15.06.2013 Views

numero 1/2011 - Collegio Universitario Lamaro Pozzani

numero 1/2011 - Collegio Universitario Lamaro Pozzani

numero 1/2011 - Collegio Universitario Lamaro Pozzani

SHOW MORE
SHOW LESS

Create successful ePaper yourself

Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.

Alcune incongruità<br />

della schiavitù<br />

Slavery presents some “economic” pitfalls. Maybe, one of the most important<br />

reasons why slavery came to an end was because it was no longer convenient...<br />

di Giuseppe Grazioso<br />

Il fenomeno della schiavitù, fi n dagli albori<br />

delle civiltà più antiche, assunse dimensioni<br />

estremamente rilevanti. Si pensi che,<br />

secondo alcune stime, nelle polis greche<br />

la forza lavoro costituita da schiavi era di<br />

molto maggiore rispetto a quella fornita<br />

da lavoratori liberi. La quasi totalità delle<br />

economie, dalle più primitive fi no a quelle<br />

presenti pochi secoli fa, si basavano largamente<br />

sulla forza lavoro degli schiavi.<br />

Già il codice di Hammurabi prevedeva la<br />

possibilità di esercitare il dominium su un<br />

altro essere umano: la necessità di questa<br />

formalizzazione legislativa, in tempi così<br />

antichi, nasceva anche dall’utilità economica<br />

che lo schiavo rivestiva.<br />

È tuttavia d’obbligo, tralasciando<br />

nella nostra analisi l’indiscutibile negazione<br />

di diritti che esso comporta,<br />

chiedersi fi no a che punto un sistema<br />

di produzione basato sulla schiavitù sia<br />

economicamente valido. La convenienza<br />

di questo modello produttivo si riteneva<br />

risiedere nel fatto che il costo richiesto<br />

allo schiavista risultava grossomodo pari<br />

al necessario per la sopravvivenza dello<br />

schiavo. È pur vero che a quest’onere,<br />

di cui si deve sobbarcare il padrone,<br />

dovevano essere aggiunti ulteriori costi,<br />

quali, ad esempio, quelli connessi al controllo,<br />

necessari affi nché lo schiavo non<br />

fuggisse e svolgesse effettivamente il<br />

lavoro ordinatogli, oppure quelli relativi<br />

all’addestramento, utili affi nché lo schiavo<br />

sapesse come svolgere i propri compiti<br />

e potesse coordinarsi con gli altri<br />

lavoratori. Queste ulteriori voci di spesa<br />

rappresentavano comunque per il padrone<br />

un esborso irrisorio se paragonato alla<br />

quantità di forza lavoro di cui poteva disporre.<br />

Non deve però essere trascurata<br />

nemmeno un’altra importante componente<br />

di costo, quella per acquistare lo<br />

A destra: una stampa del 1881 rappresenta<br />

il momento in cui gli schiavi vengono<br />

caricati su una nave che li porterà<br />

dall’Africa all’America.<br />

schiavo o per allevarlo, se fi glio di schiavi.<br />

Spesso, infatti, la maggior parte della<br />

ricchezza dei grandi proprietari terrieri<br />

era rappresentata dal valore di mercato<br />

degli schiavi da essi posseduti e non dal<br />

terreno di loro proprietà.<br />

L’acquisto di un essere umano –<br />

prescindendo da ogni valutazione etica<br />

che risente dei valori oggi presenti<br />

nella nostra civiltà – poteva anche non<br />

risultare sempre<br />

economicamente<br />

conveniente.<br />

Si tratta del caso<br />

in cui il prezzo<br />

pagato per lo<br />

schiavo si fosse<br />

rivelato eccessivo ex post a causa delle<br />

sue cattive o insuffi cienti prestazioni.<br />

Chiaramente questo rischio andava imputato<br />

alla non corretta valutazione, da<br />

parte dello schiavista, della forza lavoro<br />

che lo schiavo era in grado di assicurargli<br />

o che gli era necessaria per la produzione,<br />

il che accade ancor oggi con<br />

un cavallo da tiro o un asino da soma.<br />

A tal proposito l’economista e fi losofo<br />

La Guerra di Secessione<br />

tedesco Max Weber, nella sua analisi<br />

economica del ruolo della schiavitù,<br />

pose l’attenzione proprio sull’impossibilità,<br />

da parte del padrone, di operare<br />

correttivi all’entità della forza lavoro<br />

schiavizzata, per adattarla alle normali<br />

oscillazioni che il mercato, o l’attività<br />

economica, comporta.<br />

D’altro canto diversi studi, come<br />

quello condotto dall’economista statunitense<br />

Kenneth Milton Stampp, sostengono<br />

la tesi secondo la quale i costi relativi<br />

allo schiavo erano egualmente gravosi<br />

rispetto a quelli necessari per mantenere<br />

un lavoratore libero che svolgesse le<br />

stesse mansioni. L’unica differenza tra<br />

le due situazioni risulterebbe dal divario<br />

temporale su cui i costi stessi sono ripartiti:<br />

nel caso del non libero, sono quasi<br />

totalmente (al netto dei costi di sopravvi-<br />

Nelle città greche la forza lavoro<br />

costituita da schiavi era di molto<br />

maggiore rispetto a quella fornita<br />

da lavoratori liberi.<br />

venza) concentrati nel prezzo d’acquisto<br />

(se lo schiavo è stato acquistato), mentre<br />

nel caso dello stipendiato sono rinvenibili,<br />

diluiti nel tempo, nel salario mensile.<br />

In ogni caso, a questa parità sostanziale<br />

di costi non corrisponde una parità di<br />

produttività-uomo, in quanto il <strong>numero</strong><br />

di ore lavorate da uno schiavo è in media<br />

superiore a quelle di un dipendente.<br />

In ultima analisi, per Stampp, il sistema<br />

panorama per i giovani • 33<br />

Foto: iStockphoto.com/Grafi ssimo

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!