VDG Magazine
Sulla qualità e sulla “trasparenza” (intesa nell’accezione di genuinità, ma anche di informazione puntuale, tracciabilità e sicurezza) del cibo – lo diciamo da tempo – c’è ancora molto da lavorare. Soprattutto da parte delle istituzioni e in particolar modo di quelle europee. L’ardua sfida – o l’impari duello che dir si voglia – con la quale bisogna fare i conti, more solito, è quella tra le lobby industriali dell’agroalimentare,
Sulla qualità e sulla “trasparenza” (intesa nell’accezione di genuinità, ma anche di informazione puntuale, tracciabilità e sicurezza) del cibo – lo diciamo da tempo – c’è ancora molto da lavorare. Soprattutto da parte delle istituzioni e in particolar modo di quelle europee.
L’ardua sfida – o l’impari duello che dir si voglia – con la quale bisogna fare i conti, more solito, è quella tra le lobby industriali dell’agroalimentare,
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winepassion<br />
Taurasi, il “barolo” del Sud<br />
di Roberto Rabachino<br />
Dal colore impenetrabile, che lascia intravedere riflessi rubino e granata, già si intuisce il mistero<br />
che persiste dietro questo vino di grande complessità, con i suoi sentori di amarena e confettura,<br />
nato nell’avellinese da un vitigno antico, la cui storia riserva ancora molti interrogativi<br />
Impossibile parlare di Taurasi senza citare come prima cosa il<br />
suo vitigno, l’Aglianico, sebbene la sua storia sia ancora avvolta<br />
nel mistero. L’unica certezza che abbiamo è che si tratta<br />
di una varietà molto antica e che la sua famiglia nel corso<br />
dei secoli è variata in un gran numero di biotipi e sottovarietà.<br />
Questa peculiarità ha creato nel tempo molta confusione<br />
con il proliferare di sinonimi errati dove, sotto la grande famiglia<br />
delle storiche viti aminee, erano inglobate molte varietà: Aminea,<br />
Aminea maior, Aminea gemina maior, Aminea gemina minor<br />
febbraio 2013<br />
e Aminea lanata. Una domanda è quindi d’obbligo: l’Aglianico<br />
moderno, padre del Taurasi, è figlio di uno di questi vitigni? Anche<br />
se il buon Plinio considerava queste varietà come autoctone<br />
campane, è invece certo che sono state importate dai coloni greci<br />
provenienti dalla Tessaglia. Solo verso la metà del Cinquecento<br />
appare la dicitura Aglianico per i vini prodotti sul Monte Somma,<br />
montagna in provincia di Napoli e parte integrante del complesso<br />
vulcanico Somma-Vesuvio. Quest’ultima collocazione geografica<br />
ci consente dunque di affermare che il Taurasi è figlio di