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numero 1/2011 - Collegio Universitario Lamaro Pozzani

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Foto: iStockphoto.com/RickLordPhotography<br />

La Guerra di Secessione<br />

La sporcizia colta<br />

Jazz is not only an amazingly interesting music genre, it is a lifestyle. Its<br />

line traces back to the late XVIII century, when black slaves in the large<br />

plantations of the South of USA used to ease their terribly hard work by<br />

striking up songs based on ancient African music. The mixture between black<br />

rhythm and European harmony led to the naissance of jazz. During the XX<br />

century the new genre was infl uenced by both classical and popular music and<br />

now one can fi nd it in the most sophisticated theatres as well as in the dirtiest<br />

dives. This is precisely the great strength of jazz: it is just like men.<br />

di Carmelo Di Natale<br />

L’aveva detto Maurice Ravel a George Gershwin<br />

quando il grande pianista americano<br />

aveva chiesto al genio parigino di impartirgli<br />

lezioni di composizione: perché essere<br />

un piccolo Ravel essendo già un grande<br />

Gershwin? Le parole del maestro francese<br />

erano chiare: il sound di Gershwin, così carico<br />

delle specifi cità, dello slancio modernista,<br />

persino degli eccessi della cultura americana,<br />

ancora poco conosciuta nei salotti<br />

dell’intellettualità europea, costituiva un<br />

prodotto artistico assolutamente nuovo nella<br />

storia della musica, degno di stare accan-<br />

22 • n. 1, gennaio-aprile <strong>2011</strong><br />

to all’opera dei grandi compositori tedeschi,<br />

francesi, russi e italiani del passato e del<br />

presente. D’altra parte, ascoltando la Rhapsody<br />

in blue (1924), il capolavoro dell’artista<br />

di Brooklyn recentemente interpretato<br />

dal maestro Riccardo Chailly alla direzione<br />

dell’antichissima Gewandhausorchester<br />

di Lipsia con la collaborazione dell’eclettico<br />

Stefano Bollani al pianoforte, si può<br />

percepire, con la pelle e la pancia più che<br />

con la mente ed il cuore, che cosa sia il jazz,<br />

quella musique nouvelle di cui Gershwin è<br />

con ogni probabilità l’espressione più alta:<br />

A sinistra: un jazzista di colore con la sua<br />

tromba.<br />

improvvisazione, sensualità, allegria, ma<br />

anche grande complessità armonica e ritmica,<br />

nonché un gusto estetico di non sempre<br />

facile comprensione.<br />

Il maestro Paul Whiteman, il direttore<br />

d’orchestra affettuosamente soprannominato<br />

“King of jazz” che commissionò a<br />

Gershwin la Rhapsody in blue, diceva che<br />

il jazz era arrivato in America trecento anni<br />

prima in catene: il nuovo genere nasce infatti<br />

dall’incontro tra linee ritmiche e melodiche<br />

di origine africana – giunte negli<br />

Stati Uniti insieme agli schiavi comprati e<br />

venduti nell’ambito della tratta dei neri – e<br />

strutture stilistiche europee. Fin dalla fi ne<br />

del Settecento gli schiavi afroamericani<br />

accompagnavano infatti le proprie fatiche<br />

nelle sterminate piantagioni di cotone degli<br />

Stati del Sud con le cosiddette worksong,<br />

forme di musica vocale di tematica<br />

varia basate su una struttura ritmica molto<br />

cadenzata ed eseguite in coro o in assolo.<br />

Parallelamente a esse si svilupparono gli<br />

spiritual, solenni e malinconici, e i gospel,<br />

gioiosi e coinvolgenti: si tratta ancora di<br />

canti modulati su ritmi africani, ma di argomento<br />

religioso. Da queste prime forme<br />

di musica nera nasce tra la fi ne dell’Ottocento<br />

e l’inizio del Novecento il blues, il<br />

fratello maggiore del jazz, allorché worksong<br />

e spiritual iniziarono a essere eseguiti<br />

con il supporto di uno scarno accompagnamento<br />

strumentale. I brani blues traevano<br />

spunto dalle melodie tradizionali afroamericane,<br />

le quali venivano riprodotte in uno<br />

schema ritmico codifi cato in otto o dodici<br />

battute basate su unità temporali inferiori<br />

al semitono, da cui deriva il caratteristico<br />

stile incalzante e ballabile del sound blues.<br />

La struttura compositiva lasciava tuttavia<br />

grande spazio tanto alla fantasia improvvisatrice<br />

delle band di supporto (all’inizio ridotte<br />

alla sola chitarra o al solo pianoforte)<br />

quanto ai virtuosismi dei cantanti, in genere<br />

voci femminili di straordinario spessore<br />

(come non ricordare a tal proposito la<br />

divina Bessie Smith, autentica dominatrice<br />

della black music nei primi decenni del<br />

Novecento).<br />

Contemporaneamente al blues vede la<br />

luce l’altro grande parente del jazz, vale a<br />

dire il ragtime: si tratta di un genere musicale<br />

puramente strumentale di grande<br />

complessità stilistica, eseguito per lo più<br />

da pianisti neri eventualmente accompagnati<br />

da piccole formazioni ritmiche, pro-

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