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SCHERMO ><br />

VISTA LAGO<br />

DI BErnArDInO MArInOnI<br />

Un insolito doppio gioco<br />

che non teme confronti<br />

Alberto Anzani, alla sua seconda prova <strong>di</strong> regista, cita anche 007:<br />

Villa Gaeta, a San Siro, è la stessa utilizzata per «Casino Royale»<br />

Il tono della farsa predomina, ma c’è un tenero risvolto familiare<br />

Il product placement del Casinò Campione d’Italia è funzionale alla trama <strong>di</strong> «Jogo<br />

duplo», il cui protagonista è uno scrittore che gioca d’azzardo. Non per caso dunque<br />

nel titolo del film <strong>di</strong> Alberto Anzani c’è la parola gioco. D’accordo, in portoghese; però<br />

non per esotismo: la comme<strong>di</strong>a si svolge dapprima tra <strong>La</strong>rio e Ceresio, ma si conclude<br />

(maliziosamente) su un’isola delle Azzorre e gli enti locali lusitani devono essere sponsor<br />

più sensibili dei nostri. Insomma c’è <strong>di</strong> che giustificare il titolo, ma anche i <strong>di</strong>aloghi<br />

dove si alternano portoghese e italiano secondo gli eventi <strong>di</strong> un canovaccio nel<br />

quale si ritrovano due gemelli - gioco doppio, evidentemente - che forniscono grezza<br />

materia prima per equivoci e scambi <strong>di</strong> identità in una paro<strong>di</strong>a del cinema d’azione.<br />

Sono coinvolti poliziotti e sicari, oltre alla corte <strong>di</strong> un emissario malavitoso, e una<br />

ragazza (per due, dopo un matrimonio da non celebrare e un funerale per finta) più<br />

<strong>di</strong> tutti. Ma questo succede alle Azzorre; l’ambientazione comasca riguarda invece la<br />

prima parte del film: uno scorcio del Duomo, e uno del Casinò, interni della casa da<br />

gioco ed esterni lariani, comprensivi <strong>di</strong> fuga e inseguimento ad<strong>di</strong>rittura in motoscafo:<br />

non per niente la location <strong>di</strong> Villa Gaeta, a San Siro, è quella stessa utilizzata da James<br />

Bond in «Casino Royale». Delle riprese lacustri Anzani regista si compiace così come<br />

della doppia parte che si riserva, non esitando ad apparire fortunosamente abbigliato<br />

con un pigiama femminile, ma anche apertamente en travesti quando «Jogo duplo»<br />

inclina espressamente alla farsa. Estemporaneo produttore, come già <strong>di</strong> «Sul confine»,<br />

storia <strong>di</strong> contrabban<strong>di</strong>eri dalle ambizioni realistiche con cui aveva esor<strong>di</strong>to nella<br />

regia trasferendo sullo schermo un proprio libro, adesso Alberto Anzani, <strong>di</strong> nuovo<br />

autore anche della sceneggiatura, passa da una parte all’altra dell’obiettivo rasentando<br />

la temerarietà. In «Jogo duplo» però lo sospinge la “grande gioia” della paternità: ha<br />

avuto due gemelli, che non esita a mostrare, e nei quali il suo personaggio si sdoppia:<br />

il giocatore d’azzardo fuggiasco e il fratello chef (in un ristorante <strong>di</strong> Cernobbio, si<br />

precisa) finiscono nel letto della stessa donna sull’isola <strong>di</strong> Terceira. Non si può <strong>di</strong>re che<br />

il regista, e adesso anche attore, manchi <strong>di</strong> temperamento: capace <strong>di</strong> adunare amici,<br />

prima e più che collaboratori, per una festosa intrapresa italo-portoghese, girando per<br />

allegria un film che appare come una rimpatriata in technicolor e trasforma anche<br />

riprese <strong>di</strong> famiglia in immagini a 35 millimetri.<br />

Colazione al Segrino<br />

per il cinema italiano<br />

In riva al lago del Segrino Gabriele Salvatores<br />

ha girato la sequenza <strong>di</strong> un picnic ambientato<br />

negli anni sessanta. Forse una gita fuori<br />

porta, pare per un cortometraggio del regista<br />

che giusto l’anno scorso aveva presentato a<br />

Venezia «Sessanta», evocazione dell’epoca tra<br />

reperti documentari e ricostruzioni. Sul lago<br />

brianzolo non sarà stato il primo, però, ad<br />

approdare: nel 1942 vi aveva esor<strong>di</strong>to Renato<br />

Castellani per una delle sequenze considerate<br />

più riuscite <strong>di</strong> «Un colpo <strong>di</strong> pistola», con Fosco<br />

Giachetti e Assia Noris tra gli interpreti. <strong>La</strong><br />

pellicola s’ispira al duello per amore <strong>di</strong> una<br />

donna, da un racconto <strong>di</strong> Aleksandr Puskin;<br />

s’ambienta dunque nella Russia ottocentesca e<br />

la scena <strong>di</strong> pattinaggio su un lago gelato che<br />

apre il film appare massimamente accurata:<br />

coppie in costume sul ghiaccio e altre che<br />

le guardano in un paesaggio sfumato ad<br />

arte. Ma il paesaggio è quello del Segrino e<br />

il lago fornì uno scenario naturale - superficie<br />

ghiacciata, rive imbiancate - per gli esterni.<br />

Forse a in<strong>di</strong>care il lago furono, da coautori<br />

della sceneggiatura, Mario Bonfantini e Mario<br />

Soldati, l’anno dopo «Piccolo mondo antico»<br />

e in quello stesso 1942 <strong>di</strong> «Malombra» cui<br />

attesero insieme a Castellani, non ignorando<br />

che per il suo più inquietante romanzo Antonio<br />

Fogazzaro pensava proprio al Segrino.<br />

Il cinema forse si sentiva in debito, saldato<br />

con «Un colpo <strong>di</strong> pistola».<br />

(be. ma.)

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