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e lettori rimasero sconcertati dalla prosa<br />
di Parise, non capivano quello che<br />
stavano realizzando. Leggere racconti<br />
man mano che sono pubblicati sul quotidiano<br />
o leggerli raccolti in un unico<br />
volume, sono due esperienze molto diverse<br />
di lettura. In un’antologia i racconti<br />
dialogano tra di loro, si creano delle<br />
corrispondenze sotterrane che arricchiscono<br />
il senso che il singolo racconto<br />
non ha. Oggi disponiamo dell’opera com -<br />
pleta anche se l’indice finisce con la<br />
lettera S. Parise, nell’introduzione del<br />
1982 al volume definitivo, lo scrive:<br />
«Nella vita gli uomini fanno dei programmi perché<br />
sanno che, una volta scomparso l’autore,<br />
essi possono essere continuati da altri. In<br />
poesia è impossibile, non ci sono eredi. Così è<br />
toccato a me con questo libro: dodici anni fa<br />
giurai a me stesso, preso dalla mano della<br />
poesia, di scrivere tanti racconti sui sentimenti<br />
umani, così labili, partendo dalla A e arrivando<br />
alla Z. Sono poesie in prosa. Ma alla lettera S,<br />
nonostante i programmi, la poesia mi ha abbandonato.<br />
E a questa lettera ho dovuto fermarmi.<br />
La poesia va e viene, vive e muore<br />
quando vuole lei, non quando vogliamo noi e<br />
non ha discendenti. Mi dispiace ma è così. Un<br />
poco come la vita, soprattutto come l’amore».<br />
(Goffredo Parise, SILLABARI, Avvertenza, Gennaio<br />
1982).<br />
Parise ci offre alcune chiavi per entrare<br />
nella sua opera: “sono poesie in prosa”<br />
che raccontano i sentimenti umani, così<br />
“labili”, e il suo progetto si è interrotto<br />
alla lettera S perché la poesia lo ha<br />
abbandonato. Un’opera quindi inconclusa,<br />
che non ha la perfezione voluta e<br />
cercata, lasciandoci dunque un primo<br />
insegnamento, che le opere mondo non<br />
sempre si chiudono nella perfezione della<br />
forma compiuta, spesso si riducono a<br />
frammento. L’opera sfugge al suo autore<br />
che dichiara una specie di fallimento<br />
parziale del suo lavoro.<br />
Proviamo a leggere il primo racconto<br />
che s’intitola Amore, vediamo come scrive<br />
Parise e come lavora sulla scrittura.<br />
L’operazione che intende fare l’autore de<br />
Il ragazzo morto e le comete e de Il prete<br />
bello.<br />
AMORE<br />
Un giorno un uomo conobbe una giovane signora<br />
in casa di amici ma non la guardò bene, vide<br />
che aveva lunghi capelli rossastri, un volto dalle<br />
ossa robuste con zigomi sporgenti da contadina<br />
slava e mani tozze con unghie molto corte.<br />
Gli parve timida e quasi impaurita di parlare e<br />
di esprimersi. Il marito, un uomo tarchiato con<br />
occhi sottili e diffidenti in un volto rinchiuso<br />
pareva respirare con il collo gonfio e gli ricordò<br />
i ranocchi cantanti. Aveva però caviglie fragili e<br />
senili e le due cose, collo e caviglie, davano al<br />
tempo stesso una idea di forza e di debolezza.<br />
L’uomo sapeva che queste prime impressioni,<br />
quasi definitive, non potevano esserlo del tutto<br />
perché si sentiva distratto e perché non era<br />
accaduto niente, infatti quasi non si accorse<br />
quando uscirono dalla casa e non ricordò il<br />
timbro della voce di nessuno dei due.<br />
Fermiamoci un momento. La prosa di<br />
Parise è all’apparenza semplice eppure<br />
il suo stile è complesso, la sua scrittura<br />
molto precisa ma nello stesso tempo<br />
misteriosa. Bisogna fermarsi e riflettere<br />
bene su cosa scrive l’autore e come<br />
lo scrive. Rileggiamo e vediamo i primi<br />
due paragrafi. Questo inizio è pieno di<br />
contraddizioni. Prima dice di non aver<br />
visto bene la donna ma poi la descrive<br />
puntualmente con grande attenzione,<br />
descrive il marito con metafore non<br />
usuali. Dice che queste prime impressioni,<br />
“quasi definitive”, non potevano<br />
esserlo, come se il pregiudizio che abbiamo<br />
di una persona non possa avvicinarci<br />
alla sua verità, e infine che non<br />
era accaduto niente, e invece possiamo<br />
intuire che è accaduto tutto. Alla fine<br />
del paragrafo l’autore dice che il personaggio<br />
non ricordò il timbro della voce<br />
di nessuno dei due quando non è vero,<br />
perché paragona la voce del marito a<br />
quella dei “ranocchi cantanti”.<br />
Lo scrittore fin dalle prime batture spiaz -<br />
za e sconcerta, perché si contraddice<br />
FUOR ASSE<br />
13 Goffredo Parise