Ruote nel L’ultima gioia è datata 17 marzo 2001. Michele Alboreto, gioisce a braccia alzate pe ril successo nella 12 Ore di Sebring. Con lui sul podio 68
tempo Dindo Capello (con la coppa) e Laurent Aiello. Un mese dopo la tragedia al Lausitzring l’estate dell’81, in cui Commendatore gli promette un futuro in Rosso. Ma per questioni legate a sponsor e contratti con altri piloti, il tutto si concretizza solo il 26 settembre 1983, giorno in cui si ritorna a vedere un pilota italiano a Maranello. Fin dai primi giorni Alboreto è entusiasta di un’atmosfera che definisce carica di storia. Nel primo GP dell’84, in Brasile, scatta bene, infilando la Lotus del poleman De Angelis, ma dopo 11 tornate in testa, abbandona per noie ai freni. Delusione che viene ripagata ampiamente a Zolder, quando Michele s’impone davanti a Warwick (Renault) e al compagno Arnoux. Finalmente 18 anni dopo Scarfiotti, un altro italiano torna a vincere sulla rossa. Purtroppo però la stagione è alquanto travagliata, causa il passaggio dall’iniezione meccanica a quell’elettronica e contro lo strapotere della McLaren di Prost, c’è ben poco da fare. Alboreto chiude al 4° posto, fiducioso del futuro. Il 1985 infatti, vede il lombardo lottare per il titolo; vince due volte in Canada e in Germania, è leader in classifica e pare avviato alla conquista dell’iride, quando l’incantesimo svanisce. Una serie di turbine difettose causa ripetuti ritiri, mentre Prost forte di una McLaren più affidabile macina punti costantemente. La classifica laurea il “Professore” campione con 73 punti, contro i 53 del ferrarista. La delusione è grande, per un titolo buttato al vento. Alboreto però, non si perde d’animo e guarda avanti. Purtroppo l’anno dopo, la Ferrari non è competitiva complice qualche problema di telaio e Michele deve accontentarsi solo di qualche piazzamento, chiudendo la stagione 8°, addirittura dietro al compagno Stefan Johansson, 5°. Nel 1987 a Maranello giunge Gerhard Berger, con cui nasce un ottimo rapporto. I problemi sorgono invece col nuovo responsabile tecnico, “il mago” John Barnard. Proveniente dai trionfi targati McLaren, l’inglese porta dei metodi innovativi, che entrano in rotta di collisione con Alboreto. L’atmosfera a Maranello è cambiata, il Drake ormai vecchio e malato è sempre meno presente e Michele intuisce che il rapporto col Cavallino è giunto al capolinea. L’ultima soddisfazione è targata 11 settembre 1988, quando arriva secondo a Monza alle spalle di Berger, firmando una storica doppietta dedicata al Commendatore scomparso da poche settimane. Lasciata la Ferrari, Alboreto affronta la prima parte del 1989 sulla Tyrrell con cui si piazza 3° nel GP del Messico e la seconda sulla Lola-Lamborghini. Affronta gli anni 1990- 1993 con la Arrows, che poi diviene Footwork, prima di salire sulla poco competitiva Lola- Ferrari. Arriviamo così al 1994, quando chiude la sua carriera in F.1 al volante della Minardi. Con la scuderia che lo aveva lanciato in F.2, Michele è 6° a Monte Carlo, agguantando un preziosissimo punto iridato. Gli anni seguenti, lo vedono impegnato nel DTM con l’Alfa 155, nella serie IMSA con la Ferrari 333 SP e nella americana Indy Racing League. Grandi soddisfazioni lo attendono però tra i prototipi nel 1997, quando vince la 24 Ore di Le Mans con una <strong>Porsche</strong> e nel ’98 è 2° nella Road Atlanta. Imprese, che gli fruttano l’ingaggio dell’Audi come pilota ufficiale, con la quale corre altre due volte a Le Mans, finendo prima 4° e poi 3°. L’ultimo suo grande successo è targato marzo 2001 nella 12 Ore di Sebring. Entusiasta dei risultati, pensa anche ad un suo futuro ruolo politico nell’ambito motoristico, promuovendo la crescita delle giovani leve. Forse un sogno troppo bello per essere vero. 69