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I libri del
mese
Gianna Pinotti
Un romanzo per svelare i segreti di Leonardo Pisano
di Erika Bresci
Della vita di Leonardo Pisano (1170-1250 ca.), forse
meglio conosciuto come Fibonacci, figlio del mercante
Guglielmo Bonacci (da qui il soprannome
Fi[lius] Bonacci), si conosce in realtà ben poco. Documentati
sono i suoi numerosi viaggi compiuti alla ricerca della
“fonte del sapere” – dall’Egitto alla Siria, alla Grecia, alla Sicilia.
Documentate anche la sua amicizia con Michele Scoto,
filosofo, astrologo e scienziato, e la stima reciproca tra Leonardo
e l’imperatore Federico II, entrambi aperti alle novità e
ai validi contributi di conoscenza provenienti da quel mondo
arabo nemico giurato in tempi di crociate e rivendicazione
di primato dell’Occidente. Gianna Pinotti, che, saldamente
ancorata a una solida formazione scientifica, nella vita esercita
«l’attività di pittrice nel campo dell’astrazione geometrica
e di ricercatrice nel campo dell’iconologia astrologica»,
muove da questo esile nucleo di informazioni, le fa proprie
e ci ricama sopra – dall’algerina Béjaïa, centro dell’attività
commerciale del padre, fa partire, ad esempio, Leonardo in
un tempo e in un viaggio fantastico, arricchendo il percorso
di traiettorie immaginate, e includendo località quali Alessandria
d’Egitto e Al Kaira, Gerusalemme e Damasco, Hama,
Atene e Siracusa. Con partecipata passione ma anche con
lo scopo didascalico di far conoscere meglio caratteristiche
umane e ricerca scientifica di un uomo tanto affascinante
quanto misterioso, intesse così una biografia romanzata
densa di fascino e traboccante di infiniti spunti di riflessione.
Se ne vogliono qui sottolineare due. Il primo, ovviamente, relativo
alla figura e all’importanza storica di Leonardo Pisano.
Uomo rivoluzionario, mercuriale, «dall’intelligenza mobile [...]
una mente profonda, disposta a sfidare l’insolito attraverso il
paradosso», Fibonacci, che aveva la «tendenza ad annoiarsi
della consuetudine», che spesso si abbandona «a fantasticare
sulle meraviglie presenti in natura», si avvicina al mondo
della matematica indo-araba, ne impara la grammatica nuova,
ne comprende sia il valore pratico, soprattutto in campo
commerciale a lui vicino, sia filosofico ed essenziale, riconosce
nel numero la chiave di volta capace di reggere e farsi interprete
dell’ordine di quel cosmo di cui anche l’uomo è parte,
ponte tra materiale e spirituale. La grande civiltà greco romana
aveva prodotto una numerazione ancora utilizzata ai tempi
di Leonardo ma che non rispondeva più ai nuovi bisogni, al
progredire della conoscenza. La fatica provata dai mercanti
(e non solo) alle prese con il computo sull’abaco, Pinotti, provocatoriamente
e con sorniona saggezza, la fa provare anche
al lettore, aprendo il primo capitolo con la data di inizio di
questa avvincente storia – storia di un uomo ma anche storia
di tutta l’umanità: «Era il XXVIII maggio MCLXXIX», facendola
poi subito seguire dalla rassicurante parentesi «(28 maggio
1179)». Quanto grati, dunque, dobbiamo essere a questo
esuberante studioso pisano, alla sua ostinata intraprendenza,
al suo andare fuori dalle regole imposte, a non rifiutare
una “buona idea” solo perché a offrircela è qualcuno di diverso
da noi! L’altra riflessione. Nell’intrigante racconto di Gianna
Pinotti, Leonardo cerca per tutta la vita la soluzione atta
a completare la costruzione della torre di Pisa, interrotta dopo
il primo cedimento del terreno sottostante. Calcoli, idee,
disegni, progetti che Leonardo condivide con i suoi allievi, ai
quali lascia poi in eredità il compito di portarla a compimento.
E la torre, alla fine, con i suoi tre ordini di scale interne, e i
suoi sei piani più cella campanaria, risplende oggi nell’incredibile
Piazza dei Miracoli, è essa stessa un miracolo. Ecco, la
conoscenza, quando è condivisa, segna i suoi maggiori successi
e progressi, si fa torre che innalza l’uomo a Dio, riesce
a comprendere e applicare il linguaggio dell’universo. L’altra
torre, quella di Babele, che si inventa linguaggi che partono
dalla finitudine umana e parcellizza le forze, disperde i significati,
si incancrenisce ostile nella propria arroganza è invece
miseramente destinata alla polvere e all’oblio, perché, come
sostiene Sant’Agostino, «le parole non sono state inventate
perché gli uomini s’ingannino tra loro ma perché ciascuno
passi all’altro la bontà dei propri pensieri».
GIANNA PINOTTI
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