LA NOSTRA DISCESA AGLI INFERI Dove la politica è sostituita dai tribunali, là sarà pianto e stridore di denti Fiat iustitia et pereat mundus. Sia fatta giustizia e perisca pure <strong>il</strong> mondo. Questo è <strong>il</strong> motto che dovrebbe campeggiare in cima alla discesa agli inferi in cui l’Italia e l’Europa si trovano dopo che non solo la Germania ha pensato ai fatti suoi (vedi editoriale sotto), ma si è creduto bene di sostituire l’economia con Maastricht, la politica con i tribunali, i corpi sociali con le tecnocrazie. Da che la realtà è stata rappresentata (sui giornali, in tv, nella narrazione della mitologica Rete) come un reality a base di intercettazioni, una lotta tra buoni e cattivi, tra torbidi uomini di potere e trasparenti paladini del progresso, eccoci al caos: gli speculatori soppiantano gli Stati, i circuiti mediatico-giudiziari i popoli. Con quale bel risultato oltre alla Babele di tracollo economico e antropologico in cui ci troviamo, con gli ideali disseccati, i governi vituperati, i parlamenti messi in mora? Ecco cos’è l’esito del primato del diritto e dei diritti, della piallatura di ogni differenza e di ogni gerarchia per far spazio all’ossessione della “trasparenza” e della “moralità” secondo criteri che non comunicano altro che una sempre più esasperata corsa alle procedure anonime e paranoie di pubblici accusatori. Astrazioni per cui non importa la corrispondenza al reale del pensiero, non importa la “verità” come adaequatio rei et intellectus. Conta solo la regola, la correttezza in sé della procedura. Kohl ha riunificato la Germania senza spargere sangue. Però lo ha fatto con finanziamenti <strong>il</strong>leciti. Dunque sia condannato e dannato. Berlusconi ha evitato all’Italia un regimetto e creato le condizioni di libertà perché l’Italia potesse ripartire? È dovuta perire ogni speranza di ripresa pur di cacciare <strong>il</strong> “Caimano”. E siamo solo agli inizi. Qualcosa di biblico ci dice che cambieranno le notti bianche in nero e le parate dell’orgoglio in lamento. LA SPINTARELLA DEI VICINI La corsa solitaria alla crescita di Berlino farà collassare l’Italia con tutti gli europei I responsab<strong>il</strong>i internazionali degli attacchi speculativi all’italia portano nomi stranieri, ma non sono, come molti pensano, quelli delle tre agenzie di rating americane (due in realtà, perché Fitch è proprietà della francese Fimalac), che continuano a soffiare sul fuoco del debito pubblico dei paesi più esposti dell’Unione Europea. Inut<strong>il</strong>e dare la colpa della febbre al termometro, soprattutto quando di mezzo ci sono medici che insistono con la cura sbagliata. I loro nomi sono Jean-Claude Trichet e Angela Merkel. Aver aumentato, come ha fatto la settimana scorsa <strong>il</strong> presidente della Bce, <strong>il</strong> tasso d’interesse dell’euro del 20 per cento, portandolo dall’1,25 all’1,5 per cento, serve certo a scongiurare rischi di inflazione in paesi in crescita come Germania e Francia, ma è un’autentica coltellata alle spalle e una politica monetaria folle per paesi che crescono poco e che sono gravati da un pesante debito pubblico come Spagna e Italia (quello italiano è <strong>il</strong> quarto debito pubblico nel mondo). Fra una predica e l’altra sulla necessità che tutti i paesi dell’euro diventino virtuosi al modo della Germania come unica via per uscire dalla crisi, la Merkel dovrebbe trovare infine <strong>il</strong> tempo per guardare in faccia la realtà: è grazie all’euro che la Germania si è impadronita di quote di mercato internazionale prima appannaggio dell’Italia; senza quelle quote l’Italia non può tornare a crescere, le manovre finanziarie dei suoi gover- È con l’euro che la Germania si è impadronita di quote di mercato prima “italiane”; senza di esse l’Italia non può crescere, le manovre servono solo a impoverire <strong>il</strong> paese, finché si arriverà al default EDITORIALI Dacché la realtà è rappresentata come un reality di intercettazioni, una lotta tra buoni e cattivi, tra torbidi uomini di potere e trasparenti paladini del progresso, eccoci al caos: gli speculatori soppiantano gli Stati, i circuiti mediatico-giudiziari i popoli ni servono solo a impoverire ulteriormente <strong>il</strong> paese e alla fine si arriverà sulla soglia del default. A quel punto le vie d’uscita sono due: o <strong>il</strong> collasso dell’Unione monetaria europea, accompagnata da fallimenti di banche e dalla rovina dei risparmiatori, o l’acquisto dei debiti italiano, spagnolo, greco e portoghese da parte delle banche tedesche. Due prospettive che dovrebbero scuotere Berlino dalla sua volontaria cecità. FOGLIETTO Il sacco di Roma. La disgregazione dello Stato prosegue, mentre i nuovi lanzichenecchi caricano gli archibugi In pochi mesi la situazione politica si sta rovesciando. Da piccole speranze alla Niccolò Machiavelli di dare una qualche solidità allo Stato allargandone la base a ceti medi e popolari (da sempre ai margini di assetti oligarchici prevalenti anche nella Repubblica) al tendenziale prevalere delle spinte disgregative descritte da Francesco Guicciardini vent’anni dopo Il Principe. Come nel Cinquecento è la mancata coerenza degli apparati fondamentali che ostacola lo Stato unitario. Allora c’erano le compagnie di ventura (invece dell’esercito di cittadini auspicato dal segretario fiorentino), oggi le procure m<strong>il</strong>itanti, padrone dei tribunali e accompagnate da ottimi press agent come Marco Travaglio, forze in grado di distruggere molto ma non di costruire. Al massimo conquistano qualche città. Come Ezzelino si accaparrava Padova, così ora Luigi De Magistris spadroneggia su Napoli. Se non si allargheranno le basi dello Stato, <strong>il</strong> destino sarà segnato solo da interessi stranieri che già adesso orientano quando non dominano le nostre esauste nomenklature primorepubblicane nonché certi settori di “borghesia compradora”. Se non si bloccano le tendenze alla disgregazione, ci resterà solo da interrogarci su chi sarà <strong>il</strong> nuovo Carlo V, <strong>il</strong> nuovo padrone. Intanto ci si porta avanti: con quattro anni (sia pure in primo grado) ad Antonio Fazio e poi a Cesare Geronzi, cercando di liquidare Gianni Letta via Guido Bertolaso e Luigi Bisignani, c’è chi già organizza con nuovi Lanzichenecchi <strong>il</strong> sacco della Città eterna. Lodovico Festa | | 20 luglio 2011 | 5