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FuoriAsse #21

Officina della cultura

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Il maestro<br />

di scherma<br />

di Roberto Barbolini<br />

Con questo caldo, tirare di scherma<br />

indossando una maschera in maglia<br />

d’acciaio con gorgiera bianca sul collo e<br />

una giubba aderente poco adatta alla<br />

mia stazza gigantesca, in più strizzandomi<br />

le coglie dentro a un paio di braghe<br />

bianche strettissime acquistate di seconda<br />

mano su e-Bay, credetemi, è un<br />

vero inferno. Ma a questo mi sono ridotto,<br />

e dati i tempi è grasso che cola. Devo<br />

anzi essere grato al barone Lo Cicero<br />

che mi ha trovato lavoro in questa palestra<br />

scalcinata alla periferia di Roma,<br />

lupa insaziabile dal cui ventre, io che ai<br />

piaceri del ventre ho tanto sacrificato,<br />

sono stato lentamente divorato fino<br />

quasi a perdere la memoria di me<br />

stesso.<br />

La palestra si chiama Vigor (non un<br />

grande sforzo di fantasia) ed è gestita da<br />

un ex rugbista che s’è innamorato della<br />

scherma dopo un placcaggio malriuscito<br />

costatogli tre mesi d’ospedale. Il barone<br />

Lo Cicero gli ha chiesto di assumermi<br />

come maestro per i corsi estivi dei principianti.<br />

Un lavoro precario e umiliante<br />

per uno spadaccino della mia esperienza;<br />

ma sempre meglio del posto da giardiniere<br />

che, incurante delle mie palle<br />

araldiche, avevo elemosinato al mio<br />

nobile amico. «Anche tu fosti barone,<br />

perciò non puoi diventare servitore d’un<br />

tuo pari grado», mi aveva liquidato Lo<br />

Cicero.<br />

©Brett Walker<br />

© Brett Walker<br />

Ed eccomi qui, con 35 gradi all’ombra,<br />

a tirare stoccate per finta a mocciosi<br />

supponenti e a ragazzine in attesa del<br />

menarca, cercando di instillare nelle<br />

loro zucche dure e nelle loro membra<br />

torpide i cosiddetti fondamentali della<br />

nobile arte della scherma: cavazioni,<br />

finte, affondi, botte dritte con la lama in<br />

linea retta a cercare per la via più breve<br />

il bersaglio. Ma sì: è già molto insegnargli<br />

a tenere la guardia, con l’avampiede<br />

destro in direzione dell’avversario e<br />

l’avampiede sinistro orientato verso il<br />

bordo della pedana. Il saluto si fa portando<br />

l’arma in linea per poi flettere il<br />

gomito, alzare la coccia fino a sfiorare il<br />

volto, e distendere nuovamente il braccio.<br />

«En garde!». Il combattimento può<br />

finalmente incominciare.<br />

Il vero spadaccino è ghiotto della lama,<br />

perennemente affamato di duelli. Ma<br />

deve saper frenare la sua furia: la parola<br />

scherma deriva da schermirsi, ossia<br />

proteggersi, ripararsi. «La prima cosa da<br />

FUOR ASSE<br />

146<br />

Il principio dell’iceberg

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