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la Conferenza nazionale della donna lavoratrice - CGIL Regionale ...

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mancanza, costrette ad accettare contratti a termine, erano costantemente sottoposte allo<br />

spettro del<strong>la</strong> disoccupazione.<br />

Nei luoghi di <strong>la</strong>voro perdevano <strong>la</strong> propria libertà: subivano intimidazioni, ricatti, umiliazioni;<br />

erano punite nel caso in cui facessero propaganda politica e sindacale o partecipassero agli<br />

scioperi.<br />

L’attività <strong>la</strong>vorativa metteva in pericolo <strong>la</strong> loro salute: gli ambienti di <strong>la</strong>voro nel<strong>la</strong> grande<br />

maggioranza dei casi non rispettavano le norme igieniche; i macchinari erano obsoleti; i<br />

proprietari si rifiutavano di istituire il nido e <strong>la</strong> camera di al<strong>la</strong>ttamento vio<strong>la</strong>ndo le norme<br />

previste dal<strong>la</strong> legge 860.<br />

In un tale stato di cose gli infortuni non potevano che essere frequenti: le invalide e le<br />

infortunate in Italia ammontavano a 70.000.<br />

Le denunce del<strong>la</strong> <strong>CGIL</strong> – osservò <strong>la</strong> Pico<strong>la</strong>to – non erano rimaste iso<strong>la</strong>te. Le ACLI di Mi<strong>la</strong>no<br />

avevano condotto una vasta inchiesta, raccolta in un ‹‹libro bianco›› dal titolo ‹‹La c<strong>la</strong>sse<br />

operaia si difende››. Anche in quel<strong>la</strong> sede era stato posto l’accento sullo sfruttamento e sul<strong>la</strong><br />

mancanza di libertà nei luoghi di <strong>la</strong>voro.<br />

La responsabile osservò come questo unitario movimento di protesta non avesse trovato nel<br />

governo un alleato bensì un antagonista, volto ad intervenire unicamente in senso repressivo.<br />

Di fronte ai soprusi, alle angherie e alle discriminazioni, le <strong>la</strong>voratrici avevano però imparato<br />

a non abbassare più <strong>la</strong> testa: avevano preso coscienza dei propri diritti e rafforzato <strong>la</strong> volontà<br />

di lotta. Per <strong>la</strong> Pico<strong>la</strong>to un forte segnale in questo senso era emerso dalle consultazioni<br />

elettorali del 7 giugno. Con il voto, le donne avevano espresso <strong>la</strong> propria volontà di<br />

emancipazione e di lotta a quelle correnti di pensiero che ancora non riconoscevano loro il<br />

diritto al <strong>la</strong>voro, ma che anzi spingevano a licenziarle per diminuire <strong>la</strong> disoccupazione.<br />

La responsabile dedicò poi una parte dell’intervento a chiarire il significato del termine<br />

‹‹emancipazione››. Con questa paro<strong>la</strong> non si voleva indicare un sovvertimento di ruoli nel<strong>la</strong><br />

società: <strong>la</strong> <strong>donna</strong> non desiderava occupare il posto dell’uomo, ma lottava per il<br />

riconoscimento dei propri diritti in quanto <strong>la</strong>voratrice. Il rispetto di tali diritti le avrebbe anzi<br />

consentito di poter svolgere al meglio il suo ruolo di madre e di moglie.<br />

Le rivendicazioni avanzate attendevano una concreta soluzione. Per raggiungere l’obiettivo<br />

finale del<strong>la</strong> parità sa<strong>la</strong>riale, <strong>la</strong> Pico<strong>la</strong>to considerava necessario lottare per l’accorciamento dei<br />

differenziali portando avanti l’azione nel Paese e in Par<strong>la</strong>mento. Durante le assemblee<br />

preparatorie si erano già ottenuti alcuni successi come il passaggio a qualifiche superiori,<br />

premi di produzione e aumenti di paga pari a quelli maschili. Importanti azioni erano state<br />

condotte a livello legis<strong>la</strong>tivo: <strong>la</strong> proposta di legge per <strong>la</strong> tute<strong>la</strong> delle <strong>la</strong>voratrici madri<br />

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