1222 BvS n.7 Novembre.qxd - Fondazione Biblioteca di via Senato
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novembre 2009 – la <strong>Biblioteca</strong> <strong>di</strong> <strong>via</strong> <strong>Senato</strong> Milano 7<br />
Il libretto <strong>di</strong> una “fabula” per la biblioteca dei nostri sogni<br />
<br />
La duplice utopia umanistica<br />
dell’Euri<strong>di</strong>ce<br />
GASPARE DE CARO<br />
BIBLIOTECA DELL’UTOPIA<br />
Idue saggi qui pubblicati sono<br />
tratti dall’introduzione all’atteso<br />
libro della <strong>Biblioteca</strong> dell’Utopia,<br />
quell’Euri<strong>di</strong>ce portata in scena dal<br />
Rinuccini alle nozze <strong>di</strong> Maria de’<br />
Me<strong>di</strong>ci. Senza prezzo il raffinato<br />
volume della Silvio Berlusconi<br />
E<strong>di</strong>tore, <strong>di</strong>sponibile anche in<br />
economica per i tipi <strong>di</strong> Mondadori<br />
(Ottavio Rinuccini, Alessandro<br />
Striggio, “L’Euri<strong>di</strong>ce e La favola<br />
d’Orfeo”. L’utopia nel melodramma.<br />
A cura <strong>di</strong> Gaspare De Caro, Milano<br />
2009, pp. 224, €16,00). Il libro<br />
verrà presentato da Armando<br />
Torno e Quirino Principe alle ore<br />
11 <strong>di</strong> sabato 12 <strong>di</strong>cembre alla<br />
<strong>Biblioteca</strong> <strong>di</strong> <strong>via</strong> <strong>Senato</strong>.<br />
Ovunque, per tutta l’area della sua <strong>di</strong>ffusione in<br />
Italia e in Europa – comunque limitata ai centri<br />
dell’assolutismo – il melodramma secentesco,<br />
nella magnificenza degli apparati, nell’allusività delle allegorie<br />
mitologiche e delle evocazioni storiche è «anzitutto<br />
uno strumento dell’ autorirà politica, un instrumentum<br />
regni, una pubblica <strong>di</strong>mostrazione e reppresentazione<br />
<strong>di</strong> autorità», in questo ere<strong>di</strong>tando il ruolo che gli Interme<strong>di</strong><br />
aulici avevano avuto nel secolo precedente. Che<br />
l’Euri<strong>di</strong>cealla conclusione della prima tra<strong>di</strong>zione e all’origine<br />
dell’altra ne con<strong>di</strong>vida la vocazione politica è dunque<br />
un’ipotesi plausibile. Tutta<strong>via</strong>, gli interrogativi in<br />
proposito non hanno avuto spazio nella pur nutrita letteratura<br />
de<strong>di</strong>cata al primo melodramma, in generale piuttosto<br />
elusiva del problema posto da Jacopo Peri nell’introduzione<br />
alla partitura.<br />
Se ciò che imme<strong>di</strong>atamente definisce<br />
l’origine del melodramma è la<br />
ricerca <strong>di</strong> soluzioni musicali tali da assicurare<br />
la migliore trasparenza ed efficacia<br />
del testo letterario, il messaggio<br />
che questo propone è evidentemente<br />
il problema centrale <strong>di</strong> un’adeguata<br />
comprensione dell’Euri<strong>di</strong>ce. E<br />
non mancano in<strong>di</strong>zi che inducano a<br />
sondare le eventuali intenzioni politiche<br />
del libretto <strong>di</strong> Ottavio Rinuccini;<br />
il nesso <strong>di</strong>retto tra la prima rappresentazione<br />
dell’Euri<strong>di</strong>ce e l’eminente<br />
ruolo politico <strong>di</strong> Jacopo Corsi, promotore<br />
insieme a Rinuccini della riforma<br />
teatrale, nelle trattative del<br />
granduca Fer<strong>di</strong>nando I con Enrico IV<br />
<strong>di</strong> Borbone per il matrimonio <strong>di</strong> Maria<br />
de Me<strong>di</strong>ci, evento che sembrava sancire un ra<strong>di</strong>cale rivolgimento<br />
negli orientamenti politici del granducato.<br />
È vero d’altra parte che l’assimilazione dell’Euri<strong>di</strong>ce<br />
alla vocazione politica degli Interme<strong>di</strong> e del melodramma<br />
secentesco è problematica. Entrambe le forme teatrali<br />
– più in generale la Festa – sono emanazioni del Potere:<br />
glorificazione del principe e apologia dell’assolutismo<br />
per un pubblico a composizione sociale variabile secondo<br />
tempi e circostanze, ma comunque destinato alla mera ricezione<br />
del messaggio. Con il consolidamento dello Stato<br />
assoluto, la Festa cessa <strong>di</strong> esser esibizione e conferma<br />
della «reciprocità <strong>di</strong> obbligazioni» tra il sovrano e i sud<strong>di</strong>ti:<br />
«non si tratta più <strong>di</strong> un <strong>di</strong>alogo tra la città e il principe.<br />
La popolazione è ammessa ad assistere e invitata ad acclamare,<br />
ma la sua parte d’iniziativa è nulla». Tutta<strong>via</strong>, avverte<br />
opportunatnente Jacquot, questo<br />
schema «ha senso soltanto se si<br />
esaminano casi concreti».<br />
E appunto, quanto all’origine, è<br />
<strong>di</strong>fficile ricondurvi l’Euri<strong>di</strong>ce, che inverte<br />
il percorso del messaggio teatrale<br />
e che era offerta dai sud<strong>di</strong>ti al<br />
principe – anche in deroga al cerimoniale<br />
simbolismo cortese del dono.<br />
Né quanto al contenuto e ai fini, l’Euri<strong>di</strong>ce<br />
sembra archi<strong>via</strong>bile come impresa<br />
<strong>di</strong> «privati in cerca <strong>di</strong> blasone»,<br />
episo<strong>di</strong>o <strong>di</strong> autopromozione cortigiana<br />
senza spessore politico al <strong>di</strong> là <strong>di</strong><br />
un contributo ornamentale alla festa<br />
<strong>di</strong>nastica. Questo giu<strong>di</strong>zio riduttivo,<br />
che riguardo all’Euri<strong>di</strong>ce rimane generico,<br />
in assenza <strong>di</strong> adeguate analisi<br />
del testo, cerca <strong>di</strong> precisarsi rispetto