la Conferenza nazionale della donna lavoratrice - CGIL Regionale ...
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al<strong>la</strong>rme <strong>la</strong> dirigenza sindacale al punto da spinger<strong>la</strong> ad esercitare pressioni affinché venisse<br />
sciolta <strong>la</strong> commissione sindacale dell’UDI, che continuò, comunque, anche in seguito ad<br />
occuparsi del <strong>la</strong>voro femminile. 42<br />
La smobilitazione delle <strong>la</strong>voratrici venne sancita dall’accordo raggiunto nel mese di<br />
settembre dal<strong>la</strong> <strong>CGIL</strong> con <strong>la</strong> Confindustria: furono definiti i criteri per quei licenziamenti cui<br />
non si poteva più derogare. Oltre agli epurati, ad esser sacrificato fu il posto di <strong>la</strong>voro di<br />
coloro che potevano contare su altri cespiti o risorse familiari sufficienti e di coloro che erano<br />
stati assunti dopo il 30 giugno 1943 (salvo reduci, partigiani, perseguitati politici). È evidente<br />
che tali condizioni determinavano un tipo di espulsione dai connotati prevalentemente<br />
femminili; un gran numero di <strong>la</strong>voratrici rientravano, infatti, nelle categorie indicate: erano<br />
sposate o erano state assunte durante il conflitto.<br />
Nel<strong>la</strong> neonata repubblica si riproduceva così, come ha osservato Maria Casalini, <strong>la</strong> stessa<br />
situazione paradossale – sia pur di segno opposto – che aveva caratterizzato gli anni del<br />
ventennio fascista. Allora, mentre <strong>la</strong> propaganda del regime non mancava di esaltare <strong>la</strong> figura<br />
del<strong>la</strong> casalinga e di sbandierare <strong>la</strong> politica di espulsione delle donne dal mondo del <strong>la</strong>voro, si<br />
taceva il consistente impiego di manodopera femminile nelle fabbriche, di casalinghe che<br />
svolgevano <strong>la</strong>vori in nero a domicilio o di impiegate del ceto medio che <strong>la</strong>voravano negli<br />
uffici. Allo stesso modo, mentre nel dopoguerra si esaltava l’avvento di un nuovo stato che<br />
avrebbe garantito l’eguaglianza a tutti i cittadini senza distinzione di sesso, passava in sordina<br />
<strong>la</strong> campagna di espulsione delle donne dai luoghi di <strong>la</strong>voro, cui lo stesso sindacato diede, suo<br />
malgrado, assenso (dagli inizi del secolo non si sarebbe mai prodotta una presenza femminile<br />
così contenuta sul mercato del <strong>la</strong>voro, come nei primi anni Cinquanta). 43<br />
Di fronte alle crescenti difficoltà a mantenere il proprio posto di <strong>la</strong>voro, il movimento<br />
femminile abbandonò rapidamente le pretese di parità sa<strong>la</strong>riale per concentrare i propri sforzi<br />
– almeno per tutto il 1945 – nel rivendicare <strong>la</strong> parità di contingenza.<br />
Anche in questo ambito, però, le speranze di successo furono deluse: nell’accordo del<br />
dicembre 1945 per gli operai del Nord venne stabilita per le <strong>la</strong>voratrici un’indennità di<br />
contingenza inferiore del 13 % rispetto a quel<strong>la</strong> degli uomini. A tale sperequazione, si<br />
aggiunse <strong>la</strong> perdurante condizione di inferiorità nell’inquadramento categoriale: a parità di<br />
42<br />
M. L. Righi, L’azione delle donne nel<strong>la</strong> Cgil in S. Lunadei, L. Motti, M. L. Righi (a cura di), è brava<br />
ma…, cit., p. 52<br />
43<br />
Per un’analisi del rapporto <strong>donna</strong>-<strong>la</strong>voro sul lungo periodo: M. Casalini, Le donne del<strong>la</strong> sinistra, cit., pp.<br />
42-57<br />
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