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Una ventina di anni fa, più o meno, andare a Cesena<br />
per <strong>il</strong> Campionato Europeo che era per noi giornalisti<br />
una sorta di gioioso prolungamento del periodo<br />
vacanziero. Perché allora, <strong>il</strong> “trio virtuosistico” Tomaso<br />
Grassi, Bruno Pasini e Augusto Calzolari passava notti<br />
insonni per studiare un programma di accoglienza che superasse<br />
di volta in volta quelli pure esaltanti degli anni<br />
precedenti. L’anno di cui vi parlo è, nel caso mio, <strong>il</strong> 1977.<br />
Già dal pomeriggio del venerdì a Cesenatico (con la padella<br />
di frutti di mare che solo lì sanno portarti in tavola),<br />
poi al sabato, con aria frizzante ma con sole già caldo, ci<br />
ritrovammo (organizzatori e giornalisti) sulla banchina<br />
dell’impareggiab<strong>il</strong>e porto canale dovuto al genio di Leonardo.<br />
In nostra attesa, due battelli. Salimmo su uno dei due (e<br />
furono subito stuzzichini tipo piadina, crocchette, albana<br />
fresco e secco), e, con la moglie, o la compagna, chi ce<br />
l’aveva, ci spaparacchiammo a poppa, chi sulle sdraie e<br />
chi sui cuscini del lungo bordo. Dall’altoparlante ci parlò<br />
una voce con la romagnola esse a striscio: “Quest’anno,<br />
amici, si va a pescare”. Ne fui felice.<br />
Ed allora subentrano i ricordi. Da scolaro delle elementari,<br />
ricordo (avrò avuto sette-otto anni) d’estate, nella grande<br />
v<strong>il</strong>la in affitto a San Fermo di Varese (dall’ippodromo<br />
salivano fino a noi i cavalli delle Bettole) la sveglia suonava<br />
alle tre e mezzo, perché alle cinque del mattino dovevamo<br />
essere già sul lago di Varese alla Schiranna, regno<br />
incontestato del persico reale (<strong>il</strong> bateau) e del feroce<br />
e fortissimo luccio. Il pescatore dava ad ognuno di noi la<br />
sua dirlindana ramata e lucente da sciogliere in acqua,<br />
con tanto di esche e ami. Si pescava bene.<br />
Una volta, ricordo ancora, un luccio da tredici ch<strong>il</strong>i per<br />
poco non ci faceva rovesciare la barca, ma tenemmo duro<br />
e lo portammo a casa, insieme coi persici. Mia madre.<br />
Tanto bella quanto brava, sapeva come cucinarli.<br />
Ma torniamo al battello partito da Cesenatico, con gli uomini<br />
in costume, le donne già scoperte al “dio” abbronzante.<br />
Faceva caldo. Raggiungemmo <strong>il</strong> largo, tra uno<br />
spuntino e un’ingozzata. L’altro battello si affiancò al nostro,<br />
sistemandoglisi in parallelo.<br />
I capipesca fecero tirare un’immensa rete tra due scafi.<br />
Alici e pesci azzurri, sott’acqua tremavano come se fossero<br />
già in padella. Poco dopo mezzogiorno, la rete fu tirata.<br />
Una cascata d’argento si riversò sui battelli: “Saranno due<br />
quintali” disse, uno dei pescatori.<br />
Quelli che non riusciremo a mangiare, stasera li porteremo<br />
alle opere pie. Non andranno sciupati. Arrivò l’ora<br />
della colazione. Le donne apparecchiarono lunghe tavole<br />
sottocoperta; altre donne (braccia romagnole per mattarelli<br />
stendipasta all’uovo) cominciarono a friggere <strong>il</strong> pesce<br />
ed a cuocerlo arrosto.<br />
28<br />
QUELLA VOLTA CHE...<br />
(da “Il <strong>Trottatore</strong> n. 5/1995) di Alberto Giub<strong>il</strong>o<br />
Ma prima c’erano le lasagne mandate da “Casali”. Poi <strong>il</strong><br />
pesce, come si dice a Roma “cotto e mangiato”. Faceva<br />
caldo; ma i malati del liscio misero su dischi con valzerini,<br />
tanghi e mazurchine. Potevi non ballare? Mi ritrovai<br />
sudato fradicio. Avvertii <strong>il</strong> bisogno di un po’ d’aria.<br />
Così come ero, salii la scaletta, mi trovai sovracoperta,<br />
preso d’inf<strong>il</strong>ata da un vento piacevole ma fresco. Ero a<br />
torso nudo. Il sudore si raggelò. Ultimata la gita, tutti più<br />
o meno ebbri di sole e di albana, ritorno in albergo per<br />
una rinfrescata prima della serata di gala (un punto fermo<br />
e tradizionale del Campionato) ovviamente al Ristorante<br />
cosiddetto della “dittatura gastronomica”. Come ormai da<br />
tanti anni , toccò a me la presentazione, con relativa consegna<br />
di premi.<br />
Era notte alta quando torno a letto. Volevo domandare a<br />
mia moglie “colazione in camera o in sala?” ma mi accorsi,<br />
terrorizzato, che non avevo voce. Afono. E la sera avevo<br />
la telecronaca, prevedib<strong>il</strong>mente articolata in due prove<br />
e bella.<br />
A Cesena, per fortuna mia, tutti mi volevano un gran bene.<br />
Maria fece due o tre telefonate: e Tomaso, Bruno, Augusto<br />
e <strong>il</strong> Clan Casali, anche se era domenica, ci rimediarono<br />
spruzzi, supposte, pastiglie. Furono dosi massicce,<br />
ma a sera (mancava poco all’ora delle corse) di voce non<br />
ce n’era quasi niente. Ancora uno sciacquo, ancora una<br />
spruzzata di spray, finì che uscii un po’ tardi dall’albergo.<br />
Strada facendo per <strong>il</strong> Savio, poi, un traffico della malora.<br />
Quando arrivai alla mia postazione televisiva, i cavalli della<br />
“prima” stavano già sgambando da parecchio, i faretti<br />
dalla ripresa già accesi, i tecnici RAI-TV preoccupati.<br />
Provai a parlare. Quasi tra i denti la protezione in gomma<br />
del microfono, qualche cosa di comprensib<strong>il</strong>e venne fuori;<br />
e spiegai a tutti dell’improvvisa afonia da pesca d’altura.<br />
Quella prima prova, ricordo, la vinse un cavallo che mi<br />
era particolarmente caro, The Last Hurrah, anche per appartenere<br />
a vecchi fraterni amici come i Brotini (<strong>il</strong> “Paron”<br />
Luciano, <strong>il</strong> fratello Remo, i figli Antonio e Andrea)<br />
creatori della Ditta Pakerson.<br />
Rivolsi una preghiera a The Last Hurrah, con poscritto<br />
per Vivaldo “Decione” Baldi: “Cerca di vincere anche la<br />
seconda prova “. Cavallo e guidatore penso, s’immedesimarono<br />
nel dramma del telecronista afono. The Last Hurrah,<br />
chiamato così perché l’aveva allevato un americano<br />
quasi novantenne, vinse anche la seconda prova, sia pure<br />
arrecando un dispiacere alla Cesenate, che contava sulla<br />
bella per ulteriori spettacolo e scommesse. Io, con un f<strong>il</strong><br />
di voce, riuscii a raccontare anche la seconda impresa di<br />
The Last. E in quel di Quarrata, nell’ospitale casa di Vivaldo,<br />
spesso argomento delle rustiche splendide cene<br />
era <strong>il</strong> ricordo di quella sera al Savio, in cui The Last Hurrah<br />
mi aveva salvato la faccia!