24Sabato 7 Settembre 2013 CorrieredellaSera
Corriere della Sera Sabato 7 Settembre 2013Cronache25Il caso Le liti tra la vedova e il Comune brianzolo di MoltenoLa tomba vuotadi Lucio BattistiOra la cremazioneRiesumati i resti del cantante. Fan in lacrimeLa vicendaIn BrianzaAl Dosso di Coroldo(Molteno) Lucio Battisti hatrascorso gli ultimi vent’annidi vita, fino al 9 settembre1998, data della sua morte.Nella cappella dove erasepolto, si erano accumulatibigliettini, cartoline, cartoncinidei suoi estimatoriIl trasferimentoLa decisione di trasferire lasalma di Lucio Battisti daMolteno (Lecco) è stata presadalla vedova Grazia LetiziaVeronesi insieme con il figlioCarlo Luca Alberto. Le spogliedel cantante erano nelcimiterio brianzolo da 15 anniNelle MarcheSembra che la salma saràcremata a San Benedetto delTronto (Ascoli Piceno), neiprimi giorni della prossimasettimanaArtisti oltre il tempoDAL NOSTRO INVIATOAl cimiteroLa vedovadi LucioBattisti,Grazia LetiziaVeronese,al cimiterodi Molteno(Lecco),durantela traslazionedellasalma delcantautore(Ansa/Radaelli)Gli omaggiI biglietti lasciatinella cappella sono statiraccolti in un saccodella spazzaturaMOLTENO (Lecco) — Il rumoresordo del martello cheritmicamente demolisce ilmuro del loculo risuona nelsilenzio. Il cimitero è sbarrato,fan e telecamere sono tenutifuori. Davanti alla spogliacappella si affannano imuratori e gli uomini dellepompe funebri, il portellonedel furgone è già aperto. GraziaLetizia Veronese, la vedovadi Lucio Battisti, non tradisceemozione all’uscita dellabara di legno chiaro copertada un filo di polvere e quandovede i fotografi asserragliatilontano, dietro una cancellatalaterale, sbotta: «Quellagente lì non ci potrebbe stare».Niente fiori, niente preghiere,niente cerimonie. Il feretroviene caricato in fretta.Lei appoggia per un attimo lamano sulla bara e c’è qualcunoche vorrebbe trovare nelgesto l’improvviso riscatto diun vuoto troppo grande.Quanta poca poesia c’era ierimattina in questa scena, cosìin contrasto che le emozionidei brani di Battisti chehanno accompagnato la vitadi una generazione e che ancoraoggi — a 15 anni dallascomparsa — spingevano sinqui, da tutta Italia, centinaiadi persone, di tutte le età, chelasciavano sotto il vetro sbarratodella cappella (ma ancheattaccati sopra) messaggi d’affetto,di ringraziamento, sempliciricordi. Gli ultimi bigliettiingialliti li ha fatti raccoglierela vedova e li ha portati viain un sacco della spazzatura.Da ieri i fans sono ancora più«orfani», non avranno un altroluogo per i loro pellegrinaggi.Le spoglie, infatti, sonogiunte nel pomeriggio aRimini, città dove abita il figlioCarlo, e lunedì sarannocremate a San Benedetto delTronto. Poi le ceneri verrannoconservate dalla famiglia.Una decisione, quella diportare via il feretro da Molteno,che era nell’aria da tempo.La vedova abita a Roma,Lui, Gaber e gli altri che cantiamo ai nostri figliA cavalloLucio Battisti duranteil viaggio a cavallo daMilano a Roma fattocon Mogol nell’estatedel 1970 (Contrasto)la villa sul Dosso di Coroldo,dove Battisti ha vissuto pervent’anni — dicono i vicini— è in stato di abbandono epresto sarà venduta. Ma perla gente di qui non è causaleche la traslazione sia avvenutaall’indomani di una sentenzadella Corte d’appello cheha dato ragione al Comune(ribaltando il giudizio di primogrado) in una controversiacon la famiglia che ha tentatodi bloccare il festival organizzatoannualmente a Moltenoper ricordare Lucio, sostenendoche non può essereeffettuato senza il consensodegli eredi.Ed è sembrato uno schiaffoanche lasciare la tombavuota proprio alla vigilia delquindicesimo anniversario,che sarà lunedì, e che i fanavrebbero come sempre ricordato.Il sindaco di Molteno,Mauro Proserpio, che «permotivi di ordine pubblico»ha fatto chiudere il cimiterodurante l’estumulazione (creandoqualche protesta), gettaperò acqua sul fuoco: «Siamorammaricati, rispettiamo lescelte della famiglia, ma pernoi oggi è un giorno di grandedolore».Quando il furgone con il feretrolascia il cimitero, facendosilargo tra telecamere e fotografi,qualcuno grida «CiaoLucio!», e immediato parteun applauso. Alcune signorescoppiano in lacrime. Subitodietro arriva la Mercedes cona bordo la vedova: a lei i fansriservano solo sarcastici «Brava!».Una memoria di Battisticomunque resterà qui. Lagrande cappella in pietra, oravuota, fatta costruire appostadalla famiglia, è infatti in concessioneper cent’anni e nonpuò essere venduta.Luigi CorviInsieme con MogolDopo un lungo sodalizio,la separazione. Battisti scrisse di Mogolnel ’79: «La nostra è l’esperienza di duepersone che stanno diventandocompletamente diverse»© RIPRODUZIONE RISERVATAdi PAOLO DI STEFANOCosa sarà?, canterebbero LucioDalla e Francesco De Gregori.Cosa sarà che fa amare i cantautoriben al di là del loro tempo terrenoe li proietta in una sfera miticache non conosce confini generazionali.Quella sfera in cui una volta avevanoaccesso solo gli eroi, i santi e ipoeti. Cosa sarà quello strano sentimentoche fa dire a una ventunennedi Molteno, il giorno in cui la salmadel cantautore viene traslata, che daoggi si sentirà orfana. Tu chiamale,se vuoi, emozioni. Già, ma ciò rispondesolo parzialmente alla domanda.Cosa sarà che porta in piazza,a Camaiore, una marea di quindicenni,nell’estate che ha celebrato ildecennale della morte di Giorgio Gaber,a cantare in coro decine di volte«Il grido», facendolo proprio con ironia:«E noi così innocenti colpevolid’esser nati / in giro per le strade glisguardi vuoti i gesti un po’ sguaiati /si vede da lontano che siamo privi diideali...». E come si spiega il successodel giornalista Filippo Scanzi cheporta in giro, da Nord a Sud, il suoincontro-spettacolo Gaber se fosseGaber, con immagini del Signor G illustrateda altrettanti «monologhi divulgativi».Cosa sarà a rendere intramontabilela voce di Fabrizio De Andréanche per quelli che non gli sonostati più o meno coetanei. E com’èpotuto accadere che lo stessoDalla sia diventato uno dei simbolisacri di Bologna accanto alle due Torrie alla mortadella; e che Enzo Jannacci,la scorsa primavera sia statosalutato a Milano, davanti a Sant’Ambrogio,da una folla di ogni età straripantepur sotto la pioggia. Per nondire dell’inconsolabile fan club trasversaledi Rino Gaetano.Tutto sembra smentire il famosoNel mito della canzoneGiorgio Gaber Muore il 1˚ gennaio 2003prima di compiere 64 anni. Oltre cinquantaartisti hanno reinterpretato i suoi branipensiero di Bob Dylan: «Sono solocanzoni, non sono scolpite nella pietra,sono incise nella plastica». Oquello proverbiale di Bennato. Gli ingenuipronunciano la parola «poesia».Tutto ciò che facendo sommuovereil cuore rimane nella memoriaemotiva della collettività avrebbe accessoal calderone della poesia. MaJannacci non è Vittorio Sereni, FrancescoGuccini non è Pasolini e sarebbeassurdo paragonare Gino Paoli aFabrizio De André Scomparso il 9gennaio 1999, a 58 anni, con le suecanzoni è entrato nella cultura popolareGiorgio Caproni: i testi dei priminon hanno nessun valore in sé senon vengono accompagnati dallamusica e cantati. Pertanto, lasciamostare la poesia. Ciò non toglie che lascintilla poetica possa scoccare anchedalla canzone, quando l’equilibriotra musica e parole è stringentee perfetto o quasi, e cioè quandol’una non può rinunciare alle altre.L’equivoco nasce anche dal fatto chela poesia dei poeti oggi comunica pochissimo:un po’ per colpa dell’oscuritàautocompiaciuta e impermeabiledi tanti poeti, un po’ (tanto di più)per il crescente disinteresse del mercatoeditoriale.Dunque, cosa sarà? Non si può negareche le canzoni di Battisti hannorappresentato l’educazione sentimentaledi una generazione intrisadi ideologismi politici: in qualchemisura spiazzandola. Idem per l’esistenzialismoetico e maledetto di DeRino Gaetano Morto a 30 anni nel 1981, èstato considerato il «figlio unico» della canzoneitaliana. La sua «Gianna» si canta ancora oggiAndré, spogliato della prima letturapiù impegnata. Sono due modelliche si integrano, il privato e il pubblico,ma che hanno incarnato al megliol’ambivalenza del «come eravamo».L’effetto più imprevedibile èstato che quella generazione le haamate e memorizzate a tal punto, le«proprie» canzoni, da riuscire a trasmetterleai propri figli, facendoneuna colonna sonora familiare, capacedi superare gli steccati delle età:si potrebbe arrivare a dire che le unichecose che ha continuato ad amaredavvero, dopo il diluvio ideologico,sono le canzoni della propria adolescenzae giovinezza. Per questo, sonorimaste uno dei pochi spazi di comunicazionetransgenerazionale: ilrisultato (non necessariamente spregevole)è che genitori e figli non siparlano ma cantano le stesse canzonette,dove ci si riconosce nelle parolechiave utili ancora oggi: l’eternodissidio tra guerra e pace, tra giustiziae ingiustizia, tra ricchezza e povertàdi Fabrizio, l’amore e il disamoredi Lucio, la politica, la disillusione,l’antipolitica, le paure nevrotichedi Giorgio. Quelle parole cantate,estratte dall’epoca rissosa in cuifurono concepite, sono il solo filo resistentein cui si ritrovano i padri e ifigli, e forse i nonni e i nipoti. E nonè poco.© RIPRODUZIONE RISERVATA