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Iliade

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ogni altro iddio sopir, ben anche i flutti<br />

del gran fiume Oceàn di tutte cose<br />

generatore; ma il Saturnio Giove<br />

né il toccherò né il sopirò, se tanto<br />

non comanda egli stesso. I tuoi medesmi<br />

cenni di questo m'assennâr quel giorno<br />

ch'Ercole il suo gran figlio, Ilio distrutto,<br />

navigava da Troia. Io su la mente<br />

dolce mi sparsi dell'Egìoco Giove,<br />

e l'assopii. Tu intanto in tuo segreto<br />

macchinando al suo figlio una ruina,<br />

di fieri venti sollevasti in mare<br />

una negra procella, e lui svïando<br />

dal suo cammin, spingesti a Coo, da tutti<br />

i suoi cari lontano. Arse di sdegno<br />

destatosi il Tonante, e per l'Olimpo<br />

scompigliando i Celesti, in cerca andava<br />

di me fra tutti, e avrìa dal ciel travolto<br />

me meschino nel mar, se l'alma Notte,<br />

de' numi domatrice e de' mortali,<br />

non mi campava fuggitivo. Ei poscia<br />

per lo rispetto della bruna Diva<br />

placossi. E salvo da quel rischio appena<br />

vuoi che con esso a perigliarmi io torni?<br />

Di periglio che parli? e di che temi?<br />

gli rispose Giunon; forse t'avvisi<br />

che al par del figlio, per cui sdegno il prese,<br />

Giove i Teucri protegga? Or via, mi segui,<br />

ch'io la minore delle Grazie in moglie<br />

ti darò, la vezzosa Pasitèa,<br />

di cui so che sei vago e sempre amante.<br />

Giuralo per la sacra onda di Stige,<br />

tutto in gran giubilìo ripiglia il Sonno;<br />

e l'alma terra d'una man, coll'altra<br />

tocca del mar la superficie, e quanti<br />

stansi intorno a Saturno inferni Dei<br />

testimoni ne sian, che mia consorte<br />

delle Grazie farai la più fanciulla,<br />

la gentil Pasitèa cui sempre adoro.<br />

Disse; e conforme a quel desir giurava<br />

la bianca Diva, e i sotterranei numi<br />

tutti invocava che Titani han nome.<br />

Fatto il gran sacramento, abbandonaro<br />

d'Imbro e di Lenno le cittadi, e cinti<br />

di densa nebbia divorâr la via.<br />

D'Ida altrice di belve e di ruscelli<br />

giunti alla falda, uscîr della marina<br />

alla punta Lettèa. Preser leggieri<br />

del monte la salita, e della selva<br />

sotto i lor passi si scotea la cima.<br />

Ivi il Sonno arrestossi, e per celarsi

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