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febbraio 2011 - Libertà Civili

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Da un lato le reti<br />

associative favoriscono<br />

la rappresentanza<br />

e il protagonismo sociale.<br />

Di contro, il fenomeno<br />

delle bande giovanili<br />

Italiani e stranieri: le seconde generazioni<br />

ma anche dallo “slalom” delle famiglie italiane che evitano le<br />

“scuole degli stranieri”. L’esempio di altri Paesi mostra che il<br />

fenomeno è destinato a crescere, separando non solo gli italiani<br />

dagli altri, ma anche le classi sociali tra loro e costituendo,<br />

quindi, uno dei maggiori ostacoli alla democratizzazione dell’insegnamento<br />

avvenuta nel Dopoguerra. A questo fenomeno<br />

si può rispondere, da un lato, con interventi a breve termine di<br />

riorientamento delle scelte delle famiglie e governance delle<br />

iscrizioni a livello locale (il “tetto” imposto dal ministero<br />

dell’Istruzione, Università e Ricerca nel 2010) ma questo non<br />

può bastare se non si opera a tutti i livelli contro la segregazione<br />

(Santerini 2008).<br />

L’importanza vitale dell’aspetto legato alla separazione o<br />

meno tra gruppi emerge nel quadro di un’Europa dove sono in<br />

crescita i fenomeni di disagio sociale delle<br />

giovani generazioni, specie di origine straniera,<br />

a rischio di precarietà e discriminazione sul<br />

lavoro. La frequentazione di coetanei italiani,<br />

infatti, aumenta in percentuale per i ragazzi<br />

cresciuti in Italia ma è anche fortemente<br />

correlata alle classi sociali. Se si confermasse<br />

la tendenza che vede i servizi sociali e culturali<br />

pubblici riservati ai ragazzi stranieri,<br />

mentre l’offerta “privata” resta appannaggio solo dei giovani<br />

italiani con maggiori possibilità, ne deriverebbero rischi di<br />

frammentazione ed esclusione sociale a danno di tutta la<br />

collettività (Ambrosini 2004).<br />

Le reti associative delle seconde generazioni costituiscono<br />

una tendenza verso la rappresentanza e il protagonismo sociale,<br />

mentre una risposta al negativo è fornita dalle bande giovanili,<br />

gruppi di classi sociali marginalizzate con lo scopo di fornire<br />

ai membri un’identità solida, un’opportunità di riconoscimento.<br />

In esse, sul modello delle city gang, i ragazzi sperimentano<br />

protagonismo, affermazione di sé, bisogno di autonomia, controllo<br />

delle situazioni e del “territorio”. In Italia ne fanno parte non tanto<br />

giovani emarginati o particolarmente deprivati, quanto “seconde<br />

generazioni”, figli di famiglie “normali”, frequentemente giunti<br />

nel nostro Paese a seguito di ricongiungimento con i genitori<br />

arrivati primi, che però hanno di fronte una prospettiva di “integrazione<br />

sottoposta”. Le bande offrono loro risorse, protezione<br />

e mutuo aiuto, aiutandoli a vincere la paura di un mondo estraneo,<br />

promettendo una falsa integrazione in cambio di un’affiliazione<br />

ricca anche di riti e simboli (Queirolo Palmas, 2006). Sarebbe<br />

quindi fuorviante puntare l’attenzione sui fenomeni devianti,<br />

<strong>2011</strong> gennaio-<strong>febbraio</strong><br />

Primo Piano<br />

libertàcivili<br />

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