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FuoriAsse_n_22

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non compromessi dal marchio: «tradizione<br />

esaurita». Anzi: l’artista sudafricano<br />

li ha ricodificati e usati come base<br />

della sua coerenza estetica, fino a svelarne<br />

le regole sintattiche interne. Così<br />

l’obsolescenza dei suoi disegni monocromatici<br />

a carboncino, rudi, sfregati<br />

e sfregiati, riscritti con pesanti freghi<br />

neri alla Daumier o Grosz su segni di<br />

cancellature a vista; o i suoi film dalla<br />

preistorica animazione (anzi, sotto animazione)<br />

e, infine, gli arazzi dalla lavorazione<br />

mauale, atavica e lenta, creano<br />

crepe fuori dalla globalità dominante<br />

dell’ “opera d’arte nell’epoca della sua<br />

riproducibilità digitale” per richiamare<br />

il titolo di un testo di Walter Benjamin<br />

cardine del Novecento, dalla vitalità<br />

ancora sorprendente.<br />

Le creazioni fuori moda, desuete, per<br />

usare un termine caro a Leopardi, sono<br />

per Kentridge palinsesto di grandi speranze<br />

poi affondate e tradite da denunciare<br />

in una amara presa di coscienza.<br />

Ma, mirando i suoi arazzi, “non so se<br />

il riso o la pietà prevalga” (La Ginestra<br />

– Leopardi). L’ironia si insinua nelle<br />

opere di Kentridge, strumento potentissimo,<br />

davanti all’impossibilità di trovare<br />

soluzioni a storie di sopraffazioni, dall’apartheid<br />

sudafricana alle purghe staliniane,<br />

agli orrori odierni. Kentridge<br />

non parla mai in nome dell’arte, ma<br />

della vita, così inestetica, ne mette in<br />

scena la terribilità con il ridicolo, unica<br />

possibilità per svelare l’ordito amarissimo<br />

dell’esistenza. (Si sa che nell’orrore<br />

dei Lager gli ebrei stessi si raccontavano<br />

barzellette antisemite). Per fare questo<br />

ci lascia un palmo di Naso e che Naso!,<br />

grosso come la pera di Père Ubu e più<br />

invadente del macinino sempre in moto<br />

per imbudellare salsicce di Punch and<br />

Judy.<br />

Kentridge dà vita a un mondo abitato<br />

da nasi a cavallo, seduti al caffè,<br />

nasi con gambe, nasi tromboni come<br />

Porter Series: Geographie des Hebreux ou Tableau de la<br />

dispersion des Enfants de Noe, 2005 Tapestry - Width - 250cm<br />

nasi con gambe, nasi tromboni come<br />

condottieri o come teste penzoloni su<br />

corpi di donna, e poi ancora teste di<br />

cavallo come quelle disegnate da Leonardo<br />

o come ronzini donchisciotteschi.<br />

L’artista colloca queste “creature” in<br />

arazzi ricamati a mano, realizzati a<br />

Johannesburg nel laboratorio di Marguerite<br />

Stephens, il cui sodalizio con<br />

Kentridge è ormai trentennale, e sono<br />

nasi articolati in forma di collage su<br />

carte geografiche della Palestina, d’Egitto<br />

o di Napoli. Inoltre, l’artista realizza<br />

nasi in metallo a guisa di sculture tridimensionali<br />

anamorfiche, o nasi disarticolati<br />

in ombre montati su singoli pezzi<br />

di corpo, riversati in filmati con obsolete<br />

tecniche di animazione passo uno.<br />

L’ossessione per questa appendice corporea<br />

nasce da Il naso di Gogol, un racconto<br />

“assurdo” (ben prima dei tempi),<br />

del 1836, dove con stravolgente vis<br />

comica si narra la vita autonoma di un<br />

naso di successo; un naso che diventa<br />

persino consigliere di stato, mentre il<br />

suo proprietario Kovaliov rimane un povero<br />

travet della burocrazia russa che,<br />

scornacchiato da tutti, invano cerca di<br />

rivendicare la proprietà di quel naso.<br />

Nel racconto tutto ciò che è irreale<br />

è preso alla lettera e portato in modo<br />

realistico ad oltranza in una satira<br />

-<br />

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FUOR ASSE<br />

76<br />

Riflessi Metropolitani

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