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Scene del Consumo parte I.pdf - Isabella Pezzini

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8 ISABELLA PEZZINI, PIERLUIGI CERVELLI<br />

linee di riflessione che certamente eccedono il nostro tentativo<br />

di esplorazione. Questo anche nella convinzione che l’analisi<br />

dei fenomeni legati al consumo non possa prescindere<br />

dal loro racconto (non necessariamente letterario). Il consumo,<br />

ad esempio, non va inteso unicamente come acquisto o<br />

distruzione di beni, ma più in generale come uso o “arte di<br />

utilizzare ciò che è imposto”, secondo la grande intuizione<br />

di Michel de Certeau, da <strong>parte</strong> <strong>del</strong>le migliaia di acquirenti di<br />

giornale, di clienti di supermercato, di fruitori <strong>del</strong>lo spazio<br />

urbano, di lettori di racconti, articoli giornalistici, leggende<br />

metropolitane, di spettatori di televisione e di quant’altro 2 .<br />

Questi “modi di fare” finiscono per assumere una loro fisionomia.<br />

Pur considerati forme povere o quantomeno secondarie<br />

di sapere, capacità intuitive o irriflesse dal carattere imprecisabile,<br />

spesso estetizzate (come gusto, tatto, genialità, fiuto,<br />

giudizio, istinto), col tempo si caricano di tratti simbolici<br />

legati alla vita quotidiana, di cui iscrivono la memoria, per<br />

quanto marginale. In genere lontani dai regimi discorsivi<br />

<strong>del</strong>le scienze propriamente dette, i modi di fare, le pratiche,<br />

trovano a loro volta ospitalità e iscrizione nelle forme <strong>del</strong>la<br />

fabulazione, di cui sono materia prima:<br />

In quanto indici di singolarità – mormorii poetici o tragici <strong>del</strong><br />

quotidiano – i modi di fare si introducono massicciamente nel<br />

romanzo o nel racconto. (…) Detto altrimenti, <strong>del</strong>le “storie” forniscono<br />

alle pratiche quotidiane lo scrigno di una narratività. (…)<br />

Pur facendolo in modo frammentario o metaforico, espongono<br />

i modi di fare sotto la forma di racconti, dai romanzi fino a quei<br />

microracconti che sono molto spesso le descrizioni etnologiche<br />

di tecniche artigianali, culinarie ecc. Una simile continuità suggerisce<br />

una pertinenza teorica <strong>del</strong>la narratività per quanto concerne<br />

le pratiche quotidiane (de Certeau 1990, p. 116).<br />

Nessuna discontinuità di principio, quindi, tra analisi di<br />

“testi” e analisi di “pratiche”, semmai specificazione. Questo<br />

il suggerimento che ci sembra di poter ricavare da una riflessione<br />

che appare legare reciprocamente e utilmente testi,<br />

pratiche, discorsi in un movimento di continua osmosi “narrativa”<br />

in senso ampio 3 .

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