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1222 BvS n.7 Novembre.qxd - Fondazione Biblioteca di via Senato

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46<br />

la <strong>Biblioteca</strong> <strong>di</strong> <strong>via</strong> <strong>Senato</strong> Milano – novembre 2009<br />

Ecco per le librerie comuni<br />

un’altra opportunità <strong>di</strong> scegliere i<br />

formati in 8º e i 16º. Ma <strong>di</strong> questo<br />

parleremo più ampiamente a suo<br />

luogo in altri numeri.<br />

<br />

CARATTERI<br />

[6 marzo 1927]<br />

I caratteri mobili provengono<br />

dalla silografia o stampa su legno intagliato<br />

colle figure in rilievo. Prima<br />

le semplici figure, poi le figure<br />

con qualche nome o leggenda esplicativa<br />

e <strong>di</strong> qui l’imitazione dei manoscritti<br />

e i silografici anche senza<br />

figure, cioè completamente <strong>di</strong> parole<br />

a stampa.<br />

La necessità <strong>di</strong> qualche mutamento<br />

nel testo coll’inserzione nella<br />

tavola <strong>di</strong> piccoli da<strong>di</strong> <strong>di</strong> correzione<br />

dona in ultimo l’idea dei caratteri<br />

mobili in legno. Da questi, in un<br />

tempo relativamente breve, ma<br />

pieno <strong>di</strong> febbrili ricerche, <strong>di</strong> gelose<br />

cure e <strong>di</strong> contrasti, si passa ai caratteri<br />

metallici gettati in matrici impresse<br />

col punzone. La stampa si riallaccia<br />

così a un proce<strong>di</strong>mento già<br />

da tempo esistente e da cui poteva<br />

anche derivare <strong>di</strong>rettamente senza<br />

il passaggio per la xilografia. Voglio<br />

<strong>di</strong>re: i timbri, i suggelli metallici e le<br />

monete per cui esistevano punzoni<br />

e matrici.<br />

Anche il giusto tipo della lega<br />

per i caratteri che doveva essere né<br />

troppo resistente né troppo cedevole<br />

alle pressioni richiese stu<strong>di</strong> e<br />

prove non in<strong>di</strong>fferenti fin che si<br />

giunse alla lega <strong>di</strong> piombo, stagno<br />

<strong>di</strong> specchio e antimonio che con<br />

poche mo<strong>di</strong>ficazioni, durò fino ai<br />

nostri giorni.<br />

In principio furono gli stessi<br />

stampatori che incisero i propri caratteri<br />

imitando i manoscritti e copiando<br />

le lettere gotiche della scrittura<br />

in uso, ma presto Jenson a Venezia<br />

e Sweyneheym e Pannartz a<br />

Roma introdussero le lettere rotonde<br />

che, col nome <strong>di</strong> romane, si adottarono<br />

quasi universalmente e che<br />

durano tutta<strong>via</strong>. È questo un carattere<br />

composto <strong>di</strong> capitali latine che<br />

servirono <strong>di</strong> maiuscole, e <strong>di</strong> lettere<br />

latine, spagnole, lombarde, sassoni,<br />

francesi o caroline, molto simili tra<br />

loro, da cui si trassero le minuscole.<br />

Aldo Manuzio nel 1512 stampò il<br />

primo libro in corsivo con caratteri<br />

che, o dal suo nome o dal luogo <strong>di</strong><br />

provenienza si chiamarono al<strong>di</strong>ni,<br />

italici o veneziani. Dicono che l’idea<br />

<strong>di</strong> queste lettere fosse venuta all’Aldo<br />

dai niti<strong>di</strong> manoscritti del Petrarca,<br />

ma è più facile che gli sia stata suggerita<br />

dai cursivetos sive cancellarios<br />

della cancelleria romana.<br />

Gli Elzevier nel sec. XVII impiegarono<br />

dei nuovi caratteri mo<strong>di</strong>ficati<br />

sui romani da Claude Garamond,<br />

e che dal loro nome furono<br />

detti elzeviriani. Sono molto eleganti,<br />

coi pieni molto accentuati e i<br />

tratti più uniformi <strong>di</strong> quelli romani.<br />

Qualche stampatore moderno li fece<br />

rivivere con successo in belle<br />

e<strong>di</strong>zioni che si chiamano appunto<br />

elzeviriane.<br />

Gotico, romano ed elzevir sono<br />

i tre caratteri che più spesso capita<br />

<strong>di</strong> dover nominare. Ne esistono<br />

molti altri o <strong>di</strong> fantasia o con qualche<br />

particolarità, specialmente dall’Ottocento<br />

in poi, <strong>di</strong> cui ci occuperemo<br />

in seguito in altre note.

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