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numero 1/2011 - Collegio Universitario Lamaro Pozzani

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Questo <strong>numero</strong> ha come tema la Guerra di Secessione<br />

negli Stati Uniti: cause, svolgimento, risultati. Tema<br />

grave, che viene affrontato in <strong>numero</strong>si contributi nei<br />

suoi più diversi aspetti con considerazioni pertinenti<br />

e acute osservazioni.<br />

La dichiarazione di indipendenza dovuta all’alata penna di Thomas<br />

Jefferson dà l’avvio al discorso: fa da prologo alla Costituzione,<br />

che, con il marchio di Montesquieu sull’idea di divisione dei poteri<br />

e di Rousseau sulla libertà e sui rapporti sociali, ha una tale dignità<br />

da essere il più prestigioso documento statuale del tempo e delle<br />

epoche successive e da essere defi nita da Martin Luther King “la<br />

più eloquente e non ambiziosa espressione della dignità dell’uomo<br />

che sia mai stata racchiusa in un documento politico-sociologico”.<br />

E allora vien fatto di domandarsi perché quegli uomini egregi<br />

che costituirono l’assemblea costituente (un’assemblea di semidei,<br />

secondo Jefferson), i Washington, i Jefferson, gli Adam, i<br />

Madison, i Franklin e così via, quegli uomini non regolarono il<br />

tema della schiavitù, ma decisero di non parlarne sino al 1808?<br />

Non vollero porvi mano – a mio avviso – per opportunità:<br />

il rischio di perdere migliaia di braccia nere poteva signifi care<br />

il crollo dell’intera economia del Sud basata sulla monocoltura<br />

del cotone. Così dettero – nel silenzio – il loro avallo a un regime<br />

crudele, che offendeva non tanto e non solo il fi sico, ma la<br />

“coscienza” di milioni di esseri umani che, pur “neri”, questa<br />

coscienza avevano. Fu necessaria la Guerra di Secessione, nata<br />

come ribellione del Sud al sistema delle tariffe che lo impoverivano<br />

e che erano state imposte dal Nord; un Nord che, con Lincoln,<br />

si fregiò anche della ideologia dell’emancipazione.<br />

Questa coscienza offesa dalla schiavitù il popolo africano ce<br />

l’ha; nessuno può metterlo in dubbio.<br />

Posso defi nire la coscienza “africana” un misto di dignità e<br />

di religiosità alleggerite da forme di infantilismo e aggravate da<br />

manifestazioni di ferocia; ferocia, comunque, che non è un’esclusiva<br />

africana, pensando ai massacri fatti dai “bianchi”, anche<br />

in Africa.<br />

Di queste qualità – positive e negative – ho avuto tante prove.<br />

Tanto per fare un esempio, in un colloquio con un religioso africano<br />

di grande umanità, il vescovo di Bamako, ebbi a domandargli<br />

le motivazioni per cui il governo del Mali aveva tagliato<br />

la ferrovia Koulikoro-Daware, unico cordone ombelicale che li<br />

univa con quel porto in Senegal. Sorridendo mi raccontò una<br />

storiella, ora nota anche da noi: a seguito di un incendio nella<br />

foresta si trovarono sulle rive di un fi ume uno scorpione e un<br />

ippopotamo; lo scorpione chiese un passaggio e pur con qualche<br />

dubbio l’ippopotamo accettò, ma giunti in mezzo al fi ume lo<br />

scorpione affondò il suo pungiglione; l’ippopotamo affondando<br />

chiese perché l’avesse fatto; “C’est l’Afrique”, fu la risposta.<br />

Un altro episodio mi accadde alla Conferenza sul fi ume Niger<br />

a Niamey (1963). Ero relatore di un rapporto compilato<br />

post scripta<br />

per le Nazioni Unite sull’utilizzo delle risorse del fi ume Niger.<br />

Responsabile presso le Nazioni Unite era un sacerdote gesuita,<br />

père du Bevery, professore alla Sorbona e poi in Cina da<br />

cui, espulso, approdò alle Nazioni Unite. Père du Bevery aveva<br />

letto il rapporto e suggerito di togliere le conclusioni. Al mio<br />

stupore rispose che gli “africani” non amano sentirsi imporre<br />

soluzioni, ma che queste – opportunamente e ragionevolmente<br />

fatte conoscere – sarebbero state fatte proprie e approvate; e<br />

così avvenne.<br />

Avevamo un piccolo accampamento (tre tende) presso un<br />

villaggio sul fi ume Sankarani (affl uente del Niger) per lo studio<br />

di una diga che fu poi realizzata; avevamo sistemato un grosso<br />

frigorifero sotto un albero e lo avevamo chiuso con un lucchetto<br />

supplementare. Una sera vennero da noi il capo-villaggio con tre<br />

anziani e ci dissero che quel lucchetto li offendeva. Lo togliemmo<br />

e in vari mesi non mancò mai niente.<br />

In Mali abbiamo realizzato più di mille pozzi dando acqua ad<br />

altrettanti villaggi, quale dono della Cooperazione Italiana; ebbene,<br />

la maggioranza di quei villaggi, pur apprezzando il dono,<br />

volle tassarsi per circa 300 euro (cifra consistente per quelle povere<br />

comunità) per realizzare attorno ai pozzi opere complementari<br />

(muretti, pavimentazione ecc.) al fi ne di poter dire che quei<br />

pozzi erano anche loro.<br />

In Ciad abbiamo realizzato altrettanti pozzi, tra cui alcuni<br />

alimentati da foto-voltaico. Per questi ultimi, nei quali si risparmiava<br />

il pompaggio manuale, l’Unione Europea, che fi nanziava<br />

il progetto, impose un pagamento: pochi centesimi per 20 litri<br />

pro capite.<br />

Ebbene, ricordo la dignità con cui le donne, sempre loro adibite<br />

al settore acqua (!), estraevano quelle poche monete e poi si<br />

allontanavano felici non solo di possedere una tanica di acqua<br />

potabile, ma anche di averla pagata!<br />

Popolazioni quindi che sono un misto di umanità, di dignità,<br />

ma anche – come si è detto – di infantilismo e talvolta di ferocia.<br />

E comunque – a mia conoscenza – non soggette a forme di schiavitù,<br />

se non per le donne “schiave dell’acqua”, costrette a lunghe<br />

e faticose corvé per attingere a lontane fonti. E così si espresse il<br />

prefetto di una provincia del Mali, ringraziando per i nostri pozzi<br />

che avevano emancipato le donne da quella schiavitù.<br />

Fu la Guerra di Secessione a sopprimere di diritto la schiavitù:<br />

ma qualche segno rimase. La Capanna dello zio Tom dette<br />

inizio a un’ondata di commozione, ma al Sud rimase la segregazione;<br />

fu talvolta necessario l’intervento della Guardia Nazionale<br />

per consentire l’accesso di afro-americani alle scuole pubbliche.<br />

Oggi il sogno di Martin Luther King sta per avverarsi: un<br />

afro-americano è Presidente degli Stati Uniti.<br />

Agli uomini di buona volontà compete l’obbligo di augurarsi<br />

il meglio per quel grande popolo.<br />

Carlo Lotti<br />

panorama per i giovani • 39

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