Aprile - Giugno Bollettino - Diocesi di Rimini
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<strong>Bollettino</strong> Diocesano 2011 - n.2<br />
mento Giacomo Leopar<strong>di</strong>. E’ la domanda che da Socrate in qua l’uomo non<br />
finisce <strong>di</strong> porsi. Nell’ultimo scorcio <strong>di</strong> storia si è passati dall’uomo pellegrino<br />
all’uomo vagabondo. Il pellegrino ha una patria <strong>di</strong> origine e una meta <strong>di</strong> arrivo.<br />
Il vagabondo non sa dove sta andando, gira a vuoto, ruota su se stesso; non<br />
ricorda più da dove viene e non sa più dove deve andare. Questa domanda<br />
<strong>di</strong> identità si fa ancora più impellente perché siamo passati dall’homo sapiens<br />
all’homo sentiens. L’homo sapiens è l’uomo che sa <strong>di</strong> dover cercare; quin<strong>di</strong> sa <strong>di</strong><br />
non sapere, e perciò si mette in cammino alla ricerca della verità. Nella concezione<br />
cristiana l’homo sapiens è il Figlio <strong>di</strong> Dio il quale, quando viene la sua ora,<br />
sa che viene da Dio e a Dio ritorna, fissando così il tracciato per ogni avventura<br />
umana. L’homo sentiens non adora la dea ragione, ma innalza al rango <strong>di</strong> <strong>di</strong>vinità<br />
la “dea emozione”. Per lui il metro della verità, – se verità si può chiamare - è la<br />
sensazione, l’emozione; è scambiare l’amore con il “brivido a pelle”. L’interrogativo<br />
che ci dobbiamo porre è se sia mai possibile rispondere a questa domanda<br />
<strong>di</strong> identità senza rispondere a una domanda previa che essa implica, cioè la domanda<br />
<strong>di</strong> trascendenza. E’ un interrogativo che lascio sul tappeto. Ovviamente si<br />
comprende bene che no, non è possibile, non solamente per noi credenti, ma<br />
anche per chi non crede, perché l’uomo non può definire se stesso se non in un<br />
orizzonte <strong>di</strong> trascendenza. Un teologo protestante affermava: “Ho cercato il mio<br />
io e non mi sono trovato; ho cercato l’altro e non l’ho trovato; ho cercato Dio e<br />
ho trovato tutti e tre”.<br />
La seconda domanda è la domanda <strong>di</strong> libertà. La “liberté” continua ad essere<br />
il primo dei valori del trinomio della rivoluzione francese. Tutti ci ren<strong>di</strong>amo<br />
conto dopo la lezione che ci hanno fornito, da Feuerbach fino a Sartre - quelli<br />
che Paul Ricoeur chiamava “i maestri del sospetto” - è che non possiamo avere<br />
una concezione ingenua della libertà. Non con<strong>di</strong>vido ovviamente le loro posizioni,<br />
ma mi sembra che il lascito che ci viene dal loro pensiero sia un lascito<br />
interessante: non possiamo avere una concezione ingenua della libertà, perché<br />
la libertà umana è una libertà da liberare. Si nasce liberi? alcuni <strong>di</strong>cono <strong>di</strong> sì, altri<br />
<strong>di</strong>cono no, ma comunque anche se <strong>di</strong>ciamo che si nasce liberi, bisogna sempre<br />
ricordare che si nasce... “liberi <strong>di</strong> liberarsi”. Quin<strong>di</strong> la concezione <strong>di</strong> libertà, che<br />
noi sosteniamo, non è quella <strong>di</strong> una assenza <strong>di</strong> vincoli, ma è una libertà come<br />
capacità <strong>di</strong> intrecciare legami. La nostra società oggi vive in un contesto dove<br />
si danno molti solventi e pochi collanti: è la “società liquida” in cui i legami<br />
sono molto precari, dove si vuole vivere usando continuamente il tasto rewind,<br />
ma questo non è possibile. Dunque la libertà che noi <strong>di</strong>fen<strong>di</strong>amo è una libertà<br />
impossibile senza la verità.. Gesù affermava che “la verità vi renderà liberi”, e<br />
invece oggi tanta gente pensa che è la libertà che ci rende veri. Ecco, lo strappo<br />
fra verità e libertà richiede che verità e libertà vadano messe insieme e rimesse<br />
in asse, come appunto Gesù ci ha insegnato e Giovanni Paolo II ha ricordato:<br />
“la verità è garanzia <strong>di</strong> libertà”. Quin<strong>di</strong> non si tratta solo <strong>di</strong> una libertà “da”: dalle<br />
<strong>di</strong>pendenze, dai con<strong>di</strong>zionamenti. Certo, questa è fondamentale, ma è soprattutto<br />
una libertà “per”, e una libertà “con”, altrimenti si genera il conflitto delle<br />
libertà. Don Lorenzo Milani affermava: “Chi regala la propria libertà è più libero<br />
<strong>di</strong> uno che è costretto a tenersela”. Una libertà dunque da donare, da valorizzare,<br />
Atti del Vescovo