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FuoriAsse #21

Officina della cultura

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medicina ai disagi della modernità. Io<br />

personalmente sono d’accordo che forse<br />

proprio questo sia l’antidoto: continuare<br />

ad interessarsi alle cose belle, alle cose<br />

che hanno fatto grande il nostro pianeta<br />

e, nonostante le bombe, le esplosioni,<br />

l’assordante rumore dei mondi fantastici<br />

ricreati al computer, ciò che resterà<br />

sarà il silenzio e la contemplazione della<br />

bellezza. Quel silenzio pieno di poesia<br />

presente nel finale di Her (2013) di<br />

Spike Jonze, dove un malinconico Theodore<br />

(Joaquin Phoenix) decide finalmente<br />

di accettare la fine della relazione<br />

con il suo sistema operativo Samantha<br />

(nuovamente una Scarlett Johansson<br />

“replicante”) e si associa all’abbraccio<br />

profondo di Amy (Amy Adams), anche<br />

lei una ragazza abbandonata dal “suo”<br />

sistema operativo. Ed ora, uniti nella<br />

malinconia d’amore, entrambi osservano<br />

finalmente sereni e liberi, su di un<br />

grattacielo, il dispiegarsi della metropoli<br />

notturna. Theodore ed Amy sono, insomma,<br />

tornati umani e sono nuovamente<br />

pronti a contemplare l’infinito<br />

su di un piano visivo privilegiato, calpestando<br />

il simbolo della civiltà industriale<br />

(rappresentato dal grattacielo)<br />

e mentalmente liberi dai dettami della<br />

società virtuale (il sistema operativo):<br />

l’individuo è tornato ad essere padrone<br />

della sua identità e riesce a rinnamorarsi<br />

di nuovo del suo ambiente reale e<br />

di un altro individuo composto da sangue,<br />

battiti, sentimenti, e bellissime<br />

imperfezioni.<br />

©Tina Kazakhishvili<br />

FUOR ASSE<br />

135<br />

Cinema

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