FuoriAsse #21
Officina della cultura
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Nuovamente, dopo Neve, cane, piede<br />
(Exorma, 2015), la montagna è protagonista<br />
indiscussa: luogo ove la vita è difficile,<br />
faticosa, scandita dai cambiamenti<br />
stagionali, in cui la vita stessa dell’uomo,<br />
degli animali, delle cose, è attaccata<br />
alle rocce come i ricordi all’esercizio<br />
della memoria. Ma se in Neve, cane,<br />
piede l’autore affronta e narra senza<br />
troppi fronzoli l’isolamento dell’uomo,<br />
immerso in un ambiente ostile così<br />
come nell’ostilità e nella ripetizione dei<br />
suoi stessi gesti, ricordi, pensieri, con<br />
Le Pietre egli prende il lettore contropiede,<br />
pur regalando un seguito a coloro<br />
che dal precedente romanzo erano rimasti<br />
con un «po’ di acquolina in bocca».<br />
Come le pietre ballerine di cui racconta,<br />
Morandini prende in giro, fa una piroetta,<br />
ribalta la feroce realtà di Adelmo<br />
Farandola e la trasforma nella realtà<br />
surreale di Sostigno e Testagno ove, da<br />
che l’io narrante ha memoria, le pietre<br />
hanno preso possesso del paese. Arrivate<br />
quasi alla chetichella a casa dei<br />
coniugi Saponara, cittadini trasferitisi<br />
in montagna per rilassarsi, si sono impadronite<br />
del paese e gli sparuti abitanti<br />
se le trovano ormai ovunque: nelle<br />
scarpe, nel letto, persino nella zuppa.<br />
uomini di culto, ma anche semplici paesani<br />
che nelle pietre vedono il Male o<br />
una opportunità di guadagno, offrono<br />
una propria versione dell’astrusa vicenda<br />
che coinvolge il paese. Ogni personaggio,<br />
attraverso i ricordi e le memorie<br />
filtrate da un io narrante – ragazzino<br />
all’epoca delle prime pietre semoventi,<br />
ormai adulto nella realtà di una Sostigno<br />
quotidianamente alle prese con le<br />
pietre –, fornisce elementi attraverso cui<br />
il lettore ricostruisce la storia del paese<br />
e Morandini è abile nel guidare quest’ultimo<br />
in un continuo altalenarsi tra racconto<br />
corale e in prima persona, rimescolando<br />
consapevolmente i piani del<br />
reale e del fantastico. Innescando, infine,<br />
una sorta di cinematografica “sospensione<br />
dell’incredulità”. In uno scenario<br />
plausibile, reale e riconoscibile,<br />
ove abitudini e fatiche sono vivide e concrete<br />
– tangibili, perché ereditate da tradizioni<br />
antiche – in cui i discorsi sono<br />
quelli di tutti i giorni, semplici e alla<br />
mano, si innesta la vena di una “follia”<br />
che è parte stessa della natura. Sta<br />
a noi decidere se credere oppure no.<br />
Morandini ce ne lascia facoltà.<br />
Che fare, dunque, quando l’elemento<br />
naturale prende il sopravvento sulla<br />
volontà dell’uomo, sulla sua necessità di<br />
regolamentare tutto sempre e comunque,<br />
di assoggettare ciò che è l’ambiente<br />
alle proprie necessità e desideri? Nulla.<br />
La comunità si abitua, la gente si<br />
adatta, edulcora o amplifica alcune situazioni,<br />
esprime la propria singolarità<br />
ricamando racconti e visioni personali.<br />
Morandini riesce, attraverso un lessico<br />
puntiglioso e musicale, capace di toccare<br />
differenti registri narrativi, a creare<br />
una carrellata di personaggi strabilianti:<br />
maghi, santoni, giornalisti, geologi,<br />
FUOR ASSE<br />
167 Claudio Morandini