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INDICI 1994 ~ 2005 - The Historical Diving Society Italia

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Montella, Gouarin, Rabault, Coantic, il Cap. Spina e Melegari. Consegna delle medaglie d’oro alla memoria dei palombari Gianni, Franceschi<br />

e Bargellini.<br />

280. FAUSTOLO RAMBELLI - VITTORIO GIULIANI RICCI - PIERO COSTA, L’originale del “Cristo degli<br />

abissi” ritrovato. n. 26, p. 9 - 15<br />

Cronaca (bilingue, in italiano e inglese) dalla gestazione dell’idea di Duilio Marcante ai recenti danni subiti dalla statua sommersa. Il casuale ritrovamento<br />

dell’opera originale plasmata in gesso dallo scultore Guido Galletti nel 1954. La fusione in bronzo e la collocazione a San Fruttuoso<br />

il 29 agosto 1954. Tre copie della statua sono: nella piazza principale di St. George, capitale dell’isola Grenada, nei fondali del “John Pennekamp<br />

Coral Reef Park” a Key Largo in Florida e all’interno della chiesa di San Fruttuoso. Il 24 giugno <strong>1994</strong> viene collocata una piccola statua della<br />

Madonna sul relitto della piattaforma “Paguro” per iniziativa di Rambelli e Giuliani Ricci ed è durante una delle loro visite alla fonderia Brustolin<br />

di Verona che scoprono, abbandonati, vari pezzi in gesso della statua originale del “Cristo” che, riconosciuta, viene ricomposta e portata<br />

al Museo delle attività subacquee di Marina di Ravenna in una apposita sala dedicata.<br />

illustrazioni:<br />

Guido Galletti intento a plasmare la statua nel 1954. (foto) p. 9.<br />

La “Madonnina del Paguro” posizionata sul relitto nel 1993. (foto) p. 10.<br />

I pezzi del “Cristo degli abissi” al momento del ritrovamento nel 1993. (foto) p. 11.<br />

Il ritrovamento delle braccia, prive di mani. (foto) p. 12.<br />

La rimozione della statua per il trasporto a Ravenna. (foto) p. 13.<br />

La statua esaminata da un tecnico della Soprintendenza. (foto) p. 13.<br />

La casa privata dove la statua è rimasta dal 1996 al 1998. (foto) p. 14.<br />

Lo scultore Mauro Bartolotti intento alla ricostruzione delle mani della statua. (foto) p. 14.<br />

La sala dedicata al “Cristo degli abissi” al museo di Marina di Ravenna. (foto) p. 15.<br />

281. GIANCARLO BARTOLI, Storia dell’evoluzione delle camere iperbariche. n. 26, p. 16 - 19<br />

Dopo aver individuato la “malattia dei cassoni”, verso la metà dell’800, l’embolia gassosa alla quale andavano soggetti palombari e cassonisti, apparvero<br />

le prime attrezzature iperbariche consistenti in locali dove le pressioni in gioco erano molto basse: intorno a 1 atmosfera. All’inizio del<br />

‘900 appaiono le prime attrezzature individuali cilindriche e cominciano a diffondersi in seguito al progredire delle attività subacquee sviluppandosi<br />

nelle dimensioni e permettendo una ricompressione a 10 atmosfere. Nel 1938 i Cantieri di Riva Trigoso costruiscono le camere iperbariche<br />

per la Marina Militare. Intorno al 1950 nascono le prime camere iperbariche pluriposto che avranno sviluppo tecnologico anche per le necessità<br />

delle compagnie petrolifere con gli impianti di trivellazione sottomarina. L’impiego del trattamento iperbarico nella medicina generale porta<br />

alla costruzione di vari impianti, sempre più sofisticati, per la cura di varie patologie, attrezzature che - dopo il tragico avvenimento del 1997<br />

che causò la morte di 11 persone - sono soggette a precise prescrizioni di sicurezza.<br />

illustrazioni:<br />

Camera monoposto di Drager. (incisione) p. 16.<br />

Camera iperbarica M.M.I. 1938. (disegno) p. 17.<br />

Schema di cassone per lavori subacquei. (disegno) p. 18.<br />

Camera iperbarica pluriposto Drass 1969. (foto) p. 19.<br />

Interno di una moderna camera iperbarica. (foto) p. 19.<br />

282. BORIS GIANNACCINI, La scuola palombaristica viareggina. n. 26, p. 20 - 25<br />

Interessante cronistoria della scuola viareggina, destinata a primeggiare nel mondo, che parte dalla situazione sociale di Viareggio nel XIX<br />

secolo con i problemi per trovare lavoro negli ambienti marittimi che indirizzano alcuni personaggi alla Scuola palombari del Varignano con<br />

la prospettiva di poter svolgere una attività più redditizia di quella di un semplice marinaio. Nasce così la scuola che avrà il capo carismatico<br />

in Alberto Gianni che, dopo 10 anni di navigazione, richiamato, ottiene di essere associato alla Scuola del Varignano e presta la propria opera<br />

durante la prima guerra mondiale all’Arsenale de La Spezia. Per il recupero di un sommergibile andato a picco a 34 metri, felicemente riuscito<br />

in sette ore di immersione, viene colpito da embolia; sopravvive dopo una lunga degenza ma perde l’udito dall’orecchio destro. Segue la cronaca<br />

di tanti recuperi e l’elenco dei suoi numerosi allievi. Finita la guerra e armate con alterna fortuna varie navi di recupero, avviene la svolta con<br />

innumerevoli invenzioni - fra le quali la torretta butoscopica - e modifiche ad apparecchi esistenti fino alla nascita, nel 1926, della So.Ri.Ma.<br />

con la storica flotta dell’ “Artiglio”, il “Rostro”, il “Raffio” e l’ “Arpione”. Il 7 dicembre 1930 Alberto Gianni con Aristide Franceschi e Alberto<br />

Bargellini salta in aria con l’ “Artiglio” durante un ennesimo recupero.<br />

illustrazioni:<br />

Il porto di Viareggio alla fine dell’800. (foto) p. 20, n. 1.<br />

Alberto Gianni all’inizio della carriera da palombaro. (foto) p. 21, n. 2.<br />

La flottiglia della So.Ri.Ma. nelle acque di Camogli. (foto) p. 22, n. 3.<br />

Alberto Gianni accanto alla torretta. (foto) p. 22, n. 4.<br />

La torretta, monumento ai palombari dell’Artiglio, in Darsena a Viareggio. (foto) p. 23, n. 5.<br />

Le zanne di elefante recuperate dall’Elizabethville. (foto) p. 23, n. 6.<br />

Il Savoia Marchetti S.65 recuperato nel lago di Garda. (foto) p. 24, n. 7.<br />

Alberto Gianni con la cassaforte dell’Egypt. (foto) p. 25, n. 8.<br />

Aristide Franceschi, Alberto Gianni e Alberto Bargellini. (foto) p. 25, n. 9.<br />

283. FAUSTOLO RAMBELLI, Palombaro, una parola misteriosa. n. 26, p. 26 - 28<br />

Attenta indagine linguistica ed etimologica attraverso antichi testi e accreditati studiosi per individuare l’origine della parola. Proposte le varie<br />

derivazioni da “palombo” a “palomba” (la cima dell’ancora) e la sinonimia con ‘marangone’ (il cormorano, l’uccello tuffatore) con una trattazione<br />

parallela del termine ‘scafandro’ che sembra derivare dal francese dopo l’etimo greco “barca-uomo”. Nessuna delle ipotesi soddisfa la ricerca e il<br />

mistero etimologico, quindi, rimane.<br />

illustrazioni:<br />

Cartolina postale del 1935 ca. con un palombaro in balia del fascino di una sirena. (cartolina) p. 28.<br />

284. FABIO VITALE, Attività HDS. Eudi Show 2003. n. 26, p. 29 - 30<br />

Disamina della partecipazione dell’HDSI alla manifestazione veronese con una rassegna delle attrezzature Galeazzi, compreso lo scafandro<br />

articolato del 1950 e la torretta butoscopica. Esposti orologi e strumentazione Panerai e un consistente book-shop con novità librarie e libri da<br />

collezione. Visita di Luigi Ferraro e di Raimondo Bucher che festeggia i 91 anni da poco compiuti.<br />

illustrazioni:<br />

Giancarlo Bartoli e Fabio Vitale al book-shop. (foto) p. 29.<br />

Il classico scafandro da palombaro. (foto) p. 29.<br />

Lo scafandro articolato Galeazzi degli anni ‘50. (foto) p. 29.<br />

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