il Trottatore - ottobre 2009

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Una ventina di anni fa, più o meno, andare a Cesena per il Campionato Europeo che era per noi giornalisti una sorta di gioioso prolungamento del periodo vacanziero. Perché allora, il “trio virtuosistico” Tomaso Grassi, Bruno Pasini e Augusto Calzolari passava notti insonni per studiare un programma di accoglienza che superasse di volta in volta quelli pure esaltanti degli anni precedenti. L’anno di cui vi parlo è, nel caso mio, il 1977. Già dal pomeriggio del venerdì a Cesenatico (con la padella di frutti di mare che solo lì sanno portarti in tavola), poi al sabato, con aria frizzante ma con sole già caldo, ci ritrovammo (organizzatori e giornalisti) sulla banchina dell’impareggiabile porto canale dovuto al genio di Leonardo. In nostra attesa, due battelli. Salimmo su uno dei due (e furono subito stuzzichini tipo piadina, crocchette, albana fresco e secco), e, con la moglie, o la compagna, chi ce l’aveva, ci spaparacchiammo a poppa, chi sulle sdraie e chi sui cuscini del lungo bordo. Dall’altoparlante ci parlò una voce con la romagnola esse a striscio: “Quest’anno, amici, si va a pescare”. Ne fui felice. Ed allora subentrano i ricordi. Da scolaro delle elementari, ricordo (avrò avuto sette-otto anni) d’estate, nella grande villa in affitto a San Fermo di Varese (dall’ippodromo salivano fino a noi i cavalli delle Bettole) la sveglia suonava alle tre e mezzo, perché alle cinque del mattino dovevamo essere già sul lago di Varese alla Schiranna, regno incontestato del persico reale (il bateau) e del feroce e fortissimo luccio. Il pescatore dava ad ognuno di noi la sua dirlindana ramata e lucente da sciogliere in acqua, con tanto di esche e ami. Si pescava bene. Una volta, ricordo ancora, un luccio da tredici chili per poco non ci faceva rovesciare la barca, ma tenemmo duro e lo portammo a casa, insieme coi persici. Mia madre. Tanto bella quanto brava, sapeva come cucinarli. Ma torniamo al battello partito da Cesenatico, con gli uomini in costume, le donne già scoperte al “dio” abbronzante. Faceva caldo. Raggiungemmo il largo, tra uno spuntino e un’ingozzata. L’altro battello si affiancò al nostro, sistemandoglisi in parallelo. I capipesca fecero tirare un’immensa rete tra due scafi. Alici e pesci azzurri, sott’acqua tremavano come se fossero già in padella. Poco dopo mezzogiorno, la rete fu tirata. Una cascata d’argento si riversò sui battelli: “Saranno due quintali” disse, uno dei pescatori. Quelli che non riusciremo a mangiare, stasera li porteremo alle opere pie. Non andranno sciupati. Arrivò l’ora della colazione. Le donne apparecchiarono lunghe tavole sottocoperta; altre donne (braccia romagnole per mattarelli stendipasta all’uovo) cominciarono a friggere il pesce ed a cuocerlo arrosto. 28 QUELLA VOLTA CHE... (da “Il Trottatore n. 5/1995) di Alberto Giubilo Ma prima c’erano le lasagne mandate da “Casali”. Poi il pesce, come si dice a Roma “cotto e mangiato”. Faceva caldo; ma i malati del liscio misero su dischi con valzerini, tanghi e mazurchine. Potevi non ballare? Mi ritrovai sudato fradicio. Avvertii il bisogno di un po’ d’aria. Così come ero, salii la scaletta, mi trovai sovracoperta, preso d’infilata da un vento piacevole ma fresco. Ero a torso nudo. Il sudore si raggelò. Ultimata la gita, tutti più o meno ebbri di sole e di albana, ritorno in albergo per una rinfrescata prima della serata di gala (un punto fermo e tradizionale del Campionato) ovviamente al Ristorante cosiddetto della “dittatura gastronomica”. Come ormai da tanti anni , toccò a me la presentazione, con relativa consegna di premi. Era notte alta quando torno a letto. Volevo domandare a mia moglie “colazione in camera o in sala?” ma mi accorsi, terrorizzato, che non avevo voce. Afono. E la sera avevo la telecronaca, prevedibilmente articolata in due prove e bella. A Cesena, per fortuna mia, tutti mi volevano un gran bene. Maria fece due o tre telefonate: e Tomaso, Bruno, Augusto e il Clan Casali, anche se era domenica, ci rimediarono spruzzi, supposte, pastiglie. Furono dosi massicce, ma a sera (mancava poco all’ora delle corse) di voce non ce n’era quasi niente. Ancora uno sciacquo, ancora una spruzzata di spray, finì che uscii un po’ tardi dall’albergo. Strada facendo per il Savio, poi, un traffico della malora. Quando arrivai alla mia postazione televisiva, i cavalli della “prima” stavano già sgambando da parecchio, i faretti dalla ripresa già accesi, i tecnici RAI-TV preoccupati. Provai a parlare. Quasi tra i denti la protezione in gomma del microfono, qualche cosa di comprensibile venne fuori; e spiegai a tutti dell’improvvisa afonia da pesca d’altura. Quella prima prova, ricordo, la vinse un cavallo che mi era particolarmente caro, The Last Hurrah, anche per appartenere a vecchi fraterni amici come i Brotini (il “Paron” Luciano, il fratello Remo, i figli Antonio e Andrea) creatori della Ditta Pakerson. Rivolsi una preghiera a The Last Hurrah, con poscritto per Vivaldo “Decione” Baldi: “Cerca di vincere anche la seconda prova “. Cavallo e guidatore penso, s’immedesimarono nel dramma del telecronista afono. The Last Hurrah, chiamato così perché l’aveva allevato un americano quasi novantenne, vinse anche la seconda prova, sia pure arrecando un dispiacere alla Cesenate, che contava sulla bella per ulteriori spettacolo e scommesse. Io, con un fil di voce, riuscii a raccontare anche la seconda impresa di The Last. E in quel di Quarrata, nell’ospitale casa di Vivaldo, spesso argomento delle rustiche splendide cene era il ricordo di quella sera al Savio, in cui The Last Hurrah mi aveva salvato la faccia!
Da Tedo a Mint di Jesolo, tra Derby e genealogie Vent’anni di Derby del trotto, un amarcord che è un viaggio nel tempo con punto di partenza il 1970. L’anno di Mexico, un mondiale di calcio in altura e quel memorabile 4-3, “ultimo minuto del secondo tempo supplementare di una meravigliosa partita”, la voce di Nando Martellini, Boninsegna che va sull’out di sinistra e crossa, arriva Rivera e Maier è battuto, Riva e il golden boy che si abbracciano. Gli azzurri allenati da un galantuomo, Ferruccio Valcareggi, sono in finale con il Brasile di Pelè. Estate di quasi quarant’anni fa. Il trotto di quel periodo è in un nome. La meglio Italia a quattro zampe, una criniera al vento e un ovale di sabbia rappresentata da Tedo che Fairbank Gi, vincitore del Derby 2005 guidato da Giuseppe Pietro Maisto di Paolo Allegri vince il Nastro Azzurro. E’ un figlio di Hit Song, un continuatore di Scotland. Ed è la famiglia di questo razzatore statunitense che in quel decennio si assicura un predominio nella classicissima del trotto italiano. Perchè dodici mesi più tardi a Tor di Valle si afferma Freddy che nasce da una figlia di Mistero e da Safe Mission, consanguineo di Sco- 29
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