febbraio 2011 - Libertà Civili
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d’opinione (Transatlantic trends immigration<br />
2010), la maggioranza degli<br />
italiani ritiene che gli immigrati illegali<br />
siano più di quelli legali; ritiene inoltre<br />
che il loro numero complessivo sia tre<br />
volte superiore rispetto a quello effettivo.<br />
Che ruolo gioca la comunicazione in<br />
questo distacco così profondo tra<br />
realtà e percezione del fenomeno?<br />
La comunicazione è al servizio della<br />
diceria, le libere inchieste si sono diradate<br />
e sono scomparse dai<br />
mezzi di comunicazione.<br />
La stampa è oggi con<br />
larga uniformità embedded,<br />
al seguito delle<br />
truppe che orientano<br />
l’informazione in base<br />
a criteri di sudditanza.<br />
Chi vuole sapere ha<br />
internet. Oggi nessuno<br />
può accampare la scusa<br />
della disinformazione.<br />
In poco più di vent’anni, da alcune<br />
centinaia di migliaia gli immigrati<br />
sono diventati in Italia oltre cinque<br />
milioni e costituiscono ormai un dato<br />
strutturale della nostra convivenza.<br />
Secondo le indagini statistiche realizzano<br />
un decimo del prodotto interno lordo,<br />
generano un gettito contributivo di<br />
miliardi di euro l’anno. Ma i servizi in<br />
loro favore a iniziare da quello più<br />
emblematico di tutti, la casa, lasciano<br />
a desiderare. Come va ripensata alla<br />
luce di questa nuova presenza la<br />
gerarchia delle priorità sociali del<br />
Paese?<br />
Approfittiamo del lavoro delle classi<br />
subalterne, emigrate o no. La divisione<br />
tra italiano e straniero rispetto all’accesso<br />
ai servizi base è falsa. Oggi la differenza<br />
passa tra chi si può permettere, pagando,<br />
La divisione tra italiano<br />
e straniero nell’accesso<br />
ai servizi base è falsa.<br />
La differenza passa tra chi<br />
può permettersi, pagando,<br />
servizi migliori e chi,<br />
straniero o italiano, sta fermo<br />
in corsia d’emergenza<br />
Intervista a Erri De Luca<br />
una scuola decente, una sanità veloce,<br />
una giustizia attenta, e chi, straniero e<br />
italiano, sta fermo in corsia d’emergenza.<br />
Come il dialogo interculturale e<br />
interreligioso può aiutare a sostenere<br />
i processi di integrazione necessari<br />
nelle “società aperte” dei nostri giorni?<br />
Un comune denominatore di valori<br />
costituzionali può essere la base di un<br />
accettabile livello di convivenza civile<br />
e di una possibile<br />
prospettiva condivisa?<br />
Le persone di buona<br />
volontà fanno del bene<br />
a se stesse e al posto<br />
che abitano, ma non<br />
mi aspetto altro che<br />
un po’ di buona educazione<br />
dal dialogo<br />
interreligioso. Solo un<br />
po’ di forzato rispetto<br />
reciproco.<br />
<strong>2011</strong> gennaio-<strong>febbraio</strong><br />
L’intervento<br />
libertàcivili<br />
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