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FuoriAsse #21

Officina della cultura

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Nelle foto di Nerina è prevalente il<br />

“plein aire”, dove lo spazio aperto che<br />

circonda non è mai opposto alla figura<br />

che ospita, anzi, spesso la figura centrale<br />

della fotografia viene posta a un lato,<br />

non per cercare di metterla in risalto<br />

isolandola, ma per offrire una visione<br />

così forte di appartenenza al mondo da<br />

volersi fare parte integrante di esso e<br />

non una figura al suo interno: «Sì, credo<br />

che sia parte del mio sentirmi parte del<br />

tutto, quasi come se cercassi di passare<br />

inosservata perché lì da sempre». Lo<br />

sguardo scappa dallo schermo e le mani<br />

si nascondono tra i capelli. Se in una<br />

foto sui tetti di una città vestita di nero<br />

sembra voler prolungare lo stendersi<br />

dell’ombra, in un altro scatto in un<br />

bosco, il corpo di un uomo persino nel<br />

camminare si fonde con il fusto di un<br />

albero. «Forse proprio perché spesso mi<br />

sento inadeguata, nelle fotografie trovo<br />

uno spazio nel mondo che non definisce<br />

una figura dentro qualcosa, ma qualcuno<br />

che questo lo vive dentro, che ne<br />

faccia parte». Guarda seria e poi cerca<br />

un sorriso che non arriva.<br />

© Nerina Toci<br />

©Nerina Toci<br />

FUOR ASSE<br />

118<br />

Sguardi

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