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1222 BvS n.7 Novembre.qxd - Fondazione Biblioteca di via Senato

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38 la <strong>Biblioteca</strong> <strong>di</strong> <strong>via</strong> <strong>Senato</strong> Milano – novembre 2009<br />

G. Mantegazza, Capitolo XXXVIII, Un’altro trionfo, e ben<br />

più singolare, fu l’andare a quella palazzotto (Milano, <strong>BvS</strong>)<br />

le alla sua mentalità <strong>di</strong> ritrattista alla moda.<br />

Anzi, dell’immagine seducente e romanticamente<br />

ambigua <strong>di</strong> Gertrude fece un vero e proprio cavallo <strong>di</strong><br />

battaglia, riprendendo <strong>di</strong>verse volte il soggetto, trasformato<br />

nell’emblema <strong>di</strong> un Seicento <strong>di</strong> maniera certamente<br />

molto <strong>di</strong>stante dallo spirito manzoniano. Anche la figura<br />

<strong>di</strong> Lucia, nella mani del suo seguace Eliseo Sala, <strong>di</strong>venne<br />

una sorta <strong>di</strong> elegante ritratto ambientato, dove l’abilità<br />

del pittore nel saper rendere le stoffe, gli immancabili accessori,<br />

il magnifico incarnato, va certamente a scapito <strong>di</strong><br />

un approfon<strong>di</strong>mento psicologico o <strong>di</strong> un doveroso sforzo<br />

<strong>di</strong> interpretare la novità <strong>di</strong> quel personaggio.<br />

Del resto la <strong>di</strong>mensione eroica della pittura storica<br />

o quella patetica della pittura <strong>di</strong> genere rispondevano solo<br />

alla superficie del romanzo, rendendone gli sno<strong>di</strong> narrativi<br />

più imme<strong>di</strong>ati, le cadenze alla Walter Scott, e non la<br />

trama spirituale più profonda. Limite che si avverte anche<br />

nella trasposizione pittorica più impegnativa, quella<br />

rappresentata del ciclo <strong>di</strong> affreschi eseguiti tra il 1834 e il<br />

1837 da Nicola Cianfanelli in una sala dei cosiddetti Appartamenti<br />

della Meri<strong>di</strong>ana <strong>di</strong> palazzo Pitti, destinati a<br />

uso privato del granduca Leopoldo II, grande ammiratore<br />

<strong>di</strong> Manzoni e del suo romanzo. In una lunga lettera in<strong>via</strong>ta<br />

allo scrittore, il sovrano toscano precisava: «vado ad<br />

abitare un quartiere nuovo ed a fissarvi stabile <strong>di</strong>mora, e<br />

siccome due stanze ho per uso mio destinate l’una per accu<strong>di</strong>re<br />

gli affari, l’altra per le domestiche faccende, così<br />

per questa <strong>di</strong> quanti soggetti mi sono passati per la mente<br />

quello che più mi è piaciuto per farveli <strong>di</strong>pingere è il romanzo<br />

dei Promessi Sposi. È <strong>di</strong>fatti rappresentata in esso<br />

la vita dell’uomo come è in natura colle sue felici e tristi vicende<br />

ed a consolarne è nel romanzo quel filo della Divina<br />

Provvidenza che l’uomo regge, che è nascosto talvolta<br />

come l’or<strong>di</strong>to <strong>di</strong> un arazzo, ma che apparisce ogni tanto e<br />

tutto sostiene il lavoro: è quel filo d’oro che forma il fondo<br />

<strong>di</strong> un quadro sul quale le sete <strong>di</strong> color <strong>di</strong>verso segnano i<br />

dettagli che ottengono da lui forza e vivacità».<br />

Le vicende <strong>di</strong> questi affreschi sono state approfon<strong>di</strong>te<br />

in un mio volume del 1985 (Quale Manzoni Vicende<br />

figurative dei Promessi Sposi, il Saggiatore) dove notavo il<br />

carattere pedagogico e illustrativo <strong>di</strong> questa trascrizione,<br />

piena <strong>di</strong> riferimenti alla tra<strong>di</strong>zione della pittura cinque e<br />

secentesca, tali da fare del pittore il «Giovanni da S. Giovanni<br />

dell’età nostra», cioè l’epigono del massimo alfiere<br />

della decorazione storico-cortigiana secentesca.<br />

L’episo<strong>di</strong>o, che rappresenta una fase decisiva nella<br />

lunga e complessa vicenda della fortuna in pittura e nell’illustrazione<br />

del romanzo, conferma quanto Manzoni si<br />

dovette considerare tra<strong>di</strong>to da un eccessivo consumo visivo<br />

del suo capolavoro. La mostra che ho curato, sempre<br />

nel 1985, presso la <strong>Biblioteca</strong> Nazionale Braidense <strong>di</strong> Milano<br />

de<strong>di</strong>cata a L’Officina dei Promessi Sposi presentava allora<br />

i materiali e i libri illustrati stranieri presenti nella biblioteca<br />

<strong>di</strong> Manzoni e soprattutto della sua seconda moglie<br />

Teresa Borri Stampa, che servirono allo scrittore,<br />

quando, in occasione della nuova e<strong>di</strong>zione del 1841 decise<br />

<strong>di</strong> proporsi come e<strong>di</strong>tore e illustratore della sua opera,<br />

trovando in un pittore <strong>di</strong> secondo piano, il piemontese<br />

Francesco Gonin, lo strumento ideale per un’operazione<br />

moderna e sofisticata. Ma anche questa non sarebbe stata<br />

l’ultima parola e la storia illustrativa del romanzo avrebbe<br />

conosciuto ancora sensazionali sviluppi, come <strong>di</strong>mostrano<br />

lo straor<strong>di</strong>nario contributo <strong>di</strong> Pre<strong>via</strong>ti, in occasione<br />

del ben noto concorso Hoepli, e quello del Mantegazza<br />

riconsiderato proprio in questa occasione.

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