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febbraio 2011 - Libertà Civili

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Il caso<br />

della Cina,<br />

che<br />

rappresenta<br />

quasi<br />

un quarto<br />

dell’intera<br />

umanità:<br />

gli studi<br />

demografici<br />

d’ausilio<br />

a trovare<br />

il punto<br />

d’equilibrio<br />

tra<br />

invecchiamento<br />

e crescita<br />

della<br />

popolazione<br />

Statistica, demografia e immigrazione<br />

arrivare fino a 3-5 morti (e oltre) per una nascita e quindi trasformare<br />

il concetto stesso di vita e di morte, oltre che atteggiamenti e<br />

comportamenti nei confronti del bambino, “bene” raro e quindi<br />

assai prezioso, e del vecchio, persona dalla presenza ormai<br />

assai diffusa e quindi largamente “svalutata”<br />

c) della circostanza che mentre ridurre un’alta fecondità della<br />

donna e della coppia, e quindi dell’intera collettività, assai<br />

spesso corrisponde all’interesse della coppia stessa e dell’intero<br />

Paese, tentare di rialzare una fecondità bassissima, per esempio<br />

di circa un figlio per donna, corrisponde certo all’interesse del<br />

Paese, ma non necessariamente a quello delle coppie e delle<br />

donne. E l’esperienza storica dimostra che quando per abbassare<br />

la fecondità si ritrova una coincidenza di interessi per l’individuo e<br />

la collettività, allora funzionano le politiche che mirano a diminuirla;<br />

se invece gli interessi nel rialzarla sono contrastanti, normalmente,<br />

almeno nelle democrazie occidentali, sono gli interessi degli<br />

individui, e quindi i loro comportamenti, a prevalere sugli interessi<br />

della collettività<br />

d) della inesperienza e incapacità, finora manifestata, nel trovare<br />

strumenti e politiche per favorire una ripresa, anche modesta,<br />

della fecondità.<br />

C’è poi da considerare la straordinaria difficoltà di individuare<br />

e di “centrare” gli obiettivi quantitativi di queste politiche,<br />

dovuta al fatto che la grande crescita della popolazione che si<br />

è avuta in particolare negli ultimi sessanta anni e la conseguente<br />

non minore alterazione nella struttura per età, rendono<br />

eccezionalmente difficile e stretto il sentiero lungo il quale<br />

camminare per rendere la fecondità futura “ottimale” o, anche<br />

solo, sostenibile.<br />

Qui di nuovo il problema è quello di rendere compatibile il<br />

percorso macro con i comportamenti micro, magari pensando<br />

anche a strumenti che cinquant’anni fa sembrarono stravaganti,<br />

come le tessere proposte dall’economista Boulder.<br />

Al riguardo, prendendo ad esempio la Cina, quasi un quarto<br />

dell’intera umanità, si trova che a fronte di un incremento atteso<br />

fra il 2005 e il 2050 di circa 86 milioni di ultraottantenni si<br />

avrebbe una diminuzione di 230 milioni delle persone con<br />

meno di 80 anni nel caso in cui la fecondità attuale di 1,70 figli<br />

per donna scendesse a 1,35 figli per donna. Né d’altra parte<br />

la Cina può permettersi che, per meglio fronteggiare l’atteso<br />

invecchiamento, la fecondità risalga fino a 2,35 figli per donna,<br />

dal momento che questa fecondità porterebbe a un non auspicabile<br />

incremento di 245 milioni per la popolazione con meno<br />

<strong>2011</strong> gennaio-<strong>febbraio</strong><br />

Documentazione e Statistiche<br />

libertàcivili<br />

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