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CorrieredellaSera Sabato 7 Settembre 2013Spettacoli 57ViaCastellanaBandieradiDanteconRohrwacherSacroGradiGianfrancoRosiTomàlafermedieconXavierDolanLajalousiediPhilippeGarrelconLouisGarrelUnesordiosorprendente:unfilmpienodirabbiamanondidisprezzo,metaforicomainsiemeconcretissimoecoinvolgenteUncampionariodivitalitàestranezze:letantefaccediunmondocheciviveaccantomasucuinonposiamomailosguardoIldrammadiun’identitàrepressaraccontatocomeunthriller.IlfilmconilpiùaltotassodicinefiliadelconcorsoLacasualitàdell’amoreraccontataattraversoildolorecheprovocainchivieneabbandonato.Malinconicoecrudele«Che strano chiamarsi Federico»Lastoriadelcinemaedell’Italianell’«album»delregistaScolafariviverel’amicoFellini«Volevaesserericordatocongioia»Amarcordtrafictionedocumentario.ConSordi,TognazzieGassmanL’originedeltitoloUn verso di García Lorcaper raccontareil legame tra artistiVENEZIA — Seduto su una sedia«da regista», cappello a larghetese, sciarpa al collo… Anchedi spalle si riconosce subitoFederico Fellini. Uno schizzo inbianco e nero, pochi tratti perdire tutto. Sotto una firma, Scola.Un maestro del cinema chene ritrae un altro. Meglio, unamico che si diverte a prendereappunti su un collega. Inizia cosìChe strano chiamarsi Federico,verso di García Lorca preso aprestito da Ettore Scola per raccontareun legame di vita e arteintenso, mai interrotto. E subitodopo quel disegno si fa realtà.Fellini, stessa posizione, comparein riva al mare. Pronto a godersii provini che tanto lo divertivano:una ballerina, un mangiafuoco,un prestigiatore… Personaggida circo di paese, allegrie malinconici. «La vita è una festa— diceva — perché non vivereogni istante come tale?».Risate e commozione ieri perun film (dal 12 settembre nellesale) che racchiude un pezzo distoria del cinema e dell’Italia.Dal 1939, anno in cui Fellini arrivaa Roma per collaborare comevignettista al satirico Marc’Aurelio,fino alla sua morte (il 31 ottobresaranno 20 anni). Unomaggio al grande Federico cheha richiamato al Lido il presidenteNapolitano. Che, a fineproiezione, ha abbracciato strettoScola tra lunghi applausi. «Unbellissimo film, difficile, che soloEttore poteva fare — ha commentato—. Due registi così diversiper temperamento, eppurecosì vicini. Fellini come nessunaltro ha saputo coniugare realtàe immaginario, l’umanità italianae la fantasia. «Quell’Italia iol’ho vissuta. Tra i suoi film, ilmio preferito è Amarcord. Hoconosciuto Fellini, sono andatoanche a trovarlo a Ferrara dopol’ictus».Legami d’amicizia di lungocorso. Come quello tra Ettore eFederico. «Ci siamo incontrati alMarc’Aurelio — ricorda il regista,anche lui in quella fucina ditalenti con Steno, Metz, Marchesi,Maccari — Lunghe notti achiacchierare nei bar, scorribandein auto fino all’alba, perchéFederico era insonne e giravaper Roma dando passaggi a prostitutee vagabondi, ubriaconi eNostalgicoSopra,unascenadi«ChestranochiamarsiFederico-EttoreScolaraccontaFellini»presentatoFuoriconcorsoierialLido(nellesaledalprossimo12settembre).Alato,EttoreScola(82anni)tralafigliaPaolaeGiacomoLazotti;dietro,Pietro,AnitaeMarcoScolaDiMambro,nipotidelregistanobili decaduti. Guidava e ascoltavale loro storie. Molte sono finitenei suoi film».Così come in quello di Scolasono finiti preziosi reperti dellaloro frequentazione. «È un albumdi ricordi: cartoline stinte,ritagli, fiori secchi. Quello che lamemoria sbiadiva, l’ho ricostruitoin sceneggiatura con le mie figliePaola e Silvia. A completareil lavoro di famiglia, nel cast imiei cinque nipoti. Tommaso eGiacomo nei panni di Federico emiei da giovani. Uniti dalla passionedel dipingere. Poco primache morisse gli portai un ultimoregalo: dei pennarelli e un albumda disegno». La parte fictionsi alterna a documentid’epoca e rari filmati. Come iprovini per il Casanova. In parruccae giubbe settecenteschesfilano Sordi, Tognazzi, Gassman.Ciascuno provocato dalperfido Federico, che già avevascelto Sutherland, ma si divertivaall’idea di quei siparietti.Si diceva che era un qualunquistain politica. «E un maschilistanel sesso… Ma nessuno comelui ha ritratto con ferocia lavuota retorica del fascismo. Nessunoha guardato la donna contanta tenerezza». Nostalgia diquei tempi? «Nessuna. Si sonoperse tante cose ma se ne sonoguadagnate di più. Da quella nostragiovinezza non sono passati50 anni ma 5 secoli».Al ritorno delle luci in salamolti occhi lucidi. «Non capiscocosa ci sia da commuoversi — siribella Scola — Si piange suimorti dimenticati, non è il casodi Federico». Che difatti nel filmrisorge. Sventa la sorveglianzadei carabinieri messi di guardiadella bara, se la svigna dallo Studio5 di Cinecittà trasformato incamera ardente, e corre via. «Luicosì allegro e autoironicosi seccherebbe davanti atanti inutili singhiozzi —conclude Scola —. Ma lacolpa non è del film. Dopouna certa età ci si commuovesu se stessi. Non sipiange, si è afflitti da debolezzalacrimale. Basta unacotoletta ben fatta per farspuntare i lucciconi…».Giuseppina Manin©RIPRODUZIONERISERVATAAgiscuolaIlLeoncinod’orovaa«SacroGra»«Sonostatounpadreassente,perquestovoglioregalarequestoLeoncinod’oroamiafigliaEmma».LohadettoGianfrancoRosi,registadi Sacro GradurantelacerimoniadiconsegnadelLeoncinod’OroAgiscuolaperilCinema.«Illeoncino—prosegue—famenopauradelLeoned’Oro,maèancorapiùbelloquandovienipremiatodaunagiuriadigiovani».RosihapartecipatoallaMostraconundocumentariosull’areaurbanadelgranderaccordoanularediRomaSettimanadellacriticaPremiato«Zoran»conBattistonZoran, il mio nipotescemovinceilPremiodelpubblicodellaSettimanadellacriticaaVenezia.LapellicolarivelazionedellaMostra,direttadaMatteoOleotto,havintoancheilPremioSchermiQualità—datoaunfilmitalianosceltotratuttiipresentatiallevariesezioni—edèstatodefinitodallagiuria«adaltagradazionealcolica,nobilitatodallamagnificainterpretazionediGiuseppeBattiston».Zoran il mio nipotescemousciràinsalail14novembre.Emergenti ApplausiallastoriaraccontatadalvenezianoAndreaSegre,giàautoredi«IosonoLi»Dall’AfricaalTrentino,laprimanevedell’immigratoDA UNO DEI NOSTRI INVIATIVENEZIA — DopoStillLife di Pasolini,un altro film italiano in concorsonella sezione Orizzonti riceveun’accoglienza entusiastica. Standingovation per La prima neve diAndrea Segre che ha festeggiato ierinel migliore dei modi il suo37esimo compleanno. Per il suo secondofilm di finzione dopoIosonoLi, il documentarista veneziano hacercato un ragazzino capace di arrampicarsifin sulla cima di un albero,di sporgersi sopra un burrone,di non sentirsi perso in un bosco. «Ibambini di città che crediamo liberi,in realtà sono ingabbiati».Così per il ruolo di Michele — unragazzino da poco orfano di padreTrioDasinistra,Jean-ChristopheFollyeMatteoMarchel,attoridi«Laprimaneve»,eilregistaAndreaSegrediviso tra un rapporto complicatocon la madre Elisa (Anita Caprioli) el’affetto dello zio Fabio (GiuseppeBattiston) — ha voluto l’11enneMatteo Marchel, trovato nella valledei Mocheni in Trentino dove haambientato il film prodotto da Mar-co Paolini e Francesco Bonsembiante,nelle sale dal 17 ottobre. «Diuna bravura imbarazzante» assicuraBattiston. È la storia di una famigliae, insieme, una storia che parlaancora di integrazione, nata anchedall’incontro con alcuni profughiscappati dalla guerra libica, ospitatinei centri d’accoglienza trentini. «Èvero, ci sembra normale. Una normalitàperò che raramente vieneraccontata, si preferisce parlaresempre dei problemi. È più facileraccontare la paura. Nel nostro Paesec’è questa schizofrenia nel rapportocon lo straniero: lo si respingein generale ma lo si difende selavora per noi».Personaggio centrale è Dani(Jean-Christophe Folly), che si trovaa fare da aiutante al nonno falegnamedi Michele. È arrivato dal Togo,non ha mai visto la neve, ha una figliadi un anno che non riesce aguardare negli occhi: gli ricordanoquelli della moglie morta di parto.Come Michele ha un lutto difficileda elaborare. «Volevo raccontareproprio questo: la storia di un padreche non riesce a esserlo e di un figlioche non può più essere figlio. Ela natura, i boschi dei Trentino cheriescono a diventare la casa ancheper chi arriva dall’Africa» spiega Segre.Un regista che, sostiene Paoliniriesce a fare documentari durissimie film romanticissimi.Stefania Ulivisulivi©RIPRODUZIONERISERVATA

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