LE IDEE DELL'ASTRONOMIA
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Manoscritti perduti 104<br />
Figura 3.11 j L’apostolo<br />
“con gli occhiali nella pala<br />
d’altare della chiesa di<br />
Bad Wildungen, Germania.<br />
Dipinto da Conrad<br />
von Soest nel 1403; forse<br />
la più antica rappresentazione<br />
di occhiali a<br />
nord delle Alpi. (Wikimedia<br />
Commons; user Gun<br />
Powder Ma)<br />
vare la luna (G. Fracastoro; Homocentrica sive de stellis, II, viii; III xxiii). È<br />
certo comunque che né Leonardo né Fracastoro riuscirono a descrivere in<br />
dettaglio i cannocchiali di cui parlarono e, tanto meno, a costruirli. [9]<br />
In realtà la possibilità di costruire cannocchiali era nota ben prima di<br />
Leonardo da Vinci e Fracastoro, poiché Ruggero Bacone (c. 1214–1294)<br />
nell’Opus Maius, Libro V, parla con entusiasmo della capacità degli “Antichi”<br />
di ingrandire gli oggetti piccoli e di avvicinare quelli lontani con<br />
opportune combinazioni di lenti e specchi, pur non riuscendo ad esporre<br />
una teoria ragionevole neppure nel caso di una lente singola. Prima di Bacone,<br />
la possibilità di usare i fenomeni di rifrazione per costruire microscopi<br />
e cannocchiali era stata lucidamente esposta da Roberto Grossatesta (c.<br />
1175–1253) che nel De iride (intorno al 1230) riferisce di una parte dell’ottica<br />
sconosciuta ai latini, ma nota ad Aristotele, che riguardava il passaggio<br />
di un raggio attraverso più corpi trasparenti e che “ci mostra il modo in cui<br />
possiamo far apparire vicinissime le cose molto lontane” (De iride, 73–74). [39]<br />
Forse Grossatesta conosceva un’opera greca, attribuita ad Aristotele, sulle<br />
applicazioni della rifrazione.<br />
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