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1222 BvS n.7 Novembre.qxd - Fondazione Biblioteca di via Senato

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10 la <strong>Biblioteca</strong> <strong>di</strong> <strong>via</strong> <strong>Senato</strong> Milano – novembre 2009<br />

dell’utopia.<br />

La solidarietà dei fiorentini, offerta da Jacopo Corsi<br />

a Fer<strong>di</strong>nando mentre incombeva la minaccia ispanopontificia,<br />

non era incon<strong>di</strong>zionata devozione <strong>di</strong> sud<strong>di</strong>ti:<br />

scegliendo la fedeltà al principe, Firenze affermava la<br />

propria libertà <strong>di</strong> scegliere, si riproponeva come soggetto<br />

politico, dava l’orgogliosa autocertificazione <strong>di</strong> un’identità<br />

non rinunciata, <strong>di</strong> una <strong>di</strong>fferenza non ancora rassegnata<br />

alla livellatrice omologazione dello Stato me<strong>di</strong>ceo.<br />

Difficile credere che Fer<strong>di</strong>nando non cogliesse il<br />

messaggio, ma altrettanto <strong>di</strong>fficilmente la sua concezione<br />

sacrale della sovranità poteva ammettere autolimitazioni<br />

o prerogative politiche deroganti dalla sua autorità. La<br />

duplicità delle repliche del granduca ai doni <strong>di</strong> Corsi – i<br />

calorosi premi alla solidarietà e più tar<strong>di</strong> il gelido apprezzamento<br />

riservato all’Euri<strong>di</strong>ce – può trovare una spiegazione<br />

in questo <strong>di</strong>lemma del potere.<br />

2. IL LIBRETTO DEL’EURIDICE<br />

A confronto con le riprese secentesche del tema <strong>di</strong><br />

Orfeo, è forte la tentazione (anche per la partitura <strong>di</strong> Peri)<br />

<strong>di</strong> ricondurre il libretto <strong>di</strong> Ottavio Rinuccini alla categoria<br />

ermeneutica della fiorentinità, argutamente opposta<br />

da Mario Praz a quella <strong>di</strong> barocco; i due termini «per vaghi<br />

e mal definibili che siano in sé, sembrano proprio definirsi<br />

e assumere concretezza allorché si pongano accanto:<br />

per contrasto si escludono, sicché “barocco”, per<br />

quante cose voglia <strong>di</strong>re, una non ne <strong>di</strong>ce <strong>di</strong> certo, “fiorentinità”,<br />

e, per converso, chi “fiorentinità” <strong>di</strong>ce, <strong>di</strong>ce parecchie<br />

cose, sì, e chi più ne ha più ne metta, […] ma […]<br />

una sola cosa non può mettere, “barocco”».<br />

[...] Sembra appunto plausibile ricondurre a questo<br />

canone la lettura che il libretto <strong>di</strong> Rinuccini dà del mito <strong>di</strong><br />

Orfeo, prosciugando le fonti classiche e moderne sino a<br />

<strong>di</strong>stillarne un senso che quelle non includono. All’opposto<br />

delle proliferazioni narrrative degli Orfei barocchi,<br />

L’Euri<strong>di</strong>ce ritaglia drasticamente l’intreccio della Fabula<br />

del Poliziano, che anche nell’anonimo rifacimento quattrocentesco<br />

dell’Orphei Trage<strong>di</strong>a costituisce la sua fonte<br />

più <strong>di</strong>retta. La Fabula attinge a entrambi gli episo<strong>di</strong> orfici<br />

evocati nelle Metamorfosi, la <strong>di</strong>scesa all’Ade per il frustrato<br />

riscatto <strong>di</strong> Euri<strong>di</strong>ce e lo scempio <strong>di</strong> Orfeo a opera delle<br />

IL “RECITAR CANTANDO” E L’UTOPIA DELLA MUSICA<br />

Quanta utopia si cela nella storia<br />

della musica È impossibile<br />

sod<strong>di</strong>sfare un simile quesito.<br />

In filosofia, l’utopia quasi si spreca,<br />

convinta com’è questa <strong>di</strong>sciplina <strong>di</strong><br />

scoprire sempre le ragioni e le verità che<br />

governano la nostra vita; in politica<br />

le utopie cercano <strong>di</strong> celarsi nei propositi<br />

e nei programmi, e il loro inventario, mai<br />

terminato, si conosce nelle parti<br />

essenziali; in letteratura ormai si sono<br />

indagate anche le antiutopie, che da<br />

Jonathan Swift in poi si sono mostrate<br />

fascinose quanto i sogni <strong>di</strong> Moro e<br />

Campanella [...].<br />

Che fare, dunque Esaminare nota<br />

dopo nota il Don Giovanni <strong>di</strong> Mozart,<br />

sperando <strong>di</strong> chiarire qualcosa che ha<br />

turbato anche i sommi <strong>di</strong>rettori<br />

d’orchestra Chiedersi cosa è successo<br />

a Bach nel comporre l’Arte della Fuga che<br />

ora è una palestra <strong>di</strong> congetture per logici<br />

e matematici E <strong>di</strong> lui La violenza celata<br />

in certe sue pagine Oppure tornare<br />

ai gran<strong>di</strong> trattatisti e chiedere loro<br />

un’impressione, un consiglio<br />

Non conviene. Adam von Fulda,<br />

più o meno mezzo millennio fa, nel suo<br />

prezioso De musica scrisse una frase<br />

che dovrebbe farci riflettere ogni giorno:<br />

«Musica est me<strong>di</strong>tatio mortis continua».<br />

Certo, se il più grande <strong>di</strong>rettore<br />

<strong>di</strong> tutti i tempi, Wilhelm Furchtwängler<br />

avesse lasciato un opuscolo sul tema, la<br />

<strong>via</strong> sarebbe in <strong>di</strong>scesa. E invece no,<br />

silenzio. Non mancano tesi, congetture,<br />

ricerche, ma sono ben lontane dal poter<br />

costituire un riferimento affidabile.<br />

Si <strong>di</strong>rebbe che le uniche ipotesi<br />

siano quelle che partono dai testi, dai<br />

libretti, letteratura che poi cambia pelle.<br />

Del resto, si sa che Lorenzo Da Ponte fornì<br />

meravigliose parole a Mozart, ma soltanto<br />

la musica <strong>di</strong> quest’ultimo le rese eterne.<br />

E Wagner, che si lascia alle spalle tutte<br />

queste mezze misure, non riesce a<br />

mostrare la sua visione con le sole parole:<br />

il Walhalla brucia tra armonie assolute<br />

e le frasi si perdono nelle fiamme.<br />

Eppure una <strong>via</strong> c’è, agli inizi<br />

del melodramma, nei giorni in cui le idee<br />

utopistiche correvano con la stessa<br />

velocità del denaro. I protagonisti Si può<br />

cominciare da Ottavio Rinuccini – allievo<br />

del Tasso e del Chiabrera – passato alla<br />

storia per le sue mascherate e per aver<br />

scritto i testi <strong>di</strong> una Dafne (1594),<br />

<strong>di</strong> un’Euri<strong>di</strong>ce e <strong>di</strong> un’Arianna, infine <strong>di</strong><br />

un Ballo delle ingrate; poi proseguire con<br />

il musicista Jacopo Peri, autore dell’opera<br />

più antica che ci sia pervenuta, eseguita<br />

a Firenze, in Palazzo Pitti, nel 1600 per<br />

le nozze <strong>di</strong> Maria de’ Me<strong>di</strong>ci con Enrico IV<br />

<strong>di</strong> Francia. E questa sua composizione è<br />

appunto, la ricordata Euri<strong>di</strong>ce. Certo,<br />

in un possibile elenco occorrerebbe<br />

aggiungere altri nomi, tra i quali c’è Giulio<br />

Caccini e non si può tacere <strong>di</strong> Clau<strong>di</strong>o<br />

Montever<strong>di</strong>, che nel 1607 metterà

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