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PA.OLO BRIL SCONOSCIUTO

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La morte era in agguato. Il poeta non aveva pronullzi at o anen....<br />

le ultime parole, che cadde riverso. Soccorso e trasportato all'os ",.<br />

tanto qi S. cmquantun ~ntonio sull'Esquilin~,vi anno e seI mesI. ~i spensepocheore dopo.Ave:~<br />

Nato a Trani dall'avvocato Giuseppe e dalla si gnora ~I a '<br />

'VI nanna<br />

Antonacci il 6 ottobre 1858,si era laureato in legge ed avevasposa<br />

nel 1884,la baronessinaEvelina Dell'Agli-Cetti, morta di coleraso~<br />

due anni dopo, insieme al fìglioletto Peppino. Venuto a Roma quale<br />

funzionario del Fondo per il Culto, avevacontratto nuovo matrimonio<br />

con Caterina Conti, da cui aveva avuto tre figli: un altro Peppino<br />

morto nel 1893,una Renata morta nel 1907e una Lidia chegli SOprav_<br />

visse. Ma anche la secondamoglie si spensenel 1907; ed egli, già<br />

quarantenne, sposòAmelia de Camillis di Civitaquana, che gli diede<br />

Fulvio: il figlio desideratissimoa cui avevadiretto le rime stroncategli<br />

sullè labbra dalla morte.<br />

Alla morte, pur in tanto fervore di vita e di sogni, egli pensava<br />

spesso.Un suo sonetto suona come un testamento:<br />

Quattro il sonno mio grande alabardieri<br />

La prima notte veglieran silenti.<br />

Oh, le alabarde dalle lancie ardenti!<br />

Oh, la guardia spettral de' quattro ceri!<br />

Per essi anche una volta, i sogni alteri<br />

Fiammeggeranno agli occhi, agli occhi spenti,<br />

Cui tutti ardean di soli i firmamenti<br />

Come di ancor non conquistati impe1'i.<br />

Ma la pallida fronte, inonorata<br />

Di ramo dalle sempre verdi fronde,<br />

Rimpiangerà !'inutile giornata.<br />

E invan poi, perché tardo e perché muto,<br />

Nascerà dalle ceneri infeconde<br />

Il rimorso del mio giorno perduto ».<br />

Di Nicola Marchese fu pubblicato postumo un volume presto esaurito<br />

ed ora introvabile; ma penso che sia doveroso ricordare l'opera<br />

sua a noi vecchi che la dimenticammo, ai giovani che la ignor~no.<br />

E perciò riporto qui qualche sua lirica di schietta ed alta is~irazlone<br />

romana; e molte più vorrei trascriverne se lo spazio consentisse.<br />

GUSTAVO BRIGANTE C<strong>OLO</strong>NNA<br />

22 marzo 1901<br />

LA BARCACCIA<br />

Là, dove l'onda d'Agrippa ristagna<br />

nella bonaccia di Piazza di Spagna,<br />

immota sta nell'immota bonaccia,<br />

vecchio Bernini, la vostra Barcaccia.<br />

Poi che, sguernita di remi e d'antenne,<br />

la tien la tiene un letargo perenne,<br />

dorme al gran sole e non sogna burrasca,<br />

dorme alle stelle nel sen della vasca.<br />

Non forse, un maggio, alla Spagna dei Mori<br />

essa approdava per caricar fiori?<br />

Non di là venne di fiori sì carca,<br />

che ancor ne sbarca ne sbarca ne sbarca?<br />

Non essa, dunque, al ritorno del maggIO,<br />

muove il talento d'un altro viaggio?<br />

Invano: irrompe da più dI una falla<br />

l'acqua, ed a pena sorreggesi a galla.<br />

Né calafato al burchiel che periglia<br />

di stoppa e pece rimpalma la chiglia;<br />

né Propaganda, il cantier della fede,<br />

guarda; o la barca dei fiori non vede.<br />

Nel plenilunio, essa Cadice sogna<br />

e l'ardor bianco de la Catalogna:<br />

salgono, allora, per l'alta marea,<br />

onde di fiori l'argentea scalea.<br />

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