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Corriere della Sera Sabato 7 Settembre 201341Moda Cabina armadioGuardaroba ll mito dell’automobile nella pellicola di Ron Howard con gli abiti di Gucci e FerragamoGiochidi stilePlasmati dalla velocità: sianoi bolidi lanciati sulla pistao gli abiti-icona. Linee,tagli, tessuti manifesto diuna stagione ribelle, i Settanta,come chi sceglie di vivere conil piede schiacciato sull’acceleratore:un po’ pioniere un po’ maudit. Trailmito (neofuturista) dell’automobile«più bello della Nike di Samotracia»e la strada, metafora del viaggio. L’alfae l’omega di un’esperienza esteticache, dal cinema, sconfina sulle passerelle.Complice il nuovo film del registapremio Oscar Ron Howard, «Rush»(in uscita in Italia il 19 settembre,distribuito da 01 Distribution con AndreaLeone Films). Oltre la retrospettivadal sapore vintage, la saga ambientatanel mondo delle corse —protagonisti i campioni di Formula 1Niki Lauda, interpretato da DanielBrühl, e il suo eterno rivale JamesHunt, nel cast l’attore ChrisHemsworth — ricrea lo spirito deltempo. Con l’epica sfida del ’76 tra idue fuoriclasse emblema di un decenniospericolato e visionario: a un passodall’utopia, per finire addomesticatodal riflusso. La doppia cifra — quagli ultimi sussulti d’avanguardia, làL’estetica ribelledella velocitàContaminazioni fra cinema e moda«Rush» e gli anni SettantaQuando correre era uno stile di vital’edonismo e il ritorno all’ordine — siriflette nella contrapposizione tra ipersonaggi chiave del film: l’austriacoperfezionista e glaciale (Lauda)versus l’imprevedibile playboy inglese(Hunt). Agli antipodi anche in fattodi stile: per il primo, Salvatore Ferragamoha disegnato capi impeccabilidal look casual-dandy. Giacche inprincipe di Galles dal taglio sartorialesu pantaloni sharp o corti giubbottiin suède profilati in pelle abbinati alAbiti di scenaTre frame del film di RonHoward: sopra la camicialogata Gucci. A sinistraChris Hemsworth (JamesHunt) con t-shirt Franklin& Marshall. Qui accantoDaniel Bruhl (Niki Lauda)vestito Ferragamodenim. Dei Settanta raccontano illato B, meno (glam) rock e più sofisticato,espressione di un’eleganzacontemporanea dal gustominimal chic. «Ho creato il guardarobaper il personaggio di Niki Lauda— spiega Massimiliano Giornetti, direttorecreativo della griffe che ha creatoanche gli abiti di Alexandra MariaLara, nei panni di Marlene Lauda —partendo dai tratti distintivi del caratteredello sportivo, un uomo fortementedeterminato e abituato a nonlasciare niente al caso». La coppiaJames Hunt-Suzy Miller (sul set,Daniel Brühl e Olivia Wilde)indossa invece capi dell’archivioGucci: un marchio che ha dasempre i Seventies, amatissimi daldirettore creativo Frida Giannini, nelsuo Dna. L’effervescenza del periodo,la sua spinta propulsiva sono declinatidal completo gessato slimdel protagonista maschile al mixd’innocenza e sensualità dellapartner femminile. Il film, così,finisce per proiettare un immaginariodiverso da quello vistosulle catwalk: più inclineall’azzardo che al ripiegamento,malgrado i tempibui della crisi. E chissà che,a rinforzare la terapia d’urtoper ritrovare il coraggiodella sfida, non sia ancheun’altra novità: quella dipoter vestire come i pilotidi «Rush» indossando lecollezioni ispirate al thrilleradrenalinico.Maria EgiziaFiaschetti© RIPRODUZIONE RISERVATAFranklin & MarshallLa «capsule»del filmgià in venditaSana competizione e capitale umano:la Formula 1 prima dell’era digitale,quando a fare la differenza eranosoprattutto i piloti. Sarà per l’affinità conil personaggio, sarà per il culto degli anniSettanta, Franklin & Marshall è tra imarchi italiani invitati a reinterpretare illook di James Hunt in «Rush»: vuoi per lasua anima vintage, vuoi per l’expertisenell’abbigliamento sportivo e nellostreetwear. Per il racer conosciuto nelmondo delle corse come «lo schianto»,l’azienda di Montorio ha disegnato unacapsule collection composta da cinquet-shirt e una tuta, in vendita nei suoi storepiù esclusivi e in retail di prestigio: aLondra, tre vetrine di Harrods sarannoallestite con i capi creati per il film e unareplica della McLaren del ’76. «Per let-shirt — spiega Andrea Pensiero, unodegli amministratori della società insiemecon Giuseppe Albarello — abbiamoattinto all’archivio del pilota che, nelmondo della Formula 1, era decisamentefuori dal coro». Estroso anche nello stile:«Tra i primi in Europa — ricorda Pensiero— a indossare magliettesimili a quelle deisurfisticaliforniani,giacche lunghe emaglioni di lanaoversize». Audace esopra le righe un po’come i Seventies: «Inquel periodo —rivela l’ad diFranklin &Marshall —lavoravo a Milanoda Fiorucci: fuallora che tutte leragazze iniziarono aindossare i jeanscome capo alla moda,non più da lavoro».Senza cedere allanostalgia, Pensieroritiene insuperata lacarica rivoluzionariadell’epoca: «Neidecenni successivi i cambiamentisono stati molto meno radicali». Altritempi, altra visione del mondo che, inparte, il film di Ron Howard restituisce:«Mi hanno molto colpito la fotografia, icolori vivaci in sintonia con il nostrostile». Più interessato all’autenticità chealla patina glamour, l’ad di Franklin &Marshall vorrebbe ripetere l’esperimentocon altri atleti: non le star del calcio, mafuoriclasse in discipline meno esposte allapressione dei media. «L’ideale sarebbero icampioni del basket Nba».M. E. F.© RIPRODUZIONE RISERVATALa prima boutique di GiadaTorna a casa il marchio italianoche ha fatto fortuna in CinaGiada: in Cina è la pietra più usataper monili e oggetti di culto, inItalia è anche un nome di donna.In equilibrio tra i due Paesi c’è unomonimo marchio di moda femminile:nato a Milano, disegnato e prodotto inItalia, ma cresciuto in Cina e diproprietà cinese. Nel 2001 la stilistaRosanna Daolio, dopo tante esperienze,decide di creare la sua linea. «Volevo unnome semplice, facile, breve escaramantico». Stesso input essenzialeper gli abiti: tessuti pregiati, linee pulitee rigorose a definire uno stile minimal,ma non severo. Il sogno quindi prendeforma , ma la mancanza di fondi rendeimpervio il cammino di Giada. Fino aquando, nel 2005, Daolio incontraYizheng Zaho, imprenditore cinese checommercializza marchi di lusso. È lasvolta. I due si capiscono e decidono diRosannaDaolio, stilistadel marchioGiada che hainauguratola primaboutiqueitaliana.Accanto, unmodello dellacollezioneintraprendere insieme il cammino cheporterà il marchio ad essere un puntodi riferimento di stile italiano in Cina.Perché è in Cina che Giada di fattonasce e cresce, fino a 47 monomarca.Abitini bon ton ma grintosi, avvolgenticappotti in cachemire double, tailleurprecisi . Il tutto declinato solo in nero,blu, ostrica e bianco, con piccoli lampidi tinte accese. Idem per gli abiti dasera: solo qualche bagliore, «masussurrato come si addice ad una Ladycosmopolita». Ora Giada è tornata acasa: in Italia, in via Montenapoleone.La location è un concept storeprogettato dall’architetto ClaudioSilvestrin in un palazzo ottocentesco.Pochi gli arredi, materiali naturali epreziosi come il porfido, il bronzo fuso,il cuoio, per un effetto di sinergia congli abiti, che risultano esaltati dallageometria lineare e pulita. La boutique,aperta da ieri, verrà inaugurata con unparty il 20 settembre durante lasettimana milanese della moda.Sofia Catalano© RIPRODUZIONE RISERVATADiciassette rubiniColori originali,scalinatura della cassaL’orologio tostoma non «cattivo»di prendertempo può apparire un paradosso,parlando d’orolo-L’importanzagi, e forse proprio per questo nontutti la comprendono. Eppure èla trasposizione del vecchio proverbio:«Chi ben comincia…».Quelli di Bomberg sono davveropartiti con il piede giusto: sulpiano estetico sono riusciti a creareun proprio stile, macho, manon troppo, tosto, ma non «cattivo»che potrà piacere a molti proprioper la mancanza di esagerazioni.Ai più esigenti, poi, piaceràSalmoneIl Maven di Bombergdi Augusto Veronila grande attenzione per i dettagli:dalla buona fattura dei quadranti,notevoli anche per la sceltadi colori originali e al tempostesso tali da facilitare la lettura,per arrivare alla scalinatura dellacassa (rara in orologi di prezzocontenuto), è ben evidente che ilprogetto ha avuto una lunga fased’incubazione. Quelli della Bomberg(sede a Neuchâtel) hanno saputoinfine centrare anche il prezzo:il modello Maven, ad esempio,monta un movimento meccanicoa carica automatica di produzioneorientale consentendo, almenoin questa prima fase di lanciosul mercato, di contenere ilprezzo. Un buon argomento peraffrontare anche i mercati in difficoltà:il consiglio è di cercarli(magari aiutandosi con il sitowww.bomberg.ch) per verificarecon i propri occhi: 550 euro.© RIPRODUZIONE RISERVATA

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