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STORIA DELLA «RELIGIONE DELL'ARTE». - Il Covile

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! 38 $<br />

lenza e con scienze raffinate sembrano infliggere<br />

colpi decisivi alla stessa religione rivelata, non<br />

resta che l’opera d’arte «eterna», «la più bella<br />

delle imprese» che prende avvio dalla «nostra intuizione<br />

di Dio». Altissima è la presunzione di<br />

quest’arte nuova, di fonte divina, di andamento<br />

religioso, eppure in Runge come nei teorici e negli<br />

artisti novecenteschi c’è la convinzione che<br />

«difficilmente possa risorgere qualcosa che sia<br />

pari alla bellezza dell’arte storica nel suo punto<br />

più alto». Uno scacco in partenza di fronte a<br />

quell’arte storica che senza proporsi mete divine<br />

(o forse proprio per questo) resta, nei suoi limiti<br />

umani e nel suo sfondo metafisico, irraggiungibile.<br />

Ma la lettura del pio Runge è diversa: la «decadenza»<br />

che ci allontana l’opera di Raffaello,<br />

Michelangelo e Guido deriva dal fatto che «lo<br />

spirito ha abbandonato» l’arte. La sua morte —<br />

che indirettamente Runge evoca dal momento<br />

che parla spesso di «resurrezione» — coinciderebbe<br />

con l’averla ridotta a «trastullo», a gioco. Eco<br />

nervosa di quel «puro gioco delle facoltà» che<br />

Kant aveva stabilito nella sua recente Critica?<br />

Runge si rende conto che l’arte ludica dei moderni<br />

può precipitare in breve la nobile attività in

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