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Enea è sbarcata a Portici

Numero 43 - Scuola di Giornalismo - Università degli Studi di Salerno

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8 Domenica<br />

20 marzo 2011 PRIMO PIANO<br />

LUI, LEI E LA NORMALITÀ<br />

Soffrono per amore<br />

stringono amicizie<br />

provano attrazione<br />

Sono seduti a cerchio nella grande sala,<br />

saranno una ventina. Alcuni sono giovani,<br />

altri più vecchi, ci vedono e ci osservano<br />

curiosi. «Chi sono? Cosa vorranno?». Da<br />

lontano una ragazza mi saluta timidamente<br />

con la mano e si avvicina. Comincia<br />

a parlare e mi racconta che in questi<br />

giorni <strong>è</strong> molto triste: «Oggi non volevo<br />

venire. La mia migliore amica ha la polmonite,<br />

<strong>è</strong> a casa. Io senza di lei non posso<br />

stare…». Un’altra si avvicina e mi chiede<br />

se ho il fidanzato; non ho il tempo di<br />

rispondere, che lei: «Non devi fidanzarti,<br />

gli uomini fanno male. Io avevo un ragazzo,<br />

lo amavo, ma<br />

poi ho scoperto<br />

che era sposato…ci<br />

credi? sposato!».<br />

Poi arrivano loro,<br />

la coppietta della<br />

scuola: stanno insieme<br />

da 8 anni.<br />

Lui la abbraccia, lei<br />

lo allontana perché<br />

«in pubblico certe<br />

cose non si possono<br />

mica fare». Lui riparte all’attacco e lei<br />

lo bacia, «cosa devo fare? ha la testa<br />

dura». Persone che soffrono per amore,<br />

persone che istaurano rapporti d’amicizia,<br />

persone che vivono durature relazioni<br />

sentimentali. Musica, dolci e maschere di<br />

Carnevale. E’ tutto così vivo e normale<br />

che <strong>è</strong> facile dimenticarsi i problemi che affliggono<br />

questi ragazzi. «Ma <strong>è</strong> proprio<br />

questo il nostro slogan: normalità».<br />

Cosimo sorride, si alza e va a riaccendere<br />

lo stereo.<br />

La strada per raggiungere “Casa<br />

Giovanna” <strong>è</strong> impervia. A tratti scoscesa<br />

ed accidentata. Via Corte San<br />

Paolo 14, così si legge sulla brochure.<br />

Un sentiero da poco asfaltato<br />

che dista a mala pena un chilometro<br />

dal centro di san Cipriano Picentino.<br />

Jacopo Sannazzaro e Benedetto<br />

Croce sono cresciuti qui,<br />

nel comune dell’entroterra salernitano<br />

di 6.616 abitanti, che imperat<br />

su una delle colline alle pendici o-<br />

rientali del Monte Monna. Il casolare,<br />

dove ha preso forma il sogno<br />

di Giovanna e Cosimo Capogrosso,<br />

<strong>è</strong> un grande edificio suddiviso<br />

in quattro piani. E’ un luogo caldo,<br />

accogliente, arredato in modo<br />

semplice ma funzionale: la giusta<br />

dimensione per regalare una vita<br />

normale a chi sembrerebbe non<br />

poterla avere altrove.<br />

L’associazione di volontariato “Impegno<br />

e Solidarietà”, nata nel 1984<br />

con una legge regionale, vuole dare<br />

un futuro alle persone diversamente<br />

abili tramite metodi di integrazione<br />

e inserimento sociale. All’interno<br />

del centro socio-educativo, i<br />

disabili trascorrono le loro giornate<br />

con i volontari. La mattina uno<br />

A San Cipriano Picentino i disabili hanno “Casa Giovanna”<br />

Cento km al giorno<br />

per vivere il mondo<br />

Assistenza, integrazione e inserimento sociale<br />

dei pulmini della struttura va a<br />

prenderli casa per casa, «il piano di<br />

zona che serviamo – ha spiegato<br />

Cosimo, uno dei fondatori del centro<br />

– <strong>è</strong> costituito da 15 comuni. O-<br />

gni giorno facciamo 100 chilometri<br />

per andare a prendere i nostri<br />

ragazzi». Al seminterrato dell’edificio<br />

c’<strong>è</strong> un grande spazio ricreativo<br />

dove i ragazzi si divertono, ascoltano<br />

la musica e giocano, «<strong>è</strong> importante<br />

che sorridano, qui devono<br />

stare bene altrimenti decidono di<br />

non venire più». Durante la mattinata<br />

i disabili si dividono tra i vari<br />

laboratori di artigianato. «Io li seguo<br />

nel laboratorio di ceramica –<br />

ha spiegato Giusi – riescono ad ottenere<br />

ottimi risultati. Manufatti<br />

originali che poi cerchiamo di vendere.<br />

Ma non <strong>è</strong> facile. Potremmo<br />

guadagnare di più se solo entrassimo<br />

nei canali giusti». Posacenere,<br />

piattini, portaposate, centritavola,<br />

bomboniere: tutto fatto a mano,<br />

frutto del lavoro dei ragazzi che<br />

giorno dopo giorno cercano di capire<br />

cosa vuol dire fare un mestiere.<br />

«Dopo i 18 anni per loro non c’<strong>è</strong><br />

nulla – ha detto Cosimo – se non<br />

riescono a trovare lavoro nelle a-<br />

ziende, la colpa <strong>è</strong> degli imprenditori<br />

che non accettano il fatto che ci<br />

siano persone che producono 100 e<br />

persone che producono 50». La<br />

realtà delle associazioni di volontariato<br />

<strong>è</strong> sempre stata un terreno scivoloso<br />

e, con la crisi, lo <strong>è</strong> ancora di<br />

più. «Fino all’anno scorso – ha continuato<br />

Cosimo – tenevamo in piedi<br />

due progetti: il centro polifunzionale,<br />

finanziato per 20mila euro,<br />

e il centro diurno, per il quale ottenevamo<br />

60mila euro. Il “Centro a-<br />

mico” <strong>è</strong> stato chiuso, <strong>è</strong> rimasto in<br />

vita solo il “Prisma” e il finanziamento<br />

da 60mila euro <strong>è</strong> stato<br />

ridotto a 43. Dobbiamo mantenere<br />

i nostri ragazzi con 8-10 euro al<br />

giorno e non <strong>è</strong> facile». Non <strong>è</strong> facile,<br />

considerando anche il fatto che<br />

Alfonso e Cosimo non si fermano<br />

mai, notte e giorno. Nei piani superiori<br />

dell’edificio ci sono le stanze<br />

dove vengono ospitate le donne in<br />

difficoltà: sono camere piccole, ma<br />

ben arredate. Mi avvicino al letto<br />

di una ragazza e vedo i poster al<br />

muro, i peluche sul letto, le cornici<br />

fotografiche sulla scrivania. Niente<br />

di diverso dalla stanza di una normale<br />

adolescente. E mi dico: «Sì,<br />

sono riusciti nel loro intento. Qui<br />

regna la normalità». Salutiamo i<br />

ragazzi e ci avviamo alla macchina.<br />

La strada <strong>è</strong> la stessa dell’andata, ci<br />

sono le stesse buche e gli stessi<br />

disagi nel tragitto. Ma ciò che ci<br />

alleggerisce <strong>è</strong> l’entusiasmo, o<br />

meglio il contagio dell’entusiasmo<br />

di chi passa la propria vita ad aiutare<br />

gli altri.<br />

Pagina a cura di<br />

GIORGIA MENNUNI<br />

Alfonso, uno dei fondatori<br />

«Questa<br />

<strong>è</strong> la mia<br />

famiglia»<br />

«Cosimo <strong>è</strong> centomila volte meglio di me»,<br />

così Alfonso Pinto ha esordito prima di<br />

farci accomodare nella struttura. «Lui <strong>è</strong><br />

un vero cristiano, fa entrare e aiuta chiunque<br />

venga a bussare alla porta. Io no, sono<br />

un po’ più razionale e cauto. Ho paura<br />

di non essere preparato…io voglio aiutare<br />

le persone che vengono qui, voglio veramente<br />

che comincino a vivere». Alfonso e<br />

Cosimo si sono conosciuti da giovani perché<br />

entrambi facevano parte del mondo<br />

del volontariato. Alfonso ha una figlia diversamente<br />

abile ed ha sempre lottato<br />

contro tutto e tutti per farle vivere un vita<br />

normale e più che dignitosa. «Conosco<br />

bene le associazioni di volontariato e tutto<br />

quello che c’<strong>è</strong> dietro», ha spiegato. «Esistono<br />

i volontari puri, ossia quelli che<br />

fanno del bene disinteressatamente, e poi<br />

esistono quelli<br />

che – con la<br />

maschera del<br />

volontariato<br />

– creano cooperative<br />

e diventano<br />

imprenditori<br />

sociali.<br />

E’ vero<br />

che l’ambito<br />

in cui lavorano<br />

le cooperative<br />

<strong>è</strong> le<br />

associazioni <strong>è</strong><br />

lo stesso, ma da un lato c’<strong>è</strong> il profitto e<br />

dall’altro no».<br />

Le due anime di “Casa Giovanna” sono<br />

due uomini appassionati e devoti al<br />

prossimo. Fanno una vita di stenti e privazioni<br />

perché tutto ciò che riescono a<br />

racimolare lo mettono da parte per i loro<br />

ragazzi. Per Alfonso e Cosimo i disabili<br />

del centro non sono pazienti. Sono i loro<br />

figli, i loro fratelli, i loro genitori. «Siamo<br />

qui per i nostri ragazzi e l’unica cosa che<br />

conta per noi <strong>è</strong> vederli felici. Guardate,<br />

non vi sembrano felici?». Dal piano di<br />

sotto di sentono risate a non finire e musica<br />

ad alto volume. Scendiamo le scale,<br />

ci sediamo vicino ai ragazzi e festeggiamo<br />

il carnevale con loro. Ci bastano pochi<br />

minuti per renderci conto che «Sì.<br />

Eccome se ci sembrano felici».<br />

Il sogno dei Capogrosso<br />

«Al Nord<br />

tutto<br />

<strong>è</strong> diverso»<br />

Un amore da cui <strong>è</strong> nato amore. Dopo il<br />

matrimonio, Giovanna e Cosimo Capogrosso<br />

hanno deciso di adottare una bambina,<br />

Paola, affetta da spasticità. Che futuro –<br />

si sono chiesti – potrà mai vivere nostra<br />

figlia? La coppia ha preso armi e bagagli ed<br />

<strong>è</strong> partita per il Nord Italia. «Quella <strong>è</strong> stata la<br />

svolta – ha raccontato Cosimo – perché abbiamo<br />

conosciuto i centri socio-educativi».<br />

Sono strutture dove i ragazzi trascorrono il<br />

tempo divertendosi e imparando un mestiere<br />

nei laboratori di artigianato. «La cosa<br />

che colpì di più me e mia moglie fu il fatto<br />

che i disabili dei centri non si dovevano<br />

preoccupare di vendere i loro manufatti<br />

perché ciò che essi producevano era stato<br />

loro affidato in subappalto da imprese e-<br />

sterne. Ricordo una struttura in Toscana<br />

che si manteneva con le commesse pagate<br />

da un’impresa<br />

regionale, per<br />

la quale i disabili<br />

del centro<br />

assemblavano<br />

plafoniere.<br />

Un’altra struttura<br />

aveva la<br />

gestione del<br />

verde pubblico,<br />

un’altra ancora<br />

la pulizia<br />

dei cimiteri».<br />

Tornati a casa,<br />

la coppia ha dato vita all’associazione<br />

“Impegno e Solidarietà”. Ma, ben presto,<br />

Giovanna e Cosimo si sono accorti che la<br />

realtà campana <strong>è</strong> ben diversa da quella vista<br />

e ammirata al Nord: «I lavori che lì sono<br />

lasciati ai disabili qui al Sud vengono<br />

eseguiti da persone normali che non riescono<br />

ad arrivare a fine mese».<br />

Al Sud, l’unica possibilità di sopravvivenza<br />

per una struttura socio-educativa, come<br />

spiega Cosimo, <strong>è</strong> l’assoggettamento a un<br />

centro di riabilitazione perché in questo<br />

modo <strong>è</strong> finanziata dalle Asl. «Altrimenti –<br />

ha spiegato – il centro diurno si deve trasformare<br />

in polifunzionale: i disabili vengono<br />

assistiti per un paio d’ore e poi vengono<br />

riportati a casa e abbandonati a loro<br />

stessi. Noi non vogliamo questo, desideriamo<br />

dare loro una vita normale».

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