febbraio 2011 - Libertà Civili
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L’intervento<br />
libertàcivili<br />
Intervista a Erri De Luca<br />
da Abramo a Gesù passano per Davide:<br />
questo è, per ebrei e cristiani, l’albero<br />
genealogico del Messia. In questo elenco<br />
ci sono cinque nomi di donna e ben<br />
tredi queste non sono<br />
madri ebree. Una è<br />
Cananea, una è di<br />
Gerico e una di Moab:<br />
la genealogia del Messia<br />
è meticcia, questo è<br />
scritto a pagina uno<br />
del Nuovo testamento.<br />
La più preziosa discendenza<br />
è mista, respinge<br />
da sé la purezza di<br />
sangue, il pedigree.<br />
La pagina due già fa<br />
del neonato un latitante, uno che deve<br />
fuggire insieme ai suoi dal suo posto.<br />
Allora c’era un Egitto che accoglieva i<br />
profughi, oggi no.<br />
Oggi il nostro continente s’illude di<br />
respingere, di contenere le maree umane<br />
che comunque arrivano e trasformano<br />
la vita. L’ostilità, l’avversione, i campi di<br />
concentramento e i respingimenti in<br />
mare sono inefficienti, perciò stupidi.<br />
Nemmeno la pena di morte sarebbe un<br />
deterrente. Il neonato Gesù fugge da<br />
quella.<br />
L’Italia è un Paese giovane come<br />
terra d’immigrazione, ma antico come<br />
terra d’emigrazione: la nostra di oggi è<br />
dunque una storia che abbiamo già<br />
vissuto a parti rovesciate. Che cosa<br />
dovrebbe insegnare questa circostanza?<br />
Come dovrebbe far parte del dibattito<br />
sulla identità nazionale mentre celebriamo<br />
i 150 anni dell’unità d’Italia?<br />
La storia non insegna niente, è solo<br />
una vasta materia narrativa. La storia<br />
non è “magistra vitae”, maestra di vita,<br />
ma una di facili costumi che va col più<br />
8 <strong>2011</strong> gennaio-<strong>febbraio</strong><br />
Noi italiani del 1900 siamo<br />
stati i più numerosi<br />
viaggiatori del secolo uno<br />
delle grandi migrazioni.<br />
Quelli venuti dopo,<br />
semplicemente rinnegano<br />
l’appartenenza alla famiglia<br />
da cui provengono<br />
ricco e col più forte di turno. Noi italiani<br />
del 1900 siamo stati i più numerosi<br />
viaggiatori del secolo uno delle grandi<br />
migrazioni. Quelli venuti dopo, semplicemente<br />
rinnegano l’ap-<br />
partenenza alla famiglia<br />
da cui provengono. La<br />
rinnegano in nome del<br />
portafoglio sazio.<br />
Celebriamo i 150 anni<br />
di unità d’Italia? Sì,<br />
unità fatta a spese e<br />
senza i trenta milioni<br />
di nostri emigrati del<br />
1900. Non mi aspetto<br />
dalle celebrazioni neanche<br />
una parola sui nostri<br />
espulsi dalla miseria.<br />
I migranti servono come braccia di<br />
lavoro, spesso però non si considera<br />
ciò che è legato alla loro dignità di esseri<br />
umani. C’è da parte di molti di noi una<br />
sorta di duplicità di atteggiamento tra<br />
accettazione ed esclusione, realtà delle<br />
cose e percezione, vantaggi economici<br />
che si ricevono e prezzi sociali da<br />
pagare, difesa delle identità nazionali<br />
e apertura all’altro. Come cercare un<br />
punto di equilibrio tra queste posizioni<br />
così contraddittorie?<br />
L’equilibrio è sempre una condizione<br />
provvisoria. Successivi aggiustamenti<br />
avvengono per attrito e poi con il lubrificante<br />
del vantaggio. La tolleranza è<br />
insufficiente. È indispensabile lo slancio<br />
della fraternità per opporsi all’odio,<br />
all’avversione, sentimenti sui quali specula<br />
la destra e si fa condizionare la sinistra.<br />
La prima inutile legge contro gli immigrati,<br />
prima della Bossi-Fini, porta le firme Turco<br />
(Livia) e Napolitano (Giorgio).<br />
Secondo un recente sondaggio