<br />

grande piazza al<br />

centro e un sistema<br />

stradale radiale.<br />

L’asse simbolico<br />

principale della<br />

città ipotizzata<br />

allineava una<br />

grandiosa cattedrale, la piazza circolare ed<br />

un teatro, confluendo nel centro del complesso<br />

manifatturiero. Esecutore materiale<br />

<strong>è</strong> Francesco Collecini, aiutante di Luigi<br />

Vanvitelli. In seguito alla Restaurazione il<br />

progetto della neo-città venne accantonato,<br />

anche se si continuarono ad ampliare<br />

industrie ed edifici, tra cui il palazzo del<br />

Belvedere. Il progetto utopico del re<br />

Ferdinando finì con l’Unità d’Italia quando<br />

tutto venne inglobato nel demanio statale,<br />

e lo speciale regime comunitario fu abolito,<br />

ma la tradizione rimane ancora oggi.<br />

I prodotti delle tessiture<br />

di San Leucio<br />

sono rappresentati<br />

oggi da stoffe pregiate<br />

per il rivestimento<br />

di pareti,<br />

divani, sedie, pezzi<br />

d’arredamento e e<br />

altro ancora. Uno<br />

dei pezzi realizzati<br />

appositamente per occasioni particolari <strong>è</strong> il<br />

mantello indossato da Papa Giovanni Paolo<br />

II all’apertura della Porta Santa in occasione<br />

del Giubileo del 2000. La particolarità del<br />

tessuto di San Leucio sta nel fatto che il motivo<br />

ornamentale che troviamo sulla stoffa<br />

viene fisicamente ottenuto attraverso un<br />

intreccio trama\ordito composto da filati di<br />

svariati colori, differenziandosi in maniera<br />

sostanziale dai tessuti cosiddetti “stampati”.<br />

Le composizioni sono ottenute con l’utilizzo<br />

di vari tipi di filato, oltre alla seta, come<br />

cotone, viscosa, lino.<br />

Il rilancio della<br />

produzione e la ricommercializzazione<br />

dell’eccellenza<br />

casertana necessita<br />

di interventi<br />

mirati, com’<strong>è</strong><br />

stato il protocollo<br />

d’intesa tra Comune<br />

e Camera di<br />

Commercio. Sintomatico che l’Alois, una<br />

delle otto aziende rappresentative della<br />

realtà produttiva casertana, <strong>è</strong> fallita per<br />

bancarotta patrimoniale. La flessione del<br />

mercato serico però <strong>è</strong> anche dovuta anche<br />

agli esigui spazi che San Leucio offre.<br />

Motivo, questo, della delocalizzazione<br />

degli stabilimenti. Secondo i rumors,<br />

sarebbe in cantiere un programma tra gli<br />

imprenditori della seta aderenti a<br />

Confindustria e il Comune, che prevede il<br />

restauro dei telai e l’attivazione di corsi di<br />

formazione professionale.

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