FuoriAsse #21
Officina della cultura
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dalle sue labbra non usciva suono» –, in<br />
chiusura è spostato su Marta, sul suo<br />
raccontarsi mediato da una nuova consapevolezza<br />
di sé, ridimensionata proprio<br />
dalla narrazione di Michele: quella narrazione<br />
altra che si innesca a partire dalla<br />
necessità di lui di elaborare l’accaduto<br />
in modo più responsabile – è questo a<br />
spingerlo verso Marta –, narrazione che<br />
accoglie il rifiuto di lei e autonomamente<br />
si ricrea. È tutto questo che Marta deve<br />
infine riuscire a includere.<br />
La scelta di una struttura del romanzo<br />
come ripetizione di operazioni binarie<br />
simmetriche ci pare volta allo sviluppo di<br />
questo significato, e saranno soprattutto<br />
le due giornate in cui si verificano gli<br />
incontri – con i movimenti dei protagonisti<br />
alternativamente identici, fra interni-rifugio<br />
e libero camminare che espone<br />
alla solitudine, all’angoscia fino all’elaborazione<br />
di un’intima risoluzione – a tradurre<br />
e a modulare la complementarità<br />
dei significati. La prima giornata è tinteggiata<br />
d’azzurro, un azzurro che irrompe,<br />
surreale, che elettrizza e tutto accende<br />
fino a rendere gli altri colori «non più credibili»:<br />
è destabilizzante, come lo è Michele<br />
che pone Marta al centro della<br />
sua personale «rilettura», derubandola<br />
di «certezze che le erano state cucite<br />
addosso per poi essere calata in una<br />
nuova realtà – come il protagonista di un<br />
romanzo che ritrova, di colpo, la dimensione<br />
più gradita all’autore»: è tutto un<br />
procedere senza logica, un «non riuscire<br />
a stare dentro il flusso per un tempo coerente».<br />
Poi invece, il bianco, che pulisce,<br />
cancella, riordina, fa morire e ancora<br />
rinascere. È con il bianco, dove non<br />
si riconoscono i confini e tutto è arrotondato,<br />
che Marta si identifica, è in quel<br />
solitario nulla che si riflettono le desolanti<br />
domande che rivolge a se stessa:<br />
«Dove vado, adesso? Cosa faccio, cosa mi<br />
racconto per arrivare a sera, a domani?».<br />
Gucci anticipa qui uno scenario di<br />
morte: il ritorno di entrambi al ricordo<br />
vivo di quel giorno, in un racconto dei<br />
fatti dispiegato simultaneamente, ma in<br />
due spazi differenti, e in presenza di due<br />
diversi interlocutori: un cliente del nuovo<br />
negozio di Michele, come Michele appassionato<br />
di biciclette, un uomo qualunque,<br />
senza progetti, senza famiglia; una<br />
barbona che vive ai margini, una povera<br />
donna che come Marta ha avuto dei figli,<br />
e anche a lei sono morti. E ora è lì, alla<br />
deriva. Una doppia narrazione che si<br />
espande fino a lasciare immaginare al<br />
lettore, investendo l’interlocutore di una<br />
proiezione, ciò che ciascuno avrebbe potuto<br />
essere o ancora potrebbe diventare,<br />
se quell’ostinazione di loro insieme, di<br />
un possibile dialogo, non li avesse alternativamente<br />
sorretti; se quell’incontro<br />
non riuscisse a salvare in loro insieme<br />
presente e passato.<br />
Emiliano Gucci rilancia per l’intero<br />
romanzo, attraverso una figuralità rafforzata<br />
dai parallelismi e una ripresa<br />
continua delle immagini – in uno stile<br />
misurato, dai dialoghi ficcanti (con qualche<br />
solo rallentamento della narrazione<br />
nella prima parte che non ci appare<br />
sempre necessario) –, l’accadere di un<br />
riconoscimento: un riconoscersi autentico<br />
dell’io nella relazione, possibile soltanto<br />
attraverso la predisposizione a un<br />
decentramento da sé. Attraverso la prospettiva<br />
dell’altro. Nel finale, ciò che<br />
conta non è dunque più la storia d’amore,<br />
ma l’essere nella relazione in senso<br />
più ampio: nel valore di una coappartenenza.<br />
Marta infatti non può sapere<br />
come andrà a finire fra lei e Michele, ma<br />
si fa carico dell’essere dell’altro, lo implica<br />
nella sua diversità; può ammettere di<br />
sé una “visione” non “accresciuta” dopo<br />
l’incontro, piuttosto accetta di sé un<br />
depotenziamento – «Una dimensione più<br />
umana, complicata eppure circoscritta,<br />
FUOR ASSE 71<br />
Il rovescio e il diritto