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la Conferenza nazionale della donna lavoratrice - CGIL Regionale ...

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cosciente…›› 17 . D’altronde, già negli appelli costitutivi dell’UDI, come osserva Miriam<br />

Mafai, non si fece più paro<strong>la</strong> di parità di diritti, di parità di sa<strong>la</strong>rio, di accesso alle carriere, di<br />

tutti quei problemi a cui avevano fatto riferimento nei loro documenti e nei loro giornali i<br />

Gruppi di Difesa. 18<br />

In definitiva, pur riconoscendone l’importanza, <strong>la</strong> piena emancipazione femminile non era tra<br />

gli obiettivi primari del PCI, ma si pensava che sarebbe stata realizzabile solo in un futuro<br />

imprecisato, nel quadro dello stato socialista, quando sarebbero mutate le condizioni<br />

economiche e politiche del Paese.<br />

Sia nell’immaginario cattolico che in quello comunista il diritto al voto non si coniugava<br />

con il riconoscimento del<strong>la</strong> soggettività femminile: l’associazionismo cattolico par<strong>la</strong>va di<br />

‹‹dovere›› che le donne erano chiamate ad assolvere per <strong>la</strong> salvaguardia dei foco<strong>la</strong>ri<br />

domestici; il partito comunista di ‹‹premio››: un riconoscimento che <strong>la</strong> società tributava al<strong>la</strong><br />

<strong>donna</strong> e di cui questa era chiamata a fare buon uso. D’altronde, come ha sottolineato<br />

Bel<strong>la</strong>ssai, <strong>la</strong> dimensione collettivistica del PCI imponeva <strong>la</strong> mortificazione dell’individualità<br />

nel rapporto tra militante e partito comportando profonde <strong>la</strong>cerazioni per le militanti donne.<br />

Queste, in quel momento storico, scoprivano, infatti, una piena soggettività che intaccava i<br />

vincoli e le subalternità cui erano state storicamente sottoposte. 19<br />

In merito al<strong>la</strong> posizione dei partiti <strong>la</strong>ici che avrebbero potuto porre <strong>la</strong> questione in termini<br />

diversi rispetto all’orizzonte familista dei due principali partiti di massa, il loro contributo fu<br />

quasi del tutto irrilevante. Il PSI, ad esempio, non sviluppò una vera e propria riflessione sul<br />

femminile, nel<strong>la</strong> convinzione che <strong>la</strong> lotta da condurre fosse <strong>la</strong> lotta di c<strong>la</strong>sse che accomunava,<br />

al<strong>la</strong> pari, uomini e donne.<br />

Seppur di breve durata (tre mesi) e limitato nel<strong>la</strong> capacità di mobilitazione delle masse<br />

femminili, il Comitato pro-voto 20 – costituitosi in ottobre, di cui facevano parte l’UDI,<br />

l’Alleanza Femminile ‹‹Pro Suffragio›› e <strong>la</strong> FILDIS (Federazione italiana <strong>la</strong>ureate e diplomate<br />

istituti superiori) – ebbe un ruolo di non irrilevante importanza grazie all’autonomia d’azione<br />

dai partiti di riferimento e al tipo di rivendicazioni formu<strong>la</strong>te. Come emerge dal testo del<strong>la</strong><br />

petizione fatta circo<strong>la</strong>re sin dal mese di ottobre, il voto venne presentato come un diritto<br />

individuale delle donne:<br />

17<br />

S. Bel<strong>la</strong>ssai, La morale comunista, cit., p. 292<br />

18<br />

M. Mafai, L’apprendistato del<strong>la</strong> politica. Le donne italiane nel dopoguerra. Editori Riuniti, Roma 1979,<br />

p. 57<br />

19<br />

S. Bel<strong>la</strong>ssai, La morale comunista, cit., p. 262<br />

20<br />

Cfr. Anna Rossi-Doria, Diventare cittadine, cit., p. 69 e sgg.<br />

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