Simposio - Libreria Filosofica
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<strong>Simposio</strong><br />
te rotondo, ai due lati dell’unica testa. [190] Avevano quattro<br />
orecchie, due organi per la generazione, e il resto come potete<br />
immaginare. Si muovevano camminando in posizione eretta,<br />
come noi 63 , nel senso che volevano. E quando si mettevano a<br />
correre, facevano un po’ come gli acrobati che gettano in aria le<br />
gambe e fan le capriole: avendo otto arti su cui far leva, avanzavano<br />
rapidamente facendo la ruota. La ragione per cui c’erano<br />
tre generi è questa, che il maschio aveva la sua origine dal<br />
Sole, la femmina dalla Terra e il genere che aveva i caratteri<br />
d’entrambi dalla Luna, visto che la Luna ha i caratteri sia del<br />
Sole che della Terra 64 . La loro forma e il loro modo di muoversi<br />
era circolare, proprio perché somigliavano ai loro genitori. Per<br />
questo finivano con l’essere terribilmente forti e vigorosi e il<br />
loro orgoglio era immenso. Così attaccarono gli dèi e quel che<br />
narra Omero di Efialte e di Oto, riguarda anche gli uomini di<br />
quei tempi: tentarono di dar la scalata al cielo, per combattere<br />
gli dèi.<br />
Allora Zeus e gli altri dèi si domandarono quale partito prendere.<br />
Erano infatti in grave imbarazzo: non potevano certo ucci-<br />
63 Questa immagine potrebbe richiamarne una non molto dissimile in<br />
Empedocle, come sottolinea Reale nel suo commento al <strong>Simposio</strong> (Reale<br />
2001). Il riferimento ad Empedocle è richiamato anche da altri interpreti, ad<br />
esempio Demoulié, che legge il <strong>Simposio</strong> orientato dalla lettura psicoanalitica<br />
che ne ha dato Lacan (in Lacan 1960): “Il discorso di Aristofane è doppiamente<br />
posto sotto il segno di Empedocle: in primo luogo, per il riferimento al<br />
principio secondo il quale il simile desidera il simile; in secondo luogo per la<br />
valorizzazione ontologica della sfera” (Demoulié, 1997, pp. 12-13).<br />
64 Non certo in modo chiaro, ma sotto il velo di sottili allusioni, Aristofane<br />
sta qui richiamando miti probabilmente ben noti agli ascoltatori, che gli<br />
studiosi hanno in parte individuato. C’è quindi qui un gioco letterario tra<br />
commedia e mito. In modo per noi più chiaro, Aristofane nelle frasi successive<br />
fa riferimento a un racconto mitico molto diffuso nella cultura greca, di cui<br />
parla Omero (Iliade, V, 385; Odissea, XI, 305-320): prima della nostra stirpe<br />
la terra era popolata da Giganti (Efialte e Oto sono due di loro) che credettero<br />
di potere sfidare il potere di Zeus e degli dèi olimpici, ma furono travolti.<br />
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