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numero 1/2011 - Collegio Universitario Lamaro Pozzani

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Foto: iStockphoto.com (MickiWiswedel; markvanovermeire)<br />

La Guerra di Secessione<br />

Gli ebrei hanno rappresentato il caso<br />

forse più noto: costretti dalla legge, oppure<br />

dalle usanze, a vivere nei ghetti in<br />

Europa occidentale, nell’Impero russo<br />

erano obbligati a risiedere in speciali zone<br />

di insediamento alla frontiera occidentale<br />

dell’impero. In Marocco essi furono confi<br />

nati nelle mellah, villaggi separati, dal<br />

XV secolo. Per non parlare delle aberra-<br />

In Sudafrica, nel campo<br />

della sanità e dell’istruzione,<br />

convivono ancora due mondi<br />

separati.<br />

zioni del nazismo perpetrate ai loro danni:<br />

dalle leggi di Norimberga del 1935 alla<br />

“soluzione fi nale” del 1944.<br />

Interessante è poi il caso della Rhodesia<br />

del Sud (oggi Zimbabwe), che sotto la leadership<br />

del governo segregazionista di Ian<br />

Smith dichiarò l’indipendenza dalla Gran<br />

Bretagna e l’uscita dal Commonwealth<br />

nel 1965. Nei quindici anni successivi, la<br />

Rhodesia fu soggetta al governo della minoranza<br />

bianca fi no a quando le sanzioni internazionali<br />

obbligarono Smith a indire ele-<br />

26 • n. 1, gennaio-aprile <strong>2011</strong><br />

zioni multirazziali, dopo un breve periodo<br />

di dominio britannico nel 1979. Nel vicino<br />

Sudafrica il regime di apartheid fu formalizzato<br />

a seguito della vittoria del National<br />

Party nelle elezioni del 1948, riservate ai<br />

soli bianchi, e rimase in vigore fi no al 1993.<br />

Cittadini di serie B?<br />

Più che i casi storici di segregazionismo<br />

de jure o de facto,<br />

sarebbe opportuno<br />

analizzare<br />

come la fi ne del<br />

regime segregazionista<br />

è stata<br />

interiorizzata da<br />

quegli individui che si erano assuefatti a<br />

pensare che i diritti fossero soggetti a restrizioni<br />

per quanti fossero ritenuti, anche<br />

giuridicamente, diversi.<br />

In America la vita parallela e divisa di<br />

bianchi e neri è stata abolita ormai da quasi<br />

sessant’anni, ma per diversi aspetti ancora<br />

esiste. Da uno studio effettuato dalla<br />

Brown University emerge un quadro per<br />

molti versi sconcertante: se ci sono aree,<br />

come Kansas City, dove l’integrazione è<br />

aumentata di oltre il 7%, a New York vige<br />

Sopra: i due volti di Città del Capo, in<br />

Sudafrica; una baraccopoli in periferia<br />

e un quartiere residenziale sulla costa.<br />

Nella pagina precedente: un palazzo<br />

abbandonato nel quartiere di Brooklyn, a<br />

New York.<br />

da un decennio una situazione di stallo e<br />

a Miami siamo addirittura in presenza di<br />

una regressione. L’indice di integrazione<br />

utilizzato funziona su una scala da 1 a<br />

100, ovvero dalla massima integrazione<br />

alla totale segregazione. Filadelfi a, la culla<br />

della Dichiarazione di Indipendenza,<br />

fi gura in questa scala con un 73%, meglio<br />

della Grande Mela che supera il 79%. A<br />

suffragare i dati empirici di questo studio<br />

troviamo gli atteggiamenti di forte matrice<br />

razzista sedimentatisi nella cultura popolare<br />

americana. Ancora oggi i cittadini<br />

americani, specie nel Sud, tendono a defi -<br />

nirsi reciprocamente o ad autodefi nirsi in<br />

termini di razza o etnicità; atteggiamento<br />

questo che trova sanzione nei censimenti<br />

che chiedono al cittadino di defi nire la<br />

razza o l’etnia a cui appartiene.<br />

Agghiacciante è la situazione che le<br />

statistiche evidenziano sullo stato della

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